Uva: casavecchia
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
C’è un filo conduttore che lega tutti i rossi di Moio, ed è l’ossessione per l’eleganza dei tannini. La formazione a Bordeaux ha lasciato un segno preciso, e che cioé bere un vinodeve produrre solo piacere. Dietro questa impostazione c’è dunque una avversione a chi teorizza i vini naturali, ma anche a qualsiasi tipo di giustificazionismo di crepe gustative o insufficienze. Ancora di più verso chi teorizza la tipicità dietro puzze e ossidazioni.
Per poter far prevalere il suo punto di vista Moio ha però bisogno anche di tempo, perché i suoi vini nel corso degli anni diventano davvero difficili da superare. Un esempio è il Casavecchia, vitigno non aulico, lanciato con determinazione da Manuela Piancastelli e Peppe Mancini.
Proviamo per errore (al suo posto doveva esserci Le Sérole) il 2005 alla serata organizzata al Cieddi da Marina Alaimo su questo millesimo. Una bevuta vera tra produttori e appassionati supportata da un’ottima genovese.
Quello che ci colpisce di questo rosso non è tanto la giovinezza sensoriale, ormai la dobbiamo dare per scontata in quasi tutti i vini campani, quanto la perfezione raggiunta tra le diverse componenti. Una freschezza non preponderante, il frutto ancora pieno e maturo, i primi rimandi terziari ancora sotto traccia, il caldo dell’alcol, la lunghezza e la pulizia della chiusura finale che riportano immediatamente alla beva.
Insomma, un grande bel vino da poter stappare in qualsiasi situazione. Il compenso agli enormi sacrifici portati avanti da Manuela e Peppe in questi anni, più forti di qualsiasi avversità. Sono convinto che i loro siano vini da collezione, ogni volta che ne stappo qualcuno invecchiato ne traggo grande giovamento fisico.
E questa beva rossa dopo una cavalcata bianca è stato un bel suggello all’unico tipo di serate a cui voglio ormai sottopormi in base al principio dell’antico detto napoletano: fattela con chi è meglio di te e pagaci le spese:-)
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