Cilento, una stagione estiva da dimenticare

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

 

di Marco Contursi

Sono giorni che ho nel pc questo pezzo in giacenza, “ma chi me lo fa fare di farlo uscire”, pensavo, visto che un pezzo simile 10 anni fa fece scalpore ma nulla è cambiato. Ma stamane apro Facebook e trovo un artista cilentano che lamenta una completa disorganizzazione e costi alti ad un evento tra la sagra e la rassegna musicale, tra cui una navetta pagata che però a fine serata è scomparsa e cibo stantio. E visto che numerose sollecitazioni a parlarne mi vengono proprio da operatori turistici cilentani, oltre che da affezionati al Cilento come me, ecco che mi sono deciso, già conscio delle facili difese d’ufficio di tanti che avremo e del fatto che non verrà da tutti capito che certe critiche vengono fatte per affetto, perché certe volte le orecchie vanno tirate a chi si vuole bene, mentre il silenzio è la più evidente manifestazione di disaffezione.

Cari Amici, diciamoci la verità, in Cilento più che altrove, in fondo, si è contenti di un isolamento secolare, a cui si deroga solo per 2 mesi, giusto il tempo di farsi un po’ di soldi con affitti e spiagge, ma poi via tutti, che ci date fastidio.

Da più parti, Codacons compreso, si denuncia un calo importante dei turisti in Cilento in questa estate che si è appena conclusa con la fine di agosto. Luglio è stato moscio, tranne i fine settimana, agosto un po’ meglio ma a macchia di leopardo.

Singolare il fatto che alcuni operatori del turismo abbiano accusato del calo le politiche di alcuni loro colleghi, che, negli anni, hanno pensato più a spolpare i turisti che a mettere in atto comportamenti tesi alla fidelizzazione dell’utente. Uno su tutti, un menù che nei giorni di festa aumenta i prezzi lasciando invariati i piatti, pratica che reputo assai scorretta..

Quello che non si è capito è che la massiccia presenza degli ultimi anni, era causata dal covid, dai divieti di andare fuori ma oggi non è più così.

Altra cosa che non si comprende che a fronte di aumenti ogni anno, lo stipendio della maggior parte delle persone è rimasto uguale e quindi non consente di spendere certe cifre.

Vediamo nei dettagli.

Caseifici. Lungo la strada che porta alle località cilentane, tantissimi i caseifici che si incontrano, alcuni molto famosi, che ormai offrono di tutto dalla pasticceria alla cucina vera e propria. Bene, l’offerta a mio parere non giustifica i costi, spesso altissimi. Sia perché come aziende agricole hanno un regime fiscale agevolato sia perché i servizi spesso non sono all’altezza della cifra richiesta. Esempio? Le addette al banco quasi mai conoscono le lingue, come ho avuto modo di constatare di persona in tre strutture diverse. Altra nota dolente la pulizia dei bagni, spesso molto approssimativa, se fai 200 persone all’ora ci deve essere una persona dedicata, non fare una pulizia una tantum. Una struttura è arcinota per prezzi fuori dal buonsenso. Un’altra, blasonata, mi ha fatto pagare 3.5 euro un cornetto alla crema, oltretutto con risposta idiota del customer service aziendale, che dimostra una supponenza irritante. Inoltre, in tutte il servizio è affidato a ragazzi giovanissimi e quasi sempre manca un responsabile sul campo (volutamente credo) con cui interfacciarsi in caso di problemi. Così il cliente desiste dal protestare perché capisce che il 20enne messo lì, non ha colpe e funge da paracolpi. Certo, il fatto che quotidianamente centinaia di persone ci vadano comporta che i titolari facciano spallucce dinanzi alle critiche, poiché c’è un ricambio continuo e guadagni importanti, ma è sicuramente una delle cause di un calo delle presenze in cilento, poiché tutto ciò che è negativo concorre a far scegliere ai turisti un’altra meta per le prossime vacanze. E in rete di lamentele di clienti se ne leggono tante. E la cosa non può passare inosservata.

Chi ha molti onori deve capire che diventa un biglietto da visita di un intero territorio e quindi deve tenerne conto e non solo pensare a fare cassa.

Affitti. Ho sentito cifre assurde, tipo 1500 a settimana un monolocale, una singola in un b&b a settembre 100 euro al giorno e parliamo di mezza collina, non sul mare. Cifre francamente spropositate. In alcuni comuni si affittano anche garage, adibiti a casa, e sottoscala. Spessissimo in nero. Cifre che sono lievitate moltissimo dal 2020 quando l’emergenza covid, con le persone chiuse per mesi (e quindi impossibilitate a spendere) e il divieto di viaggiare ha fatto sì che alcuni affitti raggiungessero cifre folli e che venissero pure pagate, ma oggi se uno deve spendere 1500 per una settimana di affitto di un sottoscala sceglie altre mete.

Ristoranti. Qui gli aumenti sono sensibili ed in alcuni casi ingiustificati. Anche perché complice la carenza di manodopera qualificata, molto spesso il servizio è affidato a ragazzi inesperti. Capiamoci, se mi fai pagare uno spaghetto a vongole 22 euro o un risotto 28 non posso accettare che mi finisca l’acqua o mi cada la forchetta e per averle devo chiederle 3 volte. Nota dolentissima l’olio. Ci si riempie la bocca con la dieta mediterranea ma quanti locali usano olio extravergine locale? Pochi. Altra mancanza, l’assoluta assenza di una benchè minima capacità di problem resolving. Se io ti dico che quel piatto non l’ho gradito, motivando cosa non è andato bene, non è corretto fregartene e ritrovarmelo nel conto. Soprattutto quando l’ho pagato 28 euro e quindi non sei una trattoria. La cucina di pesce poi non va mediamente molto oltre l’insalata o marinati di mare, spaghetto a vongole, frittura o grigliata di mare, con i soliti pesci e crostacei visti e rivisti (alici, gamberi, calamari, tonno.). Inoltre un ristorante o una gastronomia deve farsi ambasciatore delle produzioni locali e non comprare altrove (fuori regione) perché glielo vendono alla metà, come pure i produttori locali devono agevolare i ristoratori del territorio con prezzi che consentano loro di lavorare. Invece, da anni, è la stessa storia: gli uni si lamentano di non vendere, gli altri che i prodotti locali costano troppo. Sempre così. In saecula saeculorum.

Certo ci sono delle eccezioni. Ma a sentire tanti conoscenti che hanno trascorso le vacanze da Agropoli in giù, la situazione non è rosea. Ovviamente guai a fare critiche, tutti offesissimi se non dici che sono tutti Massimo Bottura e che un risotto alla pescatora non può galleggiare nel brodo.

Lidi. Costi spesso alti, servizi sufficienti. Cibo pessimo e caro. Bagni indecenti. Qualche eccezione certo, ma le segnalazioni negative sono state tante.

Agriturismi. Qui mi girano, quanti agriturismi conoscete che somministrano quello che producono? Io pochissimi, ovviamente non è un problema solo cilentano ma qui ci si aspetta altro perché la terra non manca ma manca chi la vuole coltivare. E’ piu facile comprare al cash che zappare o trovare chi ti aiuta a farlo.

Sagre. Io non ce l’ho con le sagre ma con chi le vede solo come un modo per fare soldi. Un piatto di fusilli o cavatelli NON può costare 9 euro, quanto un ristorante per capirci, se devo mangiarlo su un tavolo traballante, con un bagno chimico e dovendo fare un’ora di fila per prenderlo. Le sagre nascono per fare promozione delle tipicità locali, non per fare cassa o prendere fondi e sovvenzioni varie. Anche perché visto che ci sono sagre ogni settimana da luglio ad agosto, la ristorazione spesso ne risente. Poche, ma fatte bene, con qualcuno che controlli cosa venga somministrato.

Riflettendo. Sapete cosa ho notato nella mia pluridecennale frequentazione cilentana? Che i titolari di attività, anche importanti, raramente si affidano a qualcuno per farsi aiutare nella gestione, convinti che loro e solo loro, hanno la verità infusa. E anche quando assumono qualche giovane brillante, magari con studi ed esperienze importanti, vogliono che si limiti ad essere un mero esecutore. Ma come disse Steve Jobs “prendere uno che è meglio di te per fargli eseguire ordini è stupido”, mentre Brunello Cucinelli racconta sempre che l’idea del pallone in cashmere, uno dei successi mondiali della sua azienda, venne alla signora delle pulizie che si intromise in un discorso, perché sapeva che anche lei, aveva voce in capitolo nella sua azienda e non sarebbe stata messa a zittire con “ma che ne vuoi capire tu..”. C’è una visione ancora troppo provinciale dell’impresa, piccola o grande che sia. Un esempio su tutti, è notare ancora quante poche persone in bar, ristoranti, caseifici conoscano le lingue. All’estero la situazione è totalmente diversa, ma anche in costiera amalfitana.

E questo è indicativo di un modo di pensare, sei tu cliente che devi adattarti a me, non io che devo venire incontro alle tue esigenze.

O ancora, per quanti imprenditori conta il welfare dei dipendenti, che è alla base di una impresa sana e proficua, poiché chi sta male ti lavora male??? E invece sento lamentele su orari assurdi, stipendi ridicoli, pretese folli.

Ovviamente ci sono le eccezioni, ma queste dovrebbero essere la regola.

Certamente in Cilento c’è un mare meraviglioso, borghi incantevoli, i resti di un passato importante, una gastronomia, che se ben fatta regala autentiche emozioni. Ma anche questa deve essere fatta e comunicata nel modo giusto. Se vado a Vallo o a scendere, mi aspetto di trovare, cacioricotta e mozzarella nella mortella, non l’onnipresente mozzarella di bufala, che ricordiamo non essere tipica del cilento ma della piana del Sele. Come pure mi aspetto di trovare vini e salumi locali e non altre di province campane, solo perché costano di meno.

Territorio, Accoglienza, Prezzi giusti questa la chiave di volta e di svolta di un lembo di terra baciato da Dio, che potrebbe vivere di turismo almeno 8 mesi l’anno con opportune politiche di destagionalizzazione dell’offerta. Ed evitare che tanti giovani vadano a lavorare all’estero perché qui, ora, l’offerta di lavoro va solo da giugno a settembre.

Io confido molto, per una svolta,  nei tanti giovani che hanno deciso di restare e si stanno affacciando sulla scena, soprattutto delle produzioni locali (olio, salumi, ecc), certamente supportati dalla vecchia guardia, ma magari, più propensi ad aprirsi a collaborazioni, sia interne che esterne al territorio, e a comunicare ciò che fanno nel modo giusto.

Perché l’eccellenza non ha senso farla se non sai raccontarla con efficacia.

Ma prima devi farla, e farla per davvero, però….ad un giusto costo.

p.s. prima che si attacchi con la solfa che non si trovano dipendenti, cosa vera, chiediamoci cosa si è fatto negli ultimi anni per far restare quei pochi seri che si sono trovati. Poi, che oggi ci sia una crisi dei valori, tra cui il senso del lavoro, è cosa vera e figlia dei tempi, ma quando si trova uno serio e in gamba, non bisogna farselo scappare.

 


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