di Bruno Petronilli
Per chi, come noi, ha deciso quasi tre decenni fa di immolare la propria esistenza al vizio, alla gola, alla raffinatezza e alla bellezza la Champagne è, con inconfutabile certezza, uno dei luoghi maggiormente bramati. Ci puoi andare anche cento volte e non ti basta mai. E quando lasci quella terra il solo pensiero è sperare di ritornarci il prima possibile. Reims, in particolare, è la sublimazione architettonica della nostra concupiscenza spirituale: nobile, pura, diafana e immacolata, un museo a cielo aperto di sogni e desideri insopprimibili. E al numero 4 di Rue des Crayères c’è la sede della plus ancienne Maison de Champagne, ovvero la Maison Ruinart.
La storia
Date le premesse è palese che se la Maison Ruinart è qui dal 1729 di storia ne abbia da raccontare molta. Il tutto ha inizio mentre Luigi XIV regna sui fasti di Versailles e un erudito monaco benedettino, originario di una famiglia di mercanti di tessuti, Dom Thierry Ruinart, intuisce che questo nuovo “vino frizzante” avrà un grande futuro. Sarà Nicolas Ruinart, nipote di Dom Ruinart, ha rendere concreta la visione lungimirante dello zio. Commerciante di tessuti come il padre, Nicolas apre nel 1729 il primo libro di conti per il vino frizzante. Allora lo Champagne è ancora solo un regalo da offrire ai migliori clienti. In seguito, con un decreto reale che autorizza il trasporto dei vini in bottiglia, si aprono nuovi orizzonti e lo Champagne, rimasto confinato nella sua regione di produzione in quanto era impossibile trasportarlo con le botti, vive l’inizio della sua epica storia. Il successo di Ruinart è tale che sei anni dopo, nel 1735, il commercio dello Champagne diventa l’unica attività della Maison.
Una delle chiavi del successo di Ruinart è sempre stata lo spirito innovativo che ha caratterizzato tutte le generazioni che si sono succedute alla guida della Maison. Quando il 5 luglio del 2015 le “Vigne, Maison e Cantine della Champagne” sono entrate a far parte della prestigiosa lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nella categoria “Paesaggi Culturali” a Frédéric Dufour, Presidente della Maison Ruinart, sarà certamente venuta in mente la lungimiranza della figura di Claude Ruinart, che decise nel 1768 di acquistare 8 chilometri di crayères, le famose cave di gesso anticamente utilizzate per la costruzione di Reims. Il luogo ideale a 38 metri di profondità per la fermentazione e la maturazione dello Champagne. Ma anche uno dei luoghi più affascinanti dell’intera regione, un’opera d’arte vera e propria.
Il presente
Oggi la Maison Ruinart è uno dei fiori all’occhiello del gruppo LVMH. Al vertice, dal 2007, Frédéric Panaïotis, chef de cave appassionato, perfezionista, dotato di una straordinaria conoscenza e di una capacità comunicativa non comune.
La sua ossessione ha un nome ben preciso: Chardonnay. Tutto gira intorno al concetto di purezza, piacevolezza, freschezza e luminosità. Quattro punti cardinali attorno ai quali si dipana, ogni anno, l’arte dell’assemblaggio di Panaïotis, alla perpetua ricerca della declinazione perfetta di questo straordinario vitigno.
Ogni etichetta di Ruinart (R, Blanc de Blancs, Rosé o Dom) è un incrocio di materialità e sensibilità, la Weltanschauung del mondo di Frédéric Panaïotis.
La degustazione
Ruinart Blanc de Blancs
Partiamo da uno dei figli prediletti della Maison, il Blanc de Blancs. E’ frutto di un assemblaggio di Chardonnay annata 2012 con un 26% di vini di riserva 2011 e 2010. La predominanza di Premiers Crus della Côte des Blancs e della Montagne de Reims dona finezza aromatica, ma la morbidezza, senza eccedere in zuccheri, è donata dai vini dello Sézannais. Ci sono anche alcuni vini del nord della valle della Vesle, che conferiscono un tocco di freschezza e leggerezza.
Aromi agrumati e di frutta bianca esaltano la vivacità di uno champagne dotato di una piacevolezza estrema. Fiori di sambuco si alternano a note tostate, in una beva in cui è difficile individuare il momento per dire “basta così”.
Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004
Dall’identità allo stile. Dom Ruinart 2004 nasce esclusivamente da Grand Cru di Chardonnay (69% provenienti dalla Côte des Blancs come Chouilly, Le Mesnil e Avize, mentre il 31% dal versante nord della Montagne de Reims in particolare Sillery e Puisieulx. La cuvée exceptionnelle della Maison è l’emblema del lavoro di Panaïotis: raffinato, minerale, esemplare per acidità e linearità. Lungo e profondo come le Crayères in cui ha riposato per anni, il 2004 tra note di miele d’acacia, pompelmo e aromi tostati ci ricorda un grande Chablis.
Ruinart Rosé
L’altra faccia del gusto Ruinart. Il Rosé nasce da un assemblaggio di Chardonnay (45%) e Pinot Noir (55%). Come per il BdB uve che provengono in maggioranza da Premiers Crus, con l’apporto di un 25% di vini di riserva delle due annate precedenti.
Attacco conturbante di piccoli frutti rossi, in particolare lampone e fragolina di bosco. Strepitosa rotondità e soprattutto bevibilità.
Dom Ruinart Rosé 2002
L’altra cuvée eccezionale della Maison Ruinart: l’anima è Chardonnay (80%) proveniente da Grand Cru della Côte des Blancs (Avize, Cramant, Le Mesnil-sur-Oger) e dalla Montagne de Reims (Sillery, Puisieulx). Il 20% di Pinot Nero parla il dialetto di Verzenay e Sillery.
Un vino maschile, di eccezionale nettezza e integrità: intenso e suadente, con i suoi aromi di viola. Dimostra una maturità e un’identità ben connotata, ma fa presagire un futuro in cui svilupperà caratteri e peculiarità. E per dimostrarcelo ecco che Frédéric cala un asso fuori programma: Dom Ruinart Rosé 1996, ancora indenne dal tempo che passa, di una freschezza spaventosa, zucchero e acidità perfettamente bilanciate, aromi floreali e un orto di erbe aromatiche che ti stregano all’olfatto.
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