In 2 territori distinti del vino calabrese, il Savuto e il Cirò, sono in corso grandi manovre per modificare i disciplinari di produzione di questi 2 grandi vini regionali.
Il file rouge che unisce l’esigenza di modifica è quella più pericolosa che un produttore o un gruppo di produttori possano concepire: trasformare un vino particolare, facilmente riconoscibile, diverso, autoctono, distintivo e competitivo sui mercati proprio per le sue differenze, con un prodotto che ne imita altri.
Per il Savuto la modifica prevede che possono concorre a produrre il vino fino al 45% di vitigni a bacca nera ammessi nella Regione Calabria (leggi anche cabernet, merlot ecc…) e per il Cirò fino al 20% di vitigni a bacca nera ammessi nella Regione Calabria (leggi anche cabernet, merlot ecc…).
Per il Savuto, su pressione di alcuni produttori si è giunti al compromesso di introdurre la menzione “classico” per quei vini prodotti con Magliocco canino (localmente noto anche come Arvino o Magliocco dolce ) minimo 50% e Greco nero e Nerello Cappuccio, da soli o congiuntamente, massimo 40%.
Per il Cirò si è giunti ad un altro compromesso ma di cui ancora non si conosce il contenuto: infatti il movimento spontaneo nato nella scorsa estate per difendere il Cirò, ha chiesto un’audizione pubblica per avere ragguagli e partecipare alle scelte in modo democratico e trasparente.
Comprendiamo le esigenze di mercato di quei produttori che si trovano in difficoltà quando trovano interlocutori che cercano facile bevibilità, ma ci piacerebbe capire:
– Perchè si decide di modificare un bene pubblico in modo privato? (questi due vini sono il frutto della storia di un luogo, di un territorio e dei suoi agricoltori)
– Perché non si insiste sulla informazione e la formazione degli interlocutori (enoappassionati e operatori) anziché rischiare di snaturare i vini per seguire mode ed evoluzioni del mercato che sono già desuete?
Sono reazionari i produttori che non vogliono l’innovazione?
Resto senza parole di fronte a queste storie: come è possibile pensare che il successo arrivi sulla via più semplice, cioé quella che possono percorrere tutti? Eppure è così.
Nessuno vuole vietare esperimenti, ma perché non lasciare in pace chi vuole lavorare seriamente nella denominazioni classica?
Si dice che il greco nero tradizionalmente faceva parte del Cirò e questo è il motivo per dover allargare ad altri vitigni. Ma cosa c’entra il Greco con il merlot e il cabernet? Possibile che la lezione toscana, sotto gli occhi di tutti, non abbia insegnato nulla?
E’ come se i produttori di Fiano e Greco chiedessero l’introduzione dello Chardonnay nella docg.
Incredibile ma vero
Noi attaccheremo e inviteremo a non bere i nuovi vini di Satana sostenendo il boicottaggio delle aziende che tradiscono il territorio stordite dalla promessa di guadagno. Questa è la mia fatwa !(l.p.)
Per capire come si puàò lavorare alla grande vi invitiamo alla degustazione di Librandi fissata per il 25 maggio a Napoli
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