Un marchio riconoscibile, un profumo familiare, un dosaggio gradevole, un prezzo adeguato.
Il consumatore medio di Champagne sostanzialmente cerca questo.
Ma cerca anche la griffe, per giustificare a se stesso la spesa per un prodotto inteso come bene di lusso effimero ed edonistico.
E le grandi maison di Champagne questo hanno realizzato, un vino quanto più inalterato possibile nel tempo, un gusto internazionale costante. Tutti gli anni uguali, tutti i lotti uguali.
Ma come è possibile fare ciò in una regione dove il clima è tra i più imprevedibili d’Europa e le vendemmie migliori, quelle millesimabili, possono anche scendere a 4 o 5 per decennio?
Si, si può fare avendo un grandissimo stock di vini di riserva di diverse annate. Poi lo chef de cave con i suoi collaboratori formeranno la cuvèe, la doseranno come gradisce un certo mercato (perché si può fare diverso per ogni mercato) e alla fine della lavorazione consegneranno un prodotto riconoscibile, che sia il più possibile aderente allo stile in cui la maison ha deciso di specchiarsi. E ne metteranno in commercio milioni bottiglie, tutte uguali .
Ecco, a me questi Champagne non piacciono.
Con la doverosa eccezione che fa di nome Krug, secondo me questi Champagne clonati non hanno molto da dire all’appassionato.
Saranno quindi produzioni più limitate e con tutti i limiti ed i pregi di un terreno, di un uvaggio, di un monovitigno e di una annata a caratterizzare i veri Champagne d’autore, come lo sono certamente quelli di Egly Ouriet.
Ad Ambonnay, dove il clima permette una buona maturazione del Pinot Noir, forse il luogo più nordico d’Europa insieme a Irancy, gli stock Egly Ouriet di vini di vecchie annate assumono un senso diverso, il senso dell’invecchiamento dei vini sui lieviti.
Prendendo in mano una bottiglia millesimata di Egly Ouriet e leggendo attentamente l’etichetta si viene informati di dettagli che quasi nessun produttore di Champagne comunica, e cioè il tempo di invecchiamento del vino sui lieviti e la data nella quale è avvenuto lo sboccamento.
Ciò è interessante per capire già prima di stappare una bottiglia a cosa si va incontro.
L’evoluzione del vino, nel momento in cui si va a interrompere il suo percorso per versarlo in un bicchiere.
Tra i mille motivi per cui la produzione di Francis Egly può essere considerata straordinaria c’è proprio anche quella meno probabile in Champagne: la regolarità. Non ricordo nulla di sottotono a partire dal 1996, prima non lo conoscevo.
Questo raffinato artigiano del pinot nero, ha prodotto sempre ottimi champagne dal naso inconfondibile di piccoli frutti rossi e dalla sapidità che fa salivare come un bulldog, Egly si è cimentato con eccellenti risultati anche sul pinot meunier, normalmente aggiunto nelle cuvèe in minima percentuale per dare morbidezza, qui invece entra da monovitigno con un risultato veramente sorprendente.
E siccome qui non è quasi nulla come altrove, ecco addirittura un Coteaux Champenois che nelle buone annate , e lo scrivo senza aspettarmi smentite, è il miglior pinot noir prodotto fuori dalla Borgogna . Sto parlando di un vino rosso fermo, vinificato e affinato con l’aiuto del mitico Dominique Laurent, il negociant haut couture di Borgogna.
In annate come il 2002 o il 2005, alla cieca, questo potrebbe far saltare il banco anche in presenza di presunti mostri sacri della Cote de Nuits. Un vino senza rivali nella Champagne.
Ma non dimentichiamoci dei due ettari di Chardonnay, che contribuiscono a donare acidità , complessità e carattere alle diverse cuvèe, salvo appunto i due monovitigni di Vrigny e Les Crayeres, e ovviamente al Coteaux Champenois
Le dichiarate 100.000 bottiglie messe in vendita ogni anno sono un numero ridicolo per i parametri di quelle zone, ma nonostante la relativa esclusività i prezzi sono più che congrui, anzi, a volte capita di rimanere piacevolmente sorpresi. In qualche carta di ristorante, può accadere che qualche vecchio Egly Ouriet sia rimasto abbandonato a se stesso a causa della superficialità di un qualche sommelier che non ha saputo consigliare la clientela abitudinaria a provare qualche cosa di diverso.
Fortunatamente è successo anche a me, ritrovando a distanza di anni le medesime bottiglie che avevo consigliato per l’acquisto, ma che i sommelier non hanno minimamente considerato, e la clientela neanche.
E qui ritorniamo all’inizio. Chi beve Champagne si affeziona al suo marchio e vuole essere rassicurato dal suo marchio, come un family feeling riuscito, come quelli che se non c’è il coccodrillo quella maglietta non la comprano.
No, chi beve Egly Ouriet non può essere una persona così banale!
E infine, per gli amanti delle schede tecniche, eccole in dettaglio, prese pari pari dal sito dell’importatore italiano Pepi Mongiardino
Brut Tradition – Grand Cru
75% Pinot Noir e 25% Chardonnay, di cui circa il 50% con vini di riserva.
Fermentazione naturale senza lieviti aggiunti, si utilizzano solo lieviti indigeni. Primo élevage sui lieviti che dura circa un anno senza bruciare le tappe; il vino si chiarifica lentamente come si faceva 50 anni fa. Messa in bottiglia senza filtraggio nè collatura.
Les Vignes de Vrigny – 100% Pinot Meunier
100% Pinot Meunier, di cui il 20% con vini di riserva. Sempre gli stessi processi di vinificazione, ma l’originalità di questa cuvée proviene dal fatto che è composta unicamente da Pinot Meunier di vecchie vigne (non c’è dunque assemblaggio con altri vitigni). L’uva proviene esclusivamente dai vigneti di Vrigny, comune classificato Premier Cru dal 2003. Dosage di 4g per litro.
V.P. – Grand Cru – Extra Brut
60% Pinot Noir e 40% Chardonnay, di cui 50% con vini di riserva.
La capacità dei Grand Cru di invecchiare bene non è più un fatto da dimostrare, ma il nostro gusto personale e lo stile della Maison ci incitano a continuare in questa direzione. Questa cuvée, dopo 6 o 7 anni di invecchiamento in cantina, esprime tutta la sua potenza e la sua eleganza con un dosage praticamente inesistente.
Blanc de Noirs Grand Cru – Vieilles Vignes «Les Crayères»
Vigna di puro Pinot Noir piantata nel 1947 su un terreno eccezionale, chiamato “les crayères”, dove la terra è di soli 30 centimetri al di sopra della craie, che in quel luogo è profonda decine di metri.
Vinificato al 100% in fusti. La vigna è fortemente radicata nella craie; fa risaltare note di frutti rossi grazie alla concentrazione ed alla maturità dei vecchi Pinot ed una certa mineralità “crayense” che dona eleganza al vino ed un grosso potenziale all’invecchiamento.
Brut Grand Cru Millésime – Millesimato
70% Pinot Noir e 30% Chardonnay, con vigne situate unicamente sul terreno di Ambonnay. Fermentazione naturale senza lieviti aggiunti, si utilizzano solo lieviti indigeni. Primo élevage sui lieviti per circa un anno senza bruciare le tappe; il vino si chiarifica lentamente come si faceva 50 anni fa. Messa in bottiglia senza filtraggio né collatura.
Brut Rosé Grand Cru
60% Pinot Noir e 40% Chardonnay. Fermentazione naturale senza lieviti aggiunti, si utilizzano solo lieviti indigeni. Primo élevage sui lieviti per circa un anno senza bruciare le tappe; il vino si chiarifica lentamente come si faceva 50 anni fa. Messa in bottiglia senza filtraggio né collatura.
Ambonnay Rouge – A.O.C. Coteaux Champenois
100 % Pinot Noir. Produzione limitata a tre vecchie vigne di fine Pinot Noir. Affinamento in botti da 18 a 22 mesi, secondo i consigli di Dominique Laurent. Non filtrato, imbottigliato a mano.
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