Uva: coda di volpe
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Vista: 5/5. Naso: 26/30. Palato: 26/30. Non omologazione: 32/35
di Monica Piscitelli
Non c’è che dire, la Campania vanta alcuni tra i migliori bianchi del Paese. E quindi del Mondo. Penso alle nostre Docg, ma anche a certi vitigni minori che con fatica si affacciano al mercato. Sembra che sia un momento d’oro per il Coda di Volpe. Un vitigno che, a dispetto del nome, non è stato molto furbo nella sua vita, essendo rimasto, appunto, dietro ai vitigni con i quali ha da sempre diviso il campo. Non in senso metaforico, ma per davvero, essendo presente costantemente nelle vigne coltivate a uso familiare, in particolare, Irpinia e nel napoletano dove, sul Vesuvio, è, in realtà, confuso con il Caprettone.
Nell’avellinese tradizionalmente gli toccava il ruolo di arricchitore del blend, riuscendo a ricomporre l’acidità di Fiano e Greco che, cosi’, si presentavano già più pronti al lancio sul mercato. Questo ruolo di comprimario gli è storicamente costato caro, assumendo l’aria di vitigno “strumentale”, senza specificità gusto olfattive, come se fosse utile ad “allungare il brodo” . Quando poi si è trattato di fare del vino business, è stato espiantato senza gran rammarico. Che farsene di un vitigno poco produttivo, che ricorda i tempi duri del passato e le cui potenzialità non sono state contemplate? Tutto sommato la sua dipartita è sembrata una perdita modesta. A pochi è venuto in mente che per avercelo messo, il bravo contadino, con la sua proverbiale sapienza, doveva pure avere un buon motivo. Senza contare che per destinarlo al blend con i blasonati bianchi di punta della regione, di certo, qualche numero doveva pur avercelo. Chi, insomma, ha esercitato il rispetto della tradizione e dei vecchi – pochi invero – sono stati premiati ricevendo grandi soddisfazioni dal Coda di Volpe in un’epoca in cui il consumatore più avveduto è alla ricerca di qualcosa di diverso.
Quello che Roberto Di Meo, presidente di Assoenologi Campania, propone è il più interessante mai bevuto: completo e franco. Sembra che vada a ruba in Giappone.
Un vino scintillante, di discreta consistenza e dalla pulizia olfattiva strepitosa con un proflo sintonizzato su una elegante nota minerale. Cosi’, lo squillo di trombe del piccolo Coda di Volpe che, poi, al gusto, tira fuori la voce grossa mostrando un corredino di croccante frutta a polpa gialla e mela golden, oltre a una stuzzicante vena erbacea. In bocca molto convincente: succoso e in perfetto equilibrio con un allungo sapido che suggerisce messaggi saporosi al cervello di “ancora, ancora!” mentre si spegne molto lentamente. Un vino agile, come tutte le etichette Di Meo, che fa della bevibilità e sobrietà il suo carattere distintivo. Da un’azienda dall’anima bianchista che, imbottigliando dal 1990, può vantare corpose verticali dei suoi Fiano – base e selezione Alessandra – oltre al Greco, un’interpretazione di tutto rispetto di un vitigno minore con superiore capacità di parlare al cuore. Da bere tutti i giorni senza far bancarotta.
Sede a Salza Irpina, Contrada Coccovoni. Tel. 0825.981419. www.dimeo.it. Enologo: Roberto Di Meo. Ettari: 20 di proprietà e 15 in gestione. Bottiglie prodotte: 400.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, fiano di Avellino, greco di Tufo, coda di volpe e falanghina.
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