di Adele Elisabetta Granieri
Avevo già sentito parlare di René Collard, della sua passione per il Meunier e della sua inestimabile collezione di vecchie annate, tale da poterlo definire “l’antiquario dello champagne”. René, scomparso nel 2009, è stato un vigneron ante litteram, limitando naturalmente le rese e riducendo al minimo i trattamenti, senza l’utilizzo di chimica. 7 ettari di vigneto di famiglia tra Reuilly e Damery, piantati esclusivamente a Meunier. Tratto distintivo, la vinificazione in botti di rovere da 600 litri, senza svolgere fermentazione malolattica.
Alcuni dei capolavori di Roi René sopravvivono ancora in qualche cantina di collezionisti e appassionati e imbattersi in una delle sue bottiglie è una fortuna incommensurabile.
Ebbene, un piovoso pomeriggio champenois mi trovo in visita da Rémy-Collard a Villers-sous-Chantillon. Fabrice Rémy e sua moglie Sophie hanno da qualche anno creato il loro marchio, mettendo insieme i loro nomi e il loro savoir-faire. Una bella cantina fornita delle attrezzature più moderne ed una sala di degustazione appena ultimata non lasciano minimamente presagire quello che si sta per rivelare ai miei occhi: Fabrice apre una porta e con mio sommo stupore mi ritrovo in una stanza tappezzata di bottiglie catalogate dal 1943 in poi. Ecco che tutto torna: Sophie è la nipote di René Collard e ha raccolto parte dell’eredità del nonno.
Assaggiamo alla cieca 3 bottiglie della collezione, tutte – ça va sans dire – a base di Pinot Meunier in purezza.
Brut Rosé 1964: Il colore è un bel rosa cipolla ancora intenso, a cui avrei attribuito al massimo una ventina d’anni. Al naso le note evolutive sono evidenti, ma non celano i freschi sentori di foglia di pomodoro, frutti rossi e pepe bianco. In bocca è incredibilmente fresco, il perlage è a punta di spillo, forse non troppo abbondante, ma di persistenza stupefacente. Non abbiamo notizie sulla data di sboccatura.
Brut Rosé 1976: Il colore qui è addirittura brillante. Il perlage non presenta alcun segno di cedimento: colonnine puntiformi serrate percorrono il calice incessantemente. Memore del miracolo precedente, gli darei come data di nascita gli anni ’90. Profuma di pomodoro confit, salvia, geranio, e mentuccia. In bocca è un adolescente: il sorso è incredibilmente fresco e verticale, di intensità e lunghezza da far paura. Succoso e complesso, come i grandi Meunier.
Anche qui non abbiamo notizie sulla data esatta di sboccatura, ma una medaglia d’oro vinta a Chicago nel 1999 ci fa risalire con certezza ad una data antecedente a quella del premio.
Carte d’Or 1976: Si è tinto di una bella foglia d’oro, con qualche accenno di ambra, ma brilla di vitalità. Il perlage, leggermente diradato rispetto a quello del coetaneo rosé, è in fervore costante.
Si apre al naso con una leggera nota ossidativa, che mano a mano si affievolisce lasciando spazio a profumi di frutta secca, mela cotogna, pane e burro ed un’intensa nota di gesso. Il sorso è incisivo, con le note calde perfettamente sostenute da un’acidità ancora integra.
Anche qui, nessuna indicazione sulla data di sboccatura, ma alla fine poco ci importa quando si assaggia un pezzo di storia.
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