SALVATORE MOLETTIERI
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: fuori mercato
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Provare all’Oasis di Vallesaccarda il Riserva 1988 di Molettieri significa bere il vino giusto nel posto giusto. Per fortuna, ma non poteva essere diversamente, anche con le persone giuste. E poi vuol dire fare un viaggio nel tempo, quando ad esempio il Taurasi era ancora doc e non docg (denominazionae di origine controllata e garantita), riconoscimento ottenuto nel 1993. Ma soprattutto, significa capire che siamo ad appena due anni dalla tragedia del metanolo.
Erano altri tempi e all’epoca il successo del vino era ancora al di là da venire. Ecco perché i Taurasi anni ‘80 (compresi quelli di Mastroberardino e Struzziero) sono sempre molto interessanti.
La prima osservazione da fare è di natura psicologica: il vino non ha ansia di prestazione che solo negli anni ‘90, parliamo soprattutto della seconda metà di questo decennio d’oro per i produttori, sisarebbe manifestata fino a dominarne lo stile. Si tratta di un rosso sincero, non carico di colore, rosso rubino ma non cupo, con i tannini ben risolti dai quasi trentanni, assolutamente integro e ricco di energia. Ripensando alla vulgata dell’epoca appena successiva, capiamo come mai questi vini irpini avessero poche possibilità di riconoscimenti essendo lontani dalle morbidezze palatali e dalle esuberanze olfattive del modello dettato dai blend con i vitigni internazionali.
La storia ha poi dimostrato che non erano i vini a dover migliorare, ma la critica bisognosa di maturare e diventare meno punitiva verso la diversità, vera ricchezza del vino italiano. Altro luogo comune che mi viene in mente è quello del cosiddetto stile di Montemerano di cui spesso anche noi abbiamo scritto. Già, ma quale stile, quello del Molettieri 1988 o quello dei vini poi commercializzati da Marc De Grazia, sviluppati verso la potenza?
Ecco perchè, in realtà, più si beve e più si accumula esperienza nel bicchiere e meno diventa facile emettere sentenze assertive e definitive.
Scheda del 23 ottobre 2009 di Angelo Di Costanzo. E’ domenica mattina, finalmente sono a casa, mi giro e mi rigiro nel lettone e tra un’esitazione e l’altra mi accorgo che il tempo è scivolato via tanto velocemente che è già mezzogiorno, rischio di rimanere senza pane fresco per il pranzo. Faccio un salto in centro, a Quarto, sulla strada mi fermo ed entro nel primo negozio a portata di mano, da Gabriellina “Bulangerì”: infissi in alluminio verde, scaffali disorientati, generi alimentari e casse d’acqua messi un po’ alla meglio, poco più in la il detersivo, ancora merceria sparsa alla rinfusa e tutto intorno un profumo delizioso ma incipiente di ragù!
Dal fondo della stanza si apre una porta a vetri, uno sbuffo di vapore accompagna la sagoma di un’anziana signora che mi viene incontro, mi saluta e mi da il benvenuto. Le sorrido, stranito, la cucina che intravedo di là della porta è in fermento, due giovani si danno il cambio ad impanare qualcosa che mi pare pollo, una signora con un fazzoletto annodato tra i capelli è intenta a girare qualcosa faticosamente in un pentolone; Adesso viene fuori anche l’odore acre di fritto, di melenzane e di friarielli.
La situazione è davvero surreale, d’altri tempi come il conto scritto a penna sul foglio di carta del pane a sancire che il mondo ovunque andrà si sarà sempre perso qualcosa o qualcuno per strada: sorrido, stavolta di gran piacere, ringrazio e prendo la via dell’uscita.
Ho pensato a lungo a questa scena, ritornatami alla mente appena aperte queste due bottiglie tirate fuori dal caveau del Capri Palace qualche giorno fa per gli amici rimasti a cena a L’Olivo dopo la degustazione I vini delle isole minori.
Perchè? Perchè ho pensato a cosa potesse essere Montemarano 21 anni fa, in una Irpinia ancora lontana dal riprendersi dallo choc del terremoto dell’80, a cosa potesse somigliare allora la cantina di Salvatore Molettieri, alle sue giornate su e giù per le contrade Iampenne e Musanni nel vano tentativo di addomesticare le vecchie viti del vigneto Cinque Querce piuttosto che reimpiantarle per compiacere gli imbottigliatori a cui vendeva le uve.
Ho pensato a tutto questo, immaginando un Taurasi d’altri tempi che il tempo ha sopraffatto, ad un profilo “Molettieri” che a questo punto non so se non abbiamo più ritrovato o se forse mai veramente conosciuto.
Questo Taurasi ha un colore decisamente aranciato, abbastanza limpido per la presenza di alcune microparticelle di sedimenti in sospensione ma trasparente: la materia colorante ha avuto lungo corso ma ha raggiunto il suo capolinea. Il primo naso è essenzialmente terziario, non invitante ai primi passaggi olfattivi anche a causa di una prima nota di riduzione evidentemente pressante. Lasciato respirare a lungo manifesta spunti organolettici piuttosto particolari, lontani certamente dal “vino-frutto” con il quale la piccola azienda di Montemarano ci ha sconvolto con il 2001, il 2001 Riserva ed il 2003, nitidi i sentori di foglie secche si castagno, terra, polvere, non ultimo ruggine. In bocca è secco, abbastanza caldo, l’acidità ed il tannino appaiono dissolti pur rimanendo le uniche note gustative su cui fare leva in mancanza di una decisa profondità e di un frutto a questo punto magro, rimanendo gradevolmente lineare, certamente stanco, ma ancora bevibile concedendoci il tempo per costruire un utile critica storica. Particolare l’etichetta, francesizzante, con la denominazione Taurasi in rosso su carta bianca utilizzando diversi caratteri di scrittura che, come dicono oltralpe, esaltano l’immediata riconoscibilità del vino.
Avevo aperto qualche tempo fa un’altra bottiglia di questo ’88, di cui conserviamo in cantina ancora una dozzina, e l’uniforme dissoluzione del frutto venuta fuori dalle degustazioni mi lascia pensare che non vi è null’altro da aspettarsi da questo vino se non la continua conferma che l’aglianico di Taurasi rimane un vitigno ed un vino, pur grande, dalle mille e una sfaccettature e sicuramente ancora lontano dall’essere pienamente longevo nonostante la straordinaria esperienza del ’68 di Mastroberardino mi aveva aperto ad altre e più entusiasmanti considerzioni.
Non so, a questo punto e sinceramente, se la sottile delusione sia maggiore del piacere di aver bevuto, tra i primi, un raro Taurasi di 21 anni di Salvatore Molettieri.
Sede a Montemarano, Contrada Iampenne, cantine in Contrada Musanni, 19/b.
Tel. 0827. 63424, fax 0827. 63722.
www.salvatoremolettieri.it
Enologo: Giovanni Molettieri.
Ettari: 7 di proprietà.
Bottiglie prodotte: 20.000.
Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe.
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