di Giulia Gavagnin
“Per quest’anno non cambiare. Stessa spiaggia stesso mare”. La spiaggia è la stessa, il mare idem, ma solo in apparenza, perché tanto, ma tanto tempo fa –once upon a time- qualcuno molto saggio disse che non ci si bagna mai nello stesso fiume e, per estensione, nello stesso mare.
Non si bagna mai due volte nello stesso mare Moreno Cedroni, officiante sulla stessa spiaggia a Marzocca di Senigallia da parecchi lustri, se propone un piatto già visto è già nuovo di una sfumatura, di un dettaglio, di una versione che getta oltre l’ostacolo, e lì si capisce che la faccenda dello “stesso mare” era solo una rima quasi baciata. La linea retta della compiutezza a casa Cedroni è sempre scossa dalla vibrazione del dettaglio.
La pandemia ha favorito la creazione di due appendici nella “Madonnina” dove Moreno Cedroni e il suo fido scudiero Luca Abbadir possono proseguire nel percorso creativo iniziato anni orsono. Due anni fa il “Tunnel”, quest’anno l’orto sul mare. Un laboratorio per lo studio e la maturazione non solo dei pesci, ma anche per l’elaborazione di salse fermentate, e un giardino officinale che genera acetosella, senape, menta, finocchietto, borragine, salicornia, dragoncello e chi più ne ha più ne metta. Elementi che aggiungono dettagli alle complessità preesistenti, generando mutazioni e addende di piatti “già perfetti” (parola dello chef) come l’ostrica più buona del mondo, “Ricordo di un viaggio in Vietnam” che quest’anno esce in versione “reloaded” con una salsa di cavolo viola fermentato direttamente dal Tunnel. Ovvero la salsa di funghi fermentati nella versione 2.0 del piccione che quest’anno fa un volo in Piemonte per effetto di una salsa di nocciole, anch’essa di intenso studio in laboratorio.
Nulla accade per caso, le due appendici hanno reso contigui due luoghi perfetti, così lontani, oggi così vicini. La Madonnina, luogo di lievità e dolce naufragar al di qua del mare, Il Clandestino direttamente a picco sul mare, forse il più bel ristorante d’Italia, con quelle finiture bianche e azzurre sulle quali sembrano infrangersi i flutti.
Alla Madonnina si sta bene sempre, anche coi piedi scalzi sul pavimento rosso come fosse spiaggia, ad osservare una delle più belle sale d’Italia, con le ragazze e Mariella avvolte nella loro intonsa camicia bianca che sembrano volteggiare leggere come danzatrici. Al Clandestino si sta bene a prescindere, anche se il menu fosse di pane e salame, perché la Natura benigna ha regalato alla baracca sul mare la cornice di onde davanti e di macchia mediterranea alle spalle, resina e salso.
Cosa di mangia da Moreno Cedroni
L’alchimia antica del Candestino
Del menu di Portonovo è stato raccontato in queste pagine dopo l’endorsement del Consorzio dei vini del Sannio; quest’anno l’ispirazione è stata la Preistoria, l’età della pietra, del bronzo, del ferro e la futuristica (o attualistica?) età del Ramen. La Pastinaca di “Fossile” è cotta sotto vuoto con le alghe avvolta in una crosta di pane, ci sono anche le sue polveri da fermentazione con le verdure e una maionese di moscioli. Una fermentazione alla maniera di un comprovato maestro, utile e non invadente, a tinte lievi e non a ultrasuoni, che contraddistingue anche la salsa di more di “Homo Erectus”, una cocotte di pietra incandescente che risveglia il bimbo che c’è in noi, a cuocere tonno e manzo in riva al mare. La salsa di funghi fermentati accompagna “Lophius”, coda di rospo con polvere di porcini e melanzana arrostita in padella e polvere di ginepro.
La perfettibilità del perfetto de “La Madonnina”.
“Era già perfetta, l’abbiamo perfezionata” dice Cedroni. Succo di cavolo viola, mela acidulata sull’ostrica alla griglia, la cipolla fritta che dava croccantezza cede il passo a una sensazione più nordica senza indulgere in algidi estetismi.
Anche le penne alle capesante sui carboni e burro di ricci erano già perfette, ma sembra che qualcosa sia cambiato, dalle parti dell’orto c’è stato un arricchimento in erbe spontanee che con il divertissement della stellina da sbriciolare hanno aumentato quella pericolosa inclinazione a creare dipendenza, un boccone dopo l’altro, anche a cambiamento di temperatura.
E poi il carrello iniziale dei pesci maturati, il tonno bianco con polvere di cavolo viola, la ricciola con olio di finocchietto, la cernia, lo stupefacente chorizo di orata che da solo quest’anno vale il viaggio fino all’antica Sinigaglia già citata da ”lo gran padre Dante”!
Non si finisce mai di giocare qui, come bambini col secchiello o ragazzi col pallone, non esiste cucina più ludica e leggera, che cancella con un colpo di spugna angosce e affanni, anno dopo anno, questo pure in cui ce n’è stato bisogno, proprio con una spugna da cucina edibile, l’ennesimo divertimento del giocoliere di Senigallia che porta a tavola il lato meno appetibile della cucina, la sua pulizia.
Solo noi indefessi ghiottoni terminiamo con lo spaghetto a mezzanotte, lo spaghetto psichedelico alle vongole ricordo di serate che non finivano mai, a casa e sulla spiaggia, delle tre, quattro, cinque del mattino prima dell’avvento dei gin tonic al tempo del whisky&coke e con un whisky terminiamo davanti alla luna piena, quella sì immutabile dalla notte dei tempi, perché non ho mai sentito dire che non ci si scontra due volte con la stessa luna. Ecco, potrebbe essere la prima volta, ma non sarà certo l’ultima delle mie storie cedroniche nel lungomare di Senigallia.
Via lungomare Italia 11, 60019 Senigallia (An)
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