di Roberta Raia
A Chateauneuf du Pape, è vietata la vendemmia meccanica; il disciplinare, lo proibisce tassativamente.
Entrano in gioco i vendemmiatori, un gruppo di 24 persone, oggi ho chiesto di essere esonerata dal mio lavoro in cantina, così da poter seguire la vendemmia manuale.
Ore 05:00, il fragore della sveglia mi fa sussultare, mentre faccio ancora fatica ad aprire gli occhi e a chiedermi perché, io abbia impostato la sveglia così presto; un brusio mi chiarisce le idee: “i vendemmiatori”!
Sono frastornata, fuori è buio pesto, l’aria profuma di neve e “d’internazionale”.
Tutti operativi, (come se svegliarsi alle 5:00 fosse la cosa più normale del mondo!), io sonnecchiante, mi dirigo verso il campus.
Siamo pronti per partire, il “camion-frigo” e i due trattori adibiti a raccogliere l’uva sono arrivati.
Dopo quasi un’ora di viaggio, la meta tanto ambita: Chateauneuf!
Qui si gela, di fronte a me 20 ettari di vigna, la terra è completamente coperta da massi, parecchi dei quali raggiungono i 20 centimetri di diametro, le “anziane” vigne, molte ultrasettantenni, sono piccole e torte, disposte in maniera completamente irregolare, tra i filari ogni tipo di pianta “colonizzatrice” imperversa tra le viti austere: soffioni, erba morella e ortiche attanagliano la terra, è uno spettacolo suggestivo!
Non riesco a credere ai miei occhi, non so per quale motivo, ma immaginavo Chateauneuf du Pape come un’oasi felice: un giardino guarnito di vigne, divise le une dall’altre da un letto di terriccio inumidito dalla brina di prima mattina, dove saltellare beatamente, con il secchio e un fiorellino tra i capelli, tra un filare e un altro.
No, non è così, il solo camminare diventa un’impresa ardua, il farsi spazio, il chinarsi e il genuflettersi per tagliare i piccoli grappoli diviene faticoso.
Mentre il freddo quasi mi paralizza, osservo sbigottita la squadra di vendemmiatori che si districa abilmente tra i ciottoli, i rovi e le vigne, senza perdere per un attimo il sorriso.
Qui è tutto impeccabile, il lavoro è sintonizzato e organizzato alla perfezione, io sono su uno dei due trattori che raccatta l’uva in delle grandi casse, da qui riesco a vedere tutti, le loro espressioni, i loro movimenti.
Il trattore avanza lentamente, il profumo dell’uva “ammostata” m’inebria, è come annusare un prato di erba falciata e pesche sciroppate insieme, sono completamente rapita da questo effluvio, il ticchettio delle forbici e il fruscio delle foglie, diventano un’orchestra, la mente vola, il corpo si rilassa, una chimerica serenità mi pervade. Può mai essere questa la felicità!?
Quando le casse sono piene, il trattore ripercorre il filare a ritroso per convogliare tutte le uve nel “camion-frigo”, un camion dotato di un sistema di refrigerazione che impedisce il surriscaldamento delle uve e previene i fenomeni di ossidazione.
Alle 12:00, si pranza tutti insieme, il clima è gioviale, il freddo mattutino ha ceduto il posto ad un caldo torrido. Le pietre sembrano ardere, il sole picchia forte, e non c’è possibilità alcuna di potersi riparare, l’ombra è un pensiero utopico!
Alle 19:00 si finisce, io sono tramortita, guardo i vendemmiatori con ammirazione e stima, sono degli eroi per me; hanno lavorato ininterrottamente per 12 ore, balzando dal freddo ispido mattinale, ad un breve momento di pioggia per poi continuare sotto il sole cocente fino al crepuscolo.
“Allez!” la giornata è finita, si ritorna al campus, nel viaggio di ritorno fisso il panorama che sfila davanti ai miei occhi, come una trottola che non smette di girare, nella mia mente echeggia già il ricordo indimenticabile di questa giornata!
L’immagine di quei grossi e levigati massi, testimonianza dello scorrere del fiume Rhone, delle invasive piante colonizzatrici, che si oppongono con alterigia alla tecnologia meccanica, e indelebile, resterà il ricordo delle piccole e austere vigne, impassibili al tempo e alle avversità, con un “atteggiamento” quasi solenne da oltre 70 anni…
Questa è la forza della natura…
Questa: è Chateauneuf du Pape!
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