di Carmen Autuori
Uno dei tormentoni di questa torrida estate 2024 è la polemica circa l’introduzione di cibo negli stabilimenti balneari, divieto del tutto illegittimo purché si rispetti lo spazio pubblico e l’ambiente circostante, come spiegato sia dalla Federconsumatori che dall’Udicon (Unione per la Difesa dei Consumatori). Quest’anno il caso è stato segnalato su una spiaggia di Gallipoli, in Puglia, mentre gli altri anni in Campania, in Sardegna e su altre spiagge italiane. Segnalazioni che fanno sorridere, sia per la loro illegittimità sia perché il pranzo in spiaggia è un’usanza tutta italiana da oltre mezzo secolo, da Nord a Sud.
Un po’ di storia. L’Italia che usciva dalla guerra aveva bisogno di spensieratezza e, grazie ad una ritrovata serenità, si riversava sulle spiagge. Agli eleganti stabilimenti balneari d’inizio secolo destinati ai ricchi, si aggiungevano i più modesti lidi: file di cabine in legno corredate di pensiline e ballatoi e uno spazio comune, la rotonda, dove ci s’intratteneva al suono dei primi juke box che, partendo dalla riviera romagnola, si erano diffusi su tutta la costa negli anni Sessanta.
E proprio i lunghi corridoi antistanti alle cabine ospitavano enormi tavolate che diventavano anche un momento per fare nuove conoscenze grazie al cibo generosamente condiviso tra i vicini di ombrellone o di cabina. Il bar era riservato al caffè e al gelato, ma il cibo andava preparato rigorosamente a casa in nome del risparmio, sebbene ci si avviasse verso un periodo di benessere economico.
Abitudine, questa, molto diffusa anche sul nostro litorale, quello che va da Salerno a Paestum.
Un bellissimo ritratto dei pranzi in spiaggia sul litorale di Pontecagnano, in località Magazzeno, ce lo regala Alessandro Basso, giovane ma già affermato scrittore: <<Dopo la guerra, saranno stati i primi anni Cinquanta, vennero degli architetti e degli operai che, in quattro e quattro otto, tirarono su una rotonda sul mare con annessa diverse strutture…Fra un piatto di pasta ed una nuotata passavano le giornate e ci si godeva l’allegria delle piccole cose. Con le giornate passarono le estati e così scorsero gli anni. Magazzeno era la nostra tavola imbandita>>.
Stessa scena più a Sud, sul litorale di Campolongo delimitato da una bellissima pineta che, prima dello scempio edilizio (e degli insediamenti malavitosi) a cui abbiamo assistito dagli anni Settanta in poi, era tra le più belle d’Italia. Qui la costruzione dei lidi veri e propri – il primo è stato lo storico Le Ninfe – è stata preceduta da quella di grosse case in legno, distanti l’una dall’altra, conosciute come “le baracche di Campolongo”. Famosa era quella di Zi’ Vito (Cuozzo), una sorta di spaccio aziendale dove era possibile acquistare oltre che le gassose ghiacciate, anche le sigarette rigorosamente di contrabbando.
C’era poi chi, disponendo di maggiori possibilità economiche, preferiva recarsi sul litorale salernitano, al lido Miramare nel rione Mercatello, a “prendere il bagno” come si usava dire all’epoca, con la littorina di mussoliniana memoria. Al seguito, naturalmente, tutto l’occorrente per il pranzo in spiaggia. A Campolongo ci si recava, invece, con i pullman che collegavano il centro urbano con la marina oppure con le automobili a noleggio quando la famiglia era numerosa.
<<Le giornate al mare iniziavano alle sette del mattino – racconta Teresa Sparano che tra le tante attività è anche tra le collaboratrici più attive del sito Eboli nella Storia -. Mia madre sosteneva che a quell’ora l’aria era più ricca di iodio e dunque particolarmente salutare per noi bambini. La giornata iniziava con la colazione a base di pane e latte e, qualche volta, le gallette che oggi si chiamano Oro Saiwa. Dopo il primo bagno ci rifocillava con fette di pane casereccio condito con il sugo dell’immancabile insalata di pomodori che veniva consumata a pranzo, insieme alla ‘pizza di maccheroni’, alla parmigiana, alla ciambotta. Dopo pranzo le canoniche tre ore di riposo assoluto, poi il secondo bagno seguito da pane e marmellata, oppure pane zucchero e caffè, portato da casa nei thermos. Solo in seguito è arrivata la Nutella che si vendeva nelle vaschette monoporzione. Attenzione, nessuno mangiava nulla senza offrirlo ai vicini di cabina o di ombrellone. Nei giorni di festa, domeniche e Ferragosto compreso, non mancava mai la pasta al forno riscaldata su fornelli da campo nelle cabine, le norme antincendio erano di là da venire. Per dessert l’anguria ‘rossa come il fuoco’ >>.
Come dicevamo la pasta al forno, protagonista dei giorni importanti, era una versione alleggerita rispetto a quella classica. Innanzitutto, non prevedeva la presenza del ragù sostituito dalla passata di pomodoro, né quella delle polpettine.
Abbiamo chiesto la ricetta ad Antonella Voza, La Cuoca Strapazzata, che ancora oggi la prepara sia nella versione classica sia in monoporzione.
Si ringrazia Eboli nella Storia e l’archivio Ebad per le foto e Donato Santimone per le preziose notizie.
Pasta al forno da spiaggia
Di Antonella Voza @la cuoca strapazzata
Ricetta raccolta da Carmen Autuori
Tempo di preparazione: 40 minuti
Tempo di cottura: 15 minuti
Ingredienti per 8 persone
- 500 g di mezzi rigatoni
- 300 g di passata di datterini
- 250 g di pomodori pelati
- 300 g di fiordilatte
- 50 g di pecorino grattugiato
- 40 g di parmigiano grattugiato
- 4 uova sode
- 200 g di salame tipo Napoli
- Basilico fresco
Preparazione
Iniziamo col preparare il sugo, che a differenza della classica pasta al forno, vede una cottura molto più veloce e senza carne aggiunta.
Quindi facciamo imbiondire un aglio in un giro d’olio e aggiungiamo il pomodoro, il sale e il basilico e lasciamo cuocere a fuoco dolcissimo per circa 30 minuti.
Cuociamo le uova fino a che diventano sode.
Lessiamo la pasta in acqua bollente salata lasciandola al dente, dopodiché condiamo con il sugo ed il resto degli ingredienti tagliati a dadini.
Inforniamo a 200 gradi 15 minuti.