VILLA MATILDE
UvA: abbuoto, primitivo (45%) , piedirosso (20%)
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
PUNTEGGIO: 88 (Alla vista: 5/5 – Al naso: 25/30 – Al palato: 25/30 – Non omologazione 30/35)
La storia abita qui e viene da lontano. Francesco Paolo Avallone, avvocato e cultore di vini antichi, intorno agli anni ’60 decise che avrebbe tentato di fare rivivere il mito del leggendario e famoso Falerno, vino ardens e fortis, come lo definì Plinio. Con l’aiuto di alcuni ricercatori della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, egli avviò un progetto per l’individuazione delle caratteristiche ampelografiche delle uve utilizzate in epoca Romana per produrre questo vino.
Così, dopo qualche tempo, furono selezionate 20 piantine che erano scampate miracolosamente alla devastazione della fillossera e che avevano esattamente i requisiti richiesti: 10 di Aglianico, 5 di Piedirosso e 5 di Falanghina. Dopo un paziente lavoro di riproduzione, furono impiantati i primi ceppi originali nelle terre casertane del Massico, l’antico Ager Falernus. Così ha inizio la storia dell’azienda Villa Matilde, dedicata alla moglie dell’avvocato Avallone e attualmente condotta in perfetta simbiosi dai figli Maria Ida e Salvatore, con dedizione assoluta e nel rispetto della tradizione e del territorio. Essi, dopo il consolidamento delle primitive proprietà di famiglia posizionate nell’Alto Casertano nei pressi del vulcano spento di Roccamonfina, negli anni ’90 si sono estesi anche nelle province di Avellino e Benevento, con l’acquisizione delle Tenute Altavilla e Rocca dei Leoni, che hanno portato ad una superficie vitata complessiva di 130 ettari, oltre a quattro ettari destinati ad uliveto, per la produzione di un olio superlativo.
Il cuore aziendale di Villa Matilde è situato nel territorio di Cellole. Su queste morbide ed assolate colline si estendono le Tenute di San Castrese e Parco Nuovo per oltre 110 ettari di superficie, in un terreno in cui si mescolano note minerali, dovute alla natura vulcanica, e note marine e salmastre in un delicato equilibrio. La catena montuosa posizionata alle spalle della vasta proprietà, poi, protegge i vigneti dalle aggressioni esterne e crea un favorevole microclima, per l’allevamento di Aglianico, Piedirosso, Primitivo, Abbuoto e Falanghina. Il centro aziendale è anche aperto agli enoturisti, con visite guidate in vigna e in cantina, con degustazioni e pranzi di cultura contadina. Inoltre, una piccola foresteria, composta di sei stanze con vista sui vigneti, può accogliere i turisti interessati. Villa Matilde, poi, ha anche avviato un progetto integrato per la salvaguardia dell’ambiente, aderendo al piano dell’anno “Internazionale del Pianeta Terra 2009” teso a favorire una produzione sostenibile in armonia con la natura.
Il vino oggetto della mia degustazione, non appartiene alle famose e premiate bottiglie Caracci o Camarato, oppure alle altrettanto importanti etichette Falerno del Massico rosso e bianco, Falanghina, Eleusi, Aglianico, Terre Cerase, Greco di Tufo, Fiano di Avellino o Taurasi, che soddisfano appieno ogni sorta di richiesta di mercato, ma bensì ad un altro vino dal nome storico: Cècubo, un blend di Abbuoto, Primitivo e Piedirosso in proporzione variabile. Nell’antichità questo vino era conosciuto come il “bere del cieco” da caecus (cieco) e bibeo (bevo) e si riferiva alla bevanda preferita da Appio Claudio Cieco. Lo stesso Plinio il Vecchio classificò questo vino “antea coecubum postea falernum”, ritenendolo, quindi, molto simile al Falerno. Anche Orazio e Columella ne parlano con toni entusiastici.
Il terreno presenta una composizione vulcanica, con una buona dotazione di fosforo e potassio. I vigneti sono posizionati ad un’altezza di 150 metri s.l.m. Il sistema di allevamento è a Guyot. La vendemmia varia dalla fine di agosto al principio di settembre per il Primitivo e alla seconda decade di ottobre per l’Abbuoto e il Piedirosso. Le uve raccolte e selezionate a mano vengono pigiate delicatamente. Il mosto così ottenuto fermenta insieme alle sue vinacce in acciaio e poi si sviluppa la malolattica che si svolge in botti piccole. L’affinamento avviene in barriques di rovere di Allier per 12 mesi, nuove per un terzo, per poi completarsi per alcuni mesi in bottiglia. La gradazione alcolica arriva a 13,5. Il cromatismo rivela un rosso rubino cupo, con lampi granati. Al naso salgono effluvi di piccoli frutti del sottobosco, come more e ribes, accompagnati da profumi terziari di vaniglia, spezie e boisé e poi prugne, liquirizia e tabacco. In bocca ritornano con piacevolezza i sentori di frutta già percepiti al naso, con grande ricchezza di sapori, una buona struttura e un retrogusto molto persistente. Un vino, quindi, tutto particolare, complessivamente intenso, longevo e di ottimo equilibrio, da servire alla temperatura di 16-18° e da spendere su carni elaborate, selvaggina, formaggi stagionati, brasati e stufati. Gran bel bere!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede Cellole (Ce) – S.S. Domitiana, 18 – Tel. 0823/932088 – Fax 0823/932134 – e-mail info@villamatilde.it – www.villamatilde.it – Enologo: Fabio Gennarelli con la consulenza di Riccardo Cotarella – Ettari vitati:130 – Bottiglie prodotte: 700.000 – Vitigni: Aglianico, Piedirosso, Primitivo, Abbuoto, Falanghina, Greco di Tufo e Fiano di Avellino.
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