Al taglio. L’altra faccia della pizza.
Inizia oggi un bel viaggio che ci farà conoscere le sue tante altre declinazioni : pizza in teglia, pizza nel ruoto, pizza casalinga.
Scopriremo fornai e panifici, luoghi cult in cui fermarsi per gustare un bel trancio.
E poi vi daremo qualche ricetta e qualche dritta per non sbagliare.
A guidarci sarà Rocco Andrisani, giovanissimo food blogger di cosamettoatavola?
t.e.
di Rocco Andrisani
La pizza, ormai è un dato di fatto, ha raggiunto un livello di sfaccettature impressionante.
Le farine?
Eccole: doppio zero, zero, macinate a pietra, semi-integrali, integrali, blend di semi vari, senza glutine.
Le lievitazioni?
Eccole: con lievito di birra, con lievito madre, ai carboni vegetali.
E questo solo per citare alcuni dei trend (mode?) degli ultimi anni.
La regina, però, rimane sempre lei, la verace napoletana.
Tonda, disco sottile, dal cornicione più o meno pronunciato.
Eppure ha dovuto da sempre fare i conti con un dualismo importante, con l’ingombrante presenza, cioè, di quella che si potrebbe definire la “dark side of the moon”: la pizza al taglio.
Ben farcita, proposta al trancio, relativamente economica, va a soddisfare quel target di appassionati dello street food nudo e crudo, quello che va di fretta durante la pausa pranzo al lavoro.
E quello della “marenna” delle 11 o dell’aperipranzo post corsi universitari.
Ma anche questa tipologia di pizza nel tempo ha subito delle evoluzioni, differenziandosi in più categorie: nel ruoto cotta nel forno a legna; in teglia nel forno elettrico; alla pala o nella leccarda cotta sempre nel forno a legna; con impasti a lunga maturazione in frigo o solo a temperatura ambiente.
E poi, ultima ma non ultima, c’è la pizza casalinga, quella dei ricordi d’infanzia, cotta in forni “da battaglia” in cui tutto è affidato a mammà e oggi pure a papà che si improvvisa provetto panificatore casalingo, studia il giusto impasto e tenta di realizzare un prodotto quanto più simile al cugino professionale.
E’ la moda.
Insomma, semplificando, ecco quello che oggi possiamo trovare in giro.
E sarà quello di cui vi racconteremo nel nostro viaggio in questo favoloso quanto poco narrato mondo della pizza al taglio.
Aspettatevi non solo consigli su dove trovarle, ma anche ricette.
PIZZA NEL RUOTO
E’ sicuramente la tipologia che immediatamente fa pensare ai panifici, abili nel dosare la cottura nel forno a legna e sfornare una pizza panosa, dal fondo croccante, più o meno alveolata, sicuramente di spessore alto, condita nella versione dei miei ricordi con filetto di pomodoro artigianale, origano e buonissimo olio EVO.
La semplicità e nulla più!
La pizza nel ruoto ha pure una fortissima tradizione casalinga.
Ovviamente, a meno che per passione non si sia dotati di forni più performanti, è più complicato (ma non impossibile) raggiungere quell’equilibrio di sapori e quella croccantezza che il forno a legna regala, oltre a quella caratteristica crosticina bruciacchiata che fa molto vintage.
L’impasto utilizzato, per tradizione, è lo stesso di quello del pane.
Molto spesso si tratta di blend con piccole percentuali di farina integrale, mentre come agente lievitante non esistono alternative: si utilizza il lievito madre (o “criscito”)!
Oltre che calda appena sfornata, la pizza nel ruoto poi, a differenza della pizza tonda verace, può essere mangiata tranquillamente fredda e anche il giorno dopo, conservando comunque tutta la sua bontà, proprio per la sua somiglianza al pane.
Per quanto riguarda il condimento, non c’è gourmet che tenga, dev’essere abbondante e saporito: cafone cafone! Salsiccia paesana e patate, salsiccia e friarielli, ortolana, o le classiche margherite e marinare, ma con passata di pomodoro artigianale. Insomma tutti prodotti genuini e a km 0!
PIZZA IN TEGLIA
Come gli appassionati di panificazione e lievitati sanno bene, questa versione raggiunge la sua massima espressione superato il Garigliano, cioè varcando il confine che ci separa dal Lazio.
Oltre che a Roma città e provincia, la pizza in teglia è un vero e proprio marchio di fabbrica per tutte le rosticcerie della regione, dove l’asticella è stata alzata già da anni dal pioneristico Gabriele Bonci.
Non è un caso che sia nota ormai l’espressione “pizza in teglia alla romana”! Ma cene sono tante di buone anche in Campania. Ve le scoveremo.
Le farine utilizzate per questo tipo di impasto devono essere di primissima qualità, preferibilmente biologiche, necessariamente molto forti, cioè in grado di generare una forte maglia glutinica capace di sostenere le lunghe maturazioni in celle frigorifere, tipiche di questo semi-lavorato.
La cottura avviene in forni elettrici professionali ed il trancio si presenta alto, ma a differenza delle altre tipologie di pizza al taglio, gli alveoli sono molto pronunciati e ben visibili. Il fondo è sottile e croccante, la parte centrale morbida, quasi eterea, e le tipologie di topping sono le più disparate. Si va dai condimenti tradizionali a quelli più ricercati, anche in un certo senso gourmet, sempre cercando di valorizzare i prodotti del territorio.
PIZZA CASALINGA
In questo caso, a seconda delle preferenze, questa tipologia prevede l’utilizzo del ruoto o della leccarda rettangolare indistintamente. Ad accomunare entrambe le versioni geometriche è l’utilizzo di un forno certamente non professionale, ma appunto “da battaglia”.
Se per le altre tipologie di pizze un ruolo decisivo lo gioca la tipologia di cottura, in questo caso a fare la differenza è principalmente l’impasto, che dovrà essere sicuramente idratato a dovere, preferibilmente con percentuali del 67% su kg di farina, se si vuole realizzare una pizza simile a quella “nel ruoto” dei panifici, viceversa l’altissima idratazione (80-90%), la maturazione in frigo di 24-48h.
Buone farine e molta esperienza saranno fondamentali per ottenere un prodotto che si avvicini alla pizza in teglia romana.
Per la lievitazione, sono due le migliori varianti: lievito madre o lievito di birra (fresco o disidratato). Certamente con il primo si riesce ad ottenere un impasto molto simile a quello di un panificio, soprattutto a livello organolettico e della resa al palato, con quel tipico retrogusto leggermente acidulo.
Se si vuole utilizzare il lievito di birra, il consiglio è quello di preparare un pre-impasto con bassissime percentuali di lievito che, unito alla lunga lievitazione (possibilmente dalle 12 alle 24h) permette una grande digeribilità. Scordatevi i 25 gr di lievito per ½ kg di farina come facevano le nostre nonne!
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