SANTIMARTINI
Uva: Falanghina
Fascia di prezzo: nd
Fermentazione e maturazione: acciaio
Mi piace ripensare a questa falanghina come se il suo destino fosse già stato scritto e in qualche modo suggerito dal nome che – così si legge sul sito internet dell’azienda – deriva dal sostantivo “ciesco” (roccia, sasso, terreno roccioso, altura) e dall’aggettivo “miro” (ciò che suscita meraviglia, ammirazione).
Ammirazione. Che poi è lo stesso sentimento con cui ci siamo ritrovati – Luciano, Pasquale Carlo ed io – ad osservarla muoversi con disinvoltura nel calice, scorgendo vicendevolmente gli occhi dell’altro fissi sulla bottiglia, quasi come a pregare perché non finisse mai. Dorata, lucente e perfettamente integra, priva di qualsivoglia opacità da ossidazione che pure uno quasi s’aspetterebbe. Ammirazione che ci ha accompagnato per tutto l’assaggio: (prima) mentre affondavamo il naso nel bicchiere, cogliendovi profumi di un’eleganza quasi d’oltralpe, la frutta a polpa gialla, i fiori bianchi e una delicata nota erbacea; (dopo) alla prova del nove, quando le labbra si schiudevano puntualmente per godere di quel nettare ricco e al tempo stesso agile, ancora fresco e scattante, ravvivato da una bella vena minerale, appagante e lungo nella sua persistenza.
Ammirazione più che meraviglia. Ché a conti fatti questa è stata l’ennesima dimostrazione di come la falanghina sappia invecchiare, regalando ancor più forti emozioni a qualche annetto di distanza dalla vendemmia. Caso paradossale, se vogliamo, visto che il vitigno è tanto diffuso quanto spesso scarsamente considerato, al punto di essere considerato il “gregario” della viticoltura campana che si ritrova poi a vincere una tappa al Giro. E ciò anche se, a guardare indietro, non sono mancati esempi virtuosi di lungo invecchiamento anche per l’uva – oserei dire – del sentimento campano; la falanghina 2001 di Libero Rillo, per dire.
Manca –forse- la piena convinzione, da parte degli stessi produttori, che quello che hanno tra le mani è un vitigno di pregio e perdipiù dalle ottime doti evolutive; quando, invece, sarebbe meritevole di un vero e proprio “elogio dell’invecchiamento”. Elogio che estenderei d’ufficio a Pasquale Carlo che questa bottiglia l’aveva assaggiata tempo prima e “stipata” in cantina, avendone fiutato le potenzialità, nonostante un’annata – la 2005 – certo non felicissima.
Felici lo eravamo di certo tutti e tre, dopo averla bevuta in occasione della visita al ristorante Casal di Gioia, in quel di Amorosi. Ma anche un po’ tristi: “era l’ultima bottiglia”, ha confessato Pasquale Carlo. Non so lui ma se così non fosse stato io avrei mentito.
Questa scheda è di Alessandro Marra
Sede a Solopaca. Via Bebiana 107/A. Tel e fax 0824.971254. a.franco@santimartini.it. www.santimartini.it. Enologo: Angelo Pizzi. Ettari: 9 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: falanghina, trebbiano, malvasia, aglianico, sangiovese, sciascinoso, piedirosso.
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