Ma quanto vive il Casavecchia? Pensavo di avere una risposta stappando il Primo Maggio su un bel capretto del monte Cervati la prima annata prodotta da Terre del Principe, ossia la 2003 ma non ho avuto risposta. C’erano note di surmaturazione dovute sia al protocollo di vinificazione che al millesimo terribilmente caldo, ma la freschezza e la tonicità della beva non erano minimamente messe in discussioni da questi fattori, anzi. Il colore del rosso ottenuto dallo storico vitigno dell’Alto Casertano dell’area di Pontelatone era di un rubino vino e senza cedimenti mattonati. Idem la beva, segnata da una deliziosa sensazione di frutta ben matura e da un tono sapido e molto pulito e preciso nel finale. Insomma, davvero un grande vino. Quando dunque può ancora vivere un vino che dopo 15 anni è come se fosse stato imbottigliato ieri? Ai posteri l’ardua sentenza.
Scheda del 26 dicembre 2016. Adoro passare il mio Natale con i vini di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini. Una coppia straordinaria che ha davvero fatto tanto per il vino campano. Lei bellissima, determinata, pugno d’acciaio in guanto di velluto, femminile e leader naturale. Lui sornione, pronto all’ascolto, ricco di passione e di intelligenza. Stavolta il protagonista non è stato un vecchio Le Serole come negli ultimi anni, o forse si, dopo che avrò scritto questa scheda perché sono ancora le otto di sera e ho voglia di sbarazzarmi del cibo. Stavolta il protagonista è il Centomoggia 2003.
Ora dovete sapere che una delle cose che mi piace da matti è la ricchezza mnemonica di questo blog, praticamente non c’è vino del Sud che non sia stato recensito ed è bellissimo rileggere a distanza di anni le schede. Come in questo caso, erano dodici anni che non scrivevo di Centomoggia 2003. Oddio, si era pur fatta una verticale nel 2009, ma adesso ero proprio curioso di vedere come sarebbe andata a finire con questa annata opulenta e calda al naso e freschissima al palto. Anche perché se per il Taurasi Mastroberardino rappresenta la nostra biblioteca storica, per il Casavecchia abbiamo i nostri due amici.
Dobbiamo dire che il gusto di Manuela e il mio sono abbastanza opposti, a lei piace il barocco, a me il romanico. Ma sono sicuro che di questa 2003, ancora ricco e dolce al naso come piace a lei, fresco e tagliente in bocca, quasi sottile, come piace a me, ci avrebbe messo d’accordo.
La lezioncina è la solita. Si tratta di vini eterni, che sicuramente ci sopravviveranno se ben tenuti. Il Centomoggia è un vino elegante, dai tannini setosi ma ben presenti, efficace sul capretto natalizio.
Ora l’avventura di Terre del Principe continua con la decrescita felice, il 2017 sarà un anno di transizione concentrati solo sui top wine. E io non posso che augurare a questi due miei straordinari amici tutta la fortuna che la conoscenza di un vino può dare a una cantina. Evviva!
Scheda del 1 aprile 2004. Confessiamo di essere raramente colpiti dai rossi, soprattutto negli ultimi cinque anni si tratta di vini che, più di ogni altra tipologia, sono stati piallatti dalla presunta esistenza di un gusto internazionale molto discutibile e dal quale finalmente sembra si stia uscendo. Chiaro, sono utili per pareggiare i conti e magari guadagnare. Così la scarsa esperienza enologica ha creato alcuni capolavori e molti mostri mentre nella fascia medio bassa le aziende si disimpegnano limitandosi alla correttezza dela vinificazione. Bene, era dall’assaggio dell’Aglianico del Vulture di Basilisco che non riuscivamo ad appassionarci tanto come con questo Casavecchia. Non abbiamo difficoltà a dire che nell’interpretazione di Luigi Moio abbiamo sempre preferito il Pallagrello Nero nonostante la critica specializzata sia stata orientata piuttosto sul Casavecchia. Il misterioso vitigno casertano le cui marze sono state riproposte dopo la loro scoperta avvenuta in una antica masseria romana a Pontelatone ha sicuramente una struttura più robusta, la finezza e l’eleganza appaiono più difficili da trovare. Cotarella nel Trebulanum di Alois ha per esempio puntato sulla complessità e la potenza olfattiva, il bicchiere in questo caso impressiona prima di piacere. Il Casavecchia di Terre del Principe anzitutto è un capolavoro di pulizia olfattiva di solito raro da riscontrare nei rossi campani: il naso percepisce tutti gli odori in maniera ben distinta, a cominciare da quello, sicuramente preponderante, di china, per continuare con sentori di concia, un po’ di tabacco, un po’ di mentolato, note balsamiche. In bocca il vino conferma questa eleganza con una morbidezza non paciosa, sostenuta da una buona freschezza di fondo, dall’alcol non esuberante, e dal corpo. Sia al naso che in bocca l’intensità e la persistenza sono semplicemente bibliche. Non sappiamo naturalmente l’evoluzione possibile perchè confessiamo di non conoscere bene il vitigno: una prova di un 2000 ha mostrato un bicchiere le cui prospettive erano solo quelle di ripiegarsi, ma con questi vini non c’è comunque esperienza sufficiente per sbilanciarsi. Il risultato in cantina dimostra comunque le grandi potenzialità dei nuovi vitigni casertani diventati terribilmente trendy dopo il successo di critica e di mercato. Il 2003, annata difficile, siccitosa, in genere si presenta in bottiglia carica di frutta matura, a volte già cotta, ma in questo caso non si ha assolutamente idea che le cose in campagna siano state così complicate, il Centomoggia non disvela le ansie di Peppe, Manuela e Masina di quell’anno così complicato. Abbinamenti difficili, i vini di Moio interpretano il territorio in maniera spesso sofferta, concettuale, scientifica, il suo cammino è la ricerca delle perfezione, l’ossessione di realizzare qualcosa di ben preciso che ha già in testa quando l’uva è ancora sulla pianta. Del resto il Centomoggia è talmente un capolavoro da dover essere bevuto in meditazione.
Sede a Castel Campagnano, contrada Mascioni
Tel.335.5878791
Sito: http://www.terredelprincipe.com
Email: terredelprincipe@libero.it
Enologo: Luigi Moio
Bottiglie prodotte: 16.000
Ettari: 3 di proprietà e 7 in affitto
Vitigni: pallagrello bianco, pallegrello nero e casavecchia
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