I cinesi si erano affacciati a Bordeaux, mai in Borgogna.
Fino a ieri. Un miliardario proprietario di casinò a Macao ha fatto il colpo grosso, una pugnalata al cuore dei francesi: ha comprato un prezioso vignoble di Borgogna, lo Chateau di Gevrey-Chambertin, per 8 milioni di euro. È la prima volta che l’estremo oriente si avventura nel cuore della produzione più preziosa di Francia, rastrellando oltre alle vigne – due ettari dai quali provengono 12.000 bottiglie all’anno, alcune delle quali premier cru e grand cru – anche un castello antico di inestimabile valore.
Diffusa dall’inserto economico di Le Figaro, la notizia è di quelle destinate a indispettire i francesi più di qualsiasi cosa, perchè se il Bordeaux è il vino per antonomasia del paese, il Bourgogne è la produzione della Francia profonda. Otto milioni di euro sono una bella cifra ed è quanto l’anonimo Paperone di Macao ha dovuto investire per convincere la famiglia Masson, che era al timone di Gevrey-Chambertin dal 1858, a fare le valigie.
I Masson hanno abbandonato anche il castello, un monumento storico costruito fra il XI e il XIII secolo. Un raid, quello del miliardario venuto dall’est, che ha lasciato di stucco i produttori locali, finora al riparo da queste operazioni.
I cinesi, infatti, si erano limitati finora ad acquistare – per cifre fra i 2 e i 5 milioni – alcuni «chateau» della regione di Bordeaux, certamente di livello più modesto rispetto allo Gevrey-Chambertin. È un’acquisizione simbolica pur nella sua dimensione molto relativa, 12.000 bottiglie su un totale dell’intera Borgogna di 3,6 milioni di bottiglie, ma destinata a lasciare il segno.
A reagire per primi sono stati quelli del sindacato dei vignaioli, che temono «un’invasione di investitori stranieri in Borgogna». E ricordano che «15 anni fa, quando un giapponese si propose di acquistare la proprietà Romaneè-Conti», uno dei puì grandi vini di Borgogna, fu «il governo a intervenire» per impedirlo. In assenza di dettagli sull’identità del nuovo proprietario cinese di Gevrey-Chambertin e sulle sue strategie di produzione e commercializzazione, si sa soltanto – magra consolazione – che per il momento a gestire la proprietà rimarranno due vignaioli locali.(Tullio Giannotti, Ansa)
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