Come condire la pizza senza diventare ridicoli

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Marco Lungo

Carissimi, una discussione tra amici su Facebook mi ha dato lo spunto per riflettere meglio su un fenomeno che è in costante crescita. Fare la “Pizza Strana”, come direbbe Verdone. Prima abbiamo assistito a questa cosa in cucina e, da qualche tempo, è arrivata in pizzeria. Probabilmente la cosa è nata prima a Roma, con alcuni nomi noti, ma adesso si sta diffondendo anche a Napoli tra i più avanguardisti della zona.

Se notate, infatti, ci sono proposte di pizza sempre più complessa, con abbinamenti più o meno fantasiosi tra ingredienti e gusti spesso all’apparenza inconciliabili. Diciamocelo subito: a volte esagerano proprio, e vedremo perché, facendoti rimpiangere le Pizze Classiche della tradizione.

Su tutte, affermo anche subito una cosa: a mio avviso, la Pizza è quella con tutti gli ingredienti cotti in prima infornata e solo l’olio o poco più in uscita. Le altre, quelle che non si portano in forno tutto immediatamente, per me sono delle focacce condite. Non che siano male, assolutamente no, però una delle arti pizzaiole è proprio quella di saper cuocere contemporaneamente tutto, montando opportunamente la pizza nei suoi vari strati. Ho paura che, se continuiamo con questa tendenza che a Roma vedo in parte diffusa e diffondersi, come al Nord Italia, ci perderemo un pezzo importante dell’essere pizzaioli. Fa strano che lo dica proprio io che, anni fa, vinsi un Mondiale con una pizza in buona parte condita fuori e fredda, per giunta… però quella era una gara, c’erano degli accorgimenti che adottammo con Alvaro Paganelli, mio compagno di avventura dell’epoca, appositamente per andare sul podio. Anche questo è un aspetto da considerare, le gare. Se non si affrontano pianificate bene a tavolino, è meglio non partecipare anche se, da sempre, sono sicuramente un modo per vedere un sunto della fantasia altrui.

Bene, tornando a bomba, la discussione su Facebook di cui sopra era partita dal fatto che un amico pizzaiolo aveva dei peperoncini Habanero freschi, e chiedeva suggerimenti su come usarli. Un altro amico mi ha tirato in ballo, così ho cominciato a leggere le varie proposte e a valutare quelle che mi sembravano migliori. Già, migliori. Ma migliori sotto che aspetto? Qui comincia il nostro confronto.

Vedete, le mie valutazioni di un accoppiamento non sono solo gustative, anzi, quelle le metto quasi per ultime, mentre subito guardo gli equilibri chimici e poi fisiologici degli abbinamenti. Sì, perché quella che vedo io da tempo è una specie di rincorsa a mettere sulla pizza una serie di ottimi sapori e notevoli genuinità però, e sempre di più, praticamente a gusto personale se non proprio a casaccio manifesto, giusto per proporre una “Pizza con Pomodoro dell’Orto di Nonna con Mozzarella di Mucca Innamorata del Sublacense e Basilico Versilliese Coltivato in Giardino”, della serie: dimmi subito che è una Margherita che facciamo prima, altrimenti il tempo che leggo tutto un menù scritto così, che è già ora di chiudere il locale. Noto molti accoppiamenti con nomi evocativi, quindi, la cui sostanza è poi ben altra, anche se di qualità spesso eccelsa. La rincorsa ai nomi incredibili per un piatto iniziò anni fa nella Haute Cuisine, ed oggi è arrivata anche alla pizza. Valuto la sostanza, perciò, e come stanno bene gli abbinamenti da un punto di vista chimico e fisiologico, cioè anche che, ad esempio, poi gli ingredienti non cambino rapidamente sapore in peggio anche solo con il caldo della focaccia sottostante, o che il nostro corpo li accetti facilmente in digestione partendo dal bilanciamento tra acidi e basi, oppure che impatto abbiano sulla nostra curva glicemica a quel punto del pasto. Come queste, ci sono anche altre valutazioni analoghe che faccio sempre. Tornando alla discussione degli habanero, infatti, lì stavo attento a chi suggeriva abbinamenti con salse che contenessero diluenti o incapsulanti della capsicina, in maniera da dare una qualche gestione della piccantezza di quel peperoncino, peraltro dieci volte più potente del nostro peperoncino più forte ed arrivati addirittura freschi al mio amico.

Così, ho notato che il mio approccio mi stava portando su un terreno sicuro ma arido, ci ho riflettuto sopra ed ho pensato di parlarne con voi.

La fantasia di alcuni abbinamenti suggeriti da vari partecipanti alla discussione, infatti, era molto superiore a quella che io ero in grado di mettere giù ma, alla fine, io avevo ben chiaro che obiettivo volevo ottenere, mentre invece ho assistito ad una lunga storia anche solo per fare una salsa dove, a ben guardare, qualcuno ha anche trovato gli abbinamenti giusti secondo i miei parametri, altri no. Alla fine, guarda caso però, la salsa migliore era quella che avevo valutato con il mio sistema. Io, in ogni caso, quella salsa non me la sarei mai immaginata, manco un po’.

La mia riflessione è, quindi, questa: uno chef o un pizzaiolo con fantasia ed estro, può oggi prescindere dal conoscere anche gli aspetti fisico-chimici e fisiologici degli ingredienti che abbina? Per me, è no. L’ho visto con i nomi più importanti della cucina attuale, i loro piatti migliori non sono fatti a caso per niente, però ciò non ferma la loro creatività. Sono necessari studi spesso superiori alla propria scolarizzazione ma credo che un giovane oggi debba farli per forza, altrimenti anche solo i nuovi laureati disoccupati che si stanno buttando nella ristorazione, presto colmeranno le distanze e supereranno molti dell’attuale generazione in cucina o al forno.

Perciò, per come la vedo io, sì agli abbinamenti fantasiosi, ma che non siano solo un modo per fare un menù di impatto o un modo per farsi notare nel mondo enogastronomico anche solo per un attimo. Il Cinghiale Grasso di Capodicasa e il Suino Assonnato del Gargano, poi, saranno molto grati di non diventare solo un pretesto per fare scena e basta.

Che poi, la saggezza popolare certe cose le ha quasi selezionate naturalmente nel tempo. Ad esempio, un piatto semplicissimo, tanto per dire: la Caprese. Tutto a crudo, mozzarella, pomodoro, olio ed origano. Ah, e sale, giusto. Bene. Fateci caso: spesso, se mangiate una mozzarella da sola vi rimane un po’ pesante, mentre il pomodoro da solo tende a tornare su con sapori acidi. La Caprese bilancia la situazione del pH tra formaggio e pomodoro, presentando al nostro stomaco un qualcosa di più digeribile nel suo insieme, partendo proprio dall’impatto con l’acido cloridrico, che è il principale componente dei succhi gastrici. Così, la Caprese va giù che è una gioia, sempre leggera e piacevole. In più, ci si aggiunge l’acido oleico ed il linoleico dell’olio di oliva e il sale, infine, a sistemare un po’ di legami chimici lasciati aperti dal composto, ed il gioco è fatto. Questo vi spiega anche perché, una Pizza ai Quattro Formaggi, è meglio farla rossa che non bianca, tanto per dire. Conoscere certe cose partendo dal semplice e comprendendolo, spesso aiuta molto a non portare al cliente solo una gran bella descrizione di menù ma un qualcosa di bilanciato da tutti i punti di vista e che sarà ben gradita, più dell’aver ingerito pezzi di pregiatissimo Salmone delle Angurie Marinate che, però, abbiamo scaldato sulla pizza o nella pasta, mandano a farsi friggere proprio le caratteristiche che lo rendevano così particolare.

Sarà per questo che, alla fine, in pizzeria scelgo in genere la Margherita. Davvero.

E voi, cari amici, qualche riflessione sopra quando vi propongono pizze con ingredienti pregiati abbinati fantasiosamente, la fate o la provate comunque sulla fiducia?

Siete tra quelli che rimangono colpiti dai nomi quasi tolkeniani di qualche specialità e dite che comunque è buona perché, con quel nome, non potrebbe essere altrimenti, o dite chiaramente che non vi piace?

E, in ultimo, avete a cuore le sorti del Suino Assonnato del Gargano?

 


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version