MOLETTIERI
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Le parole possono avere lo stesso significato semantico, ma al tempo stesso segno opposto culturalmente. Dipende quando vengono pronunciate, in quale contesto articolano le relazioni fra gli uomini gerarchizzandone i valori. Dire di un vino «è una marmellata» era quanto di meglio si potesse affermare tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del difficile decennio successivo. Pronunciare lo stesso giudizio di questi tempi in cui in Italia spira vento borgognone è invece una bocciatura sonora e senza appello. Adesso «comunista» è spregiativo come lo era «fascista», soprattutto per gli esponenti del Pd in trasferta a Casablanca per rifarsi la verginità.
Questo Aglianico, aperto contro ogni mia previsione vista la sua giovane età, ha invece riportato alla mente la dimensione di alcune delle migliori interpretazioni degli anni ’90, quando questo vitigno si sbarazzava dei toni polverosi e vetusti per acquisire un po’ di eleganza e signorilità grazie al lavoro di Caggiano e Molettieri. Ma di tutte queste cose a chi lo beve interessa poco o nulla, anche perché lo svolgimento del tema presuppone una approfondita conoscenza dello sviluppo verticale assunto dal progetto enologico delle due cantine menzionate, su cui ci sarebbe davvero da discutere moltissimo tra gli appassionati e i pochi cultori di questa specializzazione zonale. Avremo modo di farlo, spero, con le persone giuste, capaci di valutare un vino mettendo in discussione se stessi e non il ruolo che pensano di assumere. Allora, andando invece un po’ al pratico, diremo anzitutto che ho fatto benissimo ad aprirlo perché il tappo era ormai agonizzante, troppo bassa la qualità scelta visto i pochi anni trascorsi, ma purtroppo questa è una caratteristica di molte cantine irpine che si perdono per qualche centesimo su questi aspetti che invece fanno alla fine la differenza. Già, perché la perfezione del vino è in questo momento al massimo, i tannini ben ammorbiditi, un risultato lusinghiero per un rosso la cui etichetta dichiara essere solo ed esclusivamente Aglianico: il naso è appunto una fresca confettura di ciliegia a cui seguono toni balsamici e mentolati che mi richiamano alla memoria i primi anni del Salae Domini, e al secondo vino di Antonio mi riporta anche il corpo e la complessa bevibilità del Cinque Querce, molto piacevole e vigorososamente fresca. Dunque, base per altezza diviso due, diciamo che considerando il prezzo franco cantina non superiore con la scontistica ai dieci eruo, siamo in presenza di un piccolo grande campione, scevro da ogni esibizione muscolare a cui invece i Taurasi dell’azienda di Montemarano ci hanno abituato dal 1999 in poi. La massa, infatti, pur presente, non ha concentrazione oversize, l’alcol è finalmente sotto i 14 gradi, dichiarati 13,5, l’annata carezzevole con i vitigni tardivi riesce ad esprimersi molto bene e con maestria in una bottiglia che a noi piacerebbe tanto essere esempio del marker giusto dell’Aglianico d’Irpinia, qualcosa a metà tra il gusto antico da botte grande e quello moderno in cui il ruolo del legno è quello di cercare di sfinare il vino, educarlo all’eleganza senza stravolgerne il carattere. In questo caso l’obiettivo è centrato in pieno con nostro assoluto piacere.
Sede a Montemarano, Contrada Lampenne. Recapito Contrada Musanni, 19/ b
Tel. 0827.63424, fax 0827.63722
Sito: http://www.salvatoremolettieri.it
Enologo: Giovanni Molettieri
Bottiglie prodotte: 20.000
Ettari: 7 di proprietà
Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe
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