Lui è sempre lui. Anche oggi, a Roma, in uno dei templi della cultura contemporanea. Dopo Labico, dove nel 1985 andò punto e a capo nel ristorante dei suoi genitori, mettendo il suo nome e cognome sulla mitica porta rossa. Firmando così la prima delle sue rivoluzioni, nella vita e in cucina. Antonello Colonna non è pop. E’ autenticamente, genuinamente, popolare. L’Alberto Sordi della gastronomia. Come Sordi interprete grande della romanità, artefice del suo personaggio. E versatile. «Di giorno mi vesto come un contadino» ci dice riferendosi al completo verde bosco e sciarpone da campagna, «di sera da chef».
Siamo nello spazio Open del Palazzo delle Esposizioni dove Antonello Colonna si è trasferito nel 2007 raccogliendo l’invito a gestire il roof garden progettato dall’architetto Paolo Desideri: una serra di 2000 metri quadrati. Definitivamente tirandosi dietro la sua porta-rossa-coperta-di-linus. «Non è proprio quella di Labico» ci spiega, «ma l’artigiano è lo stesso di 27 anni fa».
Dentro, il bianco assoluto delle pareti, delle sedie, dei tavoli. Accecante come la luce che entra dappertutto. Agavi gigantesche in vasi ancora più giganteschi, all’esterno piante aromatiche invece di fiori. Tavoli apparecchiati in maniera essenziale ma curata, come ci si aspetta in tutti i museo restaurant di una capitale europea. Servizio veloce ma molto professionale, tempi e modi da team building riuscito. E poi, a vigilare su tutto e su tutti gli occhi del Maestro.
Ogni giorno si pranza a partire da 16 euro per un menu al buffet (bevande escluse).
Un esempio? Reginelle alla parmigiana o, in alternativa, riccioli con calamari e zucchine, per secondo l’insalatina tiepida di calamari e polpo su crema di patate alle cozze oppure spezzatino di maiale alle melanzane.
Il dolce e la frutta si prendono al buffet. Può capitare, come a noi, di scegliere tra cheese cake, caprese, tiramisù al bicchiere, mousse di gianduia con granelle di nocciola, macedonia di mele e kiwi.
Il tutto a partire da 16 euro. No coperto. No servizio. Il pane è offerto. L’acqua pure (del rubinetto in bottiglia di vetro, come in tutto il mondo civile). Su richiesta, qualche buona etichetta al bicchiere.
Tutto ci sembra di qualità. I due piatti rossi appaiono sulle prime troppo pomodorosi. Ma invece sono buoni. E sono buoni perchè pasta, pomodoro, carne e melanzane sono buoni. Non c’è molto altro da aggiungere.E i due piatti di pesce sono saporiti. Cioè sapidi senza essere salati. E anche profumati.
Allora cerchi di capire. La sala è piena. Tutti mangiano contenti. Chi sceglie la formula buffet si alterna in maniera ordinata ai grandi tavoli centrali che vengono puntualmente ri-assortiti. C’è qualche famiglia, coppie, turisti, manager, politici, personaggi più o meno conosciuti. Sicuramente molti, sicuramente non tutti, attratti dalla mega mostra sulla civiltà precolombiana di Teotihuacan. Mangiare qui a pranzo costa poco di più di un big menu da mcdonald’s.
Questa è la vera rivoluzione riuscita di Colonna. La qualità a prezzi popolari. Come definisce lui stesso l’Open, «il più grande contenitore di cultura ed enogastronomia, il primo outlet dell’alta ristorazione». Pregiudiziale verso nessuno, anche se di fatto la selezione naturale della sua clientela fa sì che un paninaro con poche decine di pixel sul palato non varchi la soglia dell’ascensore che porta al secondo piano del Palazzo.
Ora ha pure pubblicato un libro per la Newton Compton, I segreti della cucina italiana, tradendo il giuramento che mai avrebbe messo nero su bianco le sue ricette. Ma anche il tradimento è rivoluzione, sostiene convinto. E il suo libro è un po’ il suo Sanremo dove nessun grande artista ha mai rinunciato a partecipare. Di nuovo, l’anima popolare che viene fuori. E poi, vuoi mettere il cacio e pepe con una canzonetta?
Virginia Di Falco
Open Colonna
Palazzo delle Esposizioni
Scalinata di via Milano 9A
Chiuso il lunedi
City lunch dal martedì al venerdì dalle 12 alle 15
Brunch sabato e domenica dalle 12,30 alle 15,30
www.antonellocolonna.it
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