Con Daniele, Daniele Lencioni, ho certamente preso un abbaglio. L’ho visto al lavoro per due anni e mezzo in un bar con cucina di molto successo e di discreta qualità, a Marina di Pietrasanta. Alta professionalita’: un motore Aston Martin, ma gli hanno sempre messo carburante da mezzi agricoli. Impossibile sentirne il ruggito. Poi piano piano ha preso quota una certa confidenza. Entrambi di una certa connivenza ideologica, direi idealista più che altro. Entrambi juventini, entrambi amanti delle vignette di Altan, per dire. Persona seria, non seriosa. Mi ha anche sottratto una tipa, prima che decidessi se mi piacesse davvero o ne fossi ricambiato. Gli ho chiesto di partire con un paio di puntate su molti Gin in versione Tonic, anche per soddisfare le libidini in materia di alcuni che qui scrivono o sono amici intimi. Daniele mi ha un po’ fanculato in questa prima parte. Speriamo la smetta presto :) Buona lettura e buon gin tonic a tutti! g.m.
di Daniele Lencioni
Tutto ha inizio un tardo pomeriggio a Pietrasanta, sui tavoli di un frequentatissimo locale in piazza del duomo. M. mi sta aspettando da qualche minuto, io alle prese con i parcheggi introvabili del centro storico lo raggiungo poco dopo.
Due convenevoli, forse tre.
-Che si beve?-
-Un caffè…troppo tardi-
-Un aperitivo? Troppo presto…-
Parte all’unisono l’idea gin tonic, questo long drink dissetante nei pomeriggi estivi, ma elegantemente secco da poter anticipare un pasto.
Sì, ci vogliono proprio due gin tonic!
-Beh, un momento- fa lui -il gin tonic qua si beve come dico io-
-E come dici tu?-
-Lascia fare-
Entra e ordina. Pochi minuti e arrivano i drink.
Tumbler alto, molto bene, ghiaccio pieno e “fresco” molto bene, – ho fatto mettere Hendrix- fa lui, bene, non nell’olimpo dei miei preferiti, ma ottimo gin. Acqua tonica Fever tree. Tutto molto bene, se non quell’anaconda dentro il bicchiere che ho scoperto un attimo dopo essere cetriolo. Cazzo! Facciamo i raffinati fino in fondo e poi mi piazzi una sezione di un cetriolo di 30 cm arrotolata nel bicchiere! Beh, conoscendo il barman capisco che di più piccoli per le mani probabilmente non ne aveva, ma la poesia del pacchetto botanico di quel gin che, ha sì, la buccia di cetriolo tra i suoi botanicals, ma anche la rosa canina e tante altre belle cosine. Morte, svanite sotto i colpi della fallica decorazione evocativa del barman.
E poi, troppo forte, troppo gin e poca tonica.
-A me piace deciso- dice lui.
-Si ma è un cocktail, manca l’equilibrio, è una bevanda semplice, ma va curata nelle proporzioni e nei particolari – rispondo io.
-Il secondo giro tocca a me però- propongo.
E allora entro nel locale, sguardo veloce alla bottigliera, Gordon, Beefheater 24, Bombay, bene, poi vediamo un po’, Bosford…cristo, e poi, in fondo alla fila, una meravigliosa bottiglia trasparente di Botanist. Osanna nell’alto dei cieli!
Qua siamo nell’olimpo! 22 botanicals sapientemente lavorate nelle Islay scozzesi un capolavoro di robustezza e persistenza, eleganza e complessità.
Accompagno visivamente la collega, lasciandomi scappare qualche consiglio, lei pulisce bene il ghiaccio, versa mr. Botanist e aggiunge tonica Fentimans, buona, più o meno come l’altra, ma con meno carattere, giusta. Due bacche di pepe verde (due!) sul fondo e Largo al piacere.
Lo presento a M…lui annuisce e degusta.
-Azz…meraviglioso-
Mi compiaccio sornione e gli propongo una simpatica gita fuori porta, dal mio amico e collega Aibes Mario al “Caffè Ristretto” a Lucca city, ottanta/novanta tipi di gin, quindici acque toniche e tutto l’occorrente (spezie, aromi) per elaborare, se ce ne fosse bisogno un perfect serving.
-Che ne pensi?-
-Quando andiamo?-
Passano pochi giorni, è una sera settembrina di fine stagione, poco traffico e clima mite, perfetto per un aperitivo lungo. Partiamo alla volta di Lucca, alla ricerca del gin tonic perfetto, di questo drink consumatissimo ma senza codifica, di questa bevanda nata più per necessità che per piacere, o forse è meglio dire per rendere piacevole una necessità dei soldati inglesi impegnati nelle campagne coloniali, dove al consumo dell’indian tonic water, ricca di chinino,all’epoca unico valido rimedio alla febbre malarica, veniva aggiunto il distillato inglese per antonomasia, il gin.
“Il gin & Tonic ha salvato la vita a più inglesi che tutti i medici dell’impero” disse Winston Churchill, magari noi non saremo in pericolo di vita, ma forse, dopo questa serata ci pungeranno meno zanzare.
Con qualche piccola difficoltà ci incamminiamo verso il luogo designato, traccheggiamo in una bottega di formaggi e finalmente eccoci al “caffè ristretto”.
L’amico e collega barman Mario ci accoglie calorosamente, assieme al titolare, anch’egli di nome Mario. Presentazioni fatte si parte a prendere in esame la bottigliera.
-Un muro di gin- dice M.
-Più di ottanta gin da tutto il mondo, da dove partiamo?- chiede Mario
-Partiamo dall’Inghilterra- dico io.
Andiamo allora a toccare una delle mie bottiglie preferite, Plymouth gin, prodotto nell’omonima cittadina e riconosciuto per denominazione, è un gin schietto, corposo e equilibrato, sette botanicals decise e intense, finale lungo e asciutto, ma non amaro.
Io avrei proposto allungamento swheppes, tonica tutto sommato garbata e poco coprente, ma si sceglie di usare fever tree e il drink si irrobistisce un pochino. Ottimo, da bere senza decorazioni o fronzoli, devi ancora finirne uno che già ne ordini un altro.
Sempre Inghilterra, esce fuori una bottiglia di Sipsmith, io e M. non lo conosciamo, ma siamo disposti a provarlo. Al naso è incredibilmente piacevole, l’alcol è quasi annientato e il naso è avvolto dalle botanicals, 10 per la precisione, agrumi in marmellata e ginepro al naso. L’assaggio del distillato tocca a M. e a questo punto ci sarebbe una bellissima foto che dimostra la sua espressione di disappunto…ma è un tipo riservato… Comunque condivido, bellezza e delicatezza sottovuoto, che rendono l’ingresso in bocca confortante, ma muore subito dopo, non c’è evoluzione.
Tentativo di rianimazione uno: si usa tonica Shweppes cardamomo e zenzero, con sentori anch’essa di agrumi. Risulta una gradevole bevuta. Niente più.
Tentativo di rianimazione due: twist di lime e due bacche di pepe rosa. Un timido spettro si alza tra il liquido e il ghiaccio, ma porta sicuramente da un’altra parte rispetto all’idea originale.
Proseguiamo.
Myfair gin, inglese di razza. “Da corse dei cavalli”, come lo definisce M.
Bello, elegante, lungo e intenso, doppia distillazione dei botanicals, con coriandolo, angelica e santoreggia. L’avevo assaggiato ma non lo ricordavo così. Notevole.
Mario suggerisce di abbinare tonica Syndrome, leggermente agrumata e con sentori di timo. Si arricchisce il carico con un rametto di timo.
Goduria fino all’ultima goccia.
Ed ecco a voi una vera chicca:
Lasciamo l’Inghilterra, (sulla quale giustamente ci siamo soffermati di più) con un gin dal carattere aggressivo, ma dalla grande piacevolezza: Langley’s 8. Anche questo a noi sconosciuto.
Grano inglese al 100%, otto botanicals, rude, deciso, grandissimo carattere che si sprigiona con un agrume ricco, ginepro e coriandolo. Nella persistenza infinita troviamo anche una nota amabile, balsamica mentolata,
Per sostenere tale ricchezza di gusto scegliamo tonica Indi, carica e ricca, con sentori di arance di Siviglia. Mettiamo nel bicchiere un seme di cardamomo sbucciato e due bacche pestate di ginepro.
Ne bevi uno, ma te lo gusti per almeno un paio d’ore successive. Bel modo di salutare l’Inghilterra.
Guardiamo con vertigini reverenziali la bottigliera, lasciamo alla premiata ditta Mario &Mario del “caffè ristretto” di guidarci verso altre nazioni e così, voliamo direttamente in America.
Chicago, distillerie Koval, un prezioso gin biologico, ottenuto con una base di Whisky non invecchiato, aromatizzato con spezie di bosco, piante selvatiche, tra cui ovviamente ginepro. Sentori speziati, pepe bianco e semi di finocchio in avanscoperta, agrume timido. Bella la persistenza e l’eleganza, non particolarmente esplosivo. Tonica in abbinamento 1724, nome che indica i metri di altezza in cui si raccoglie la corteccia di china in Perù, arricchita da infuso di mandarino. Twist e scorza di pompelmo rosa per concludere.
Cocktail elegante, la tonica non copre i sentori del gin, l’aroma sottile di entrambi non si scalfisce per tutta la persistenza.
La nostra prima tappa si conclude qua.
M. è soddisfatto, ma i suoi e i miei recettori gustativi sono saturi.
Torneremo a breve dagli amici del “caffè ristretto” a finire il giro del mondo in ottanta gin, (selezionati, non temete!)
Adesso, giustamente portiamo a cena i nostri stomaci, “allungati” da questo colossale aperitivo.
Dai un'occhiata anche a:
- Yuntaku: il primo amaro giapponese ispirato all’isola di Okinawa
- “Bene-Mi”, l’ultimo cocktail territoriale creato da Angelo Zotti nel suo Globe Cafè a Torrecuso (BN)
- Casa Biancamore a Paestum: quando la skincare è una bufala
- Chandon Garden Spritz: il mondo Chandon ritorna in Italia
- Opificio Botanico di Pozzovetere: i liquori di Caserta
- Caprisius: gin ai fiori, alle erbe e agli agrumi di Capri
- Cu Bocan. Vi presentiamo il whisky che si distilla solo per pochi giorni all’anno | Il Single Malt scozzese che apre nuovi orizzonti sensoriali