di Francesco Raguni
La città di Catania – grazie anche all’ascesa dell’Etna come terroir d’elezione nel mondo del vino – sta diventando un luogo dove i ritrovi per gli appassionati in materia aumentano sensibilmente. C’è più sensibilizzazione e cultura in materia, e così – in alcuni locali – non si chiede più un semplice calice di rosso o bianco che sia, ma si ricerca un determinato vitigno o produttore, segno che ciò che beviamo ci racconta e ci lascia qualcosa che, a sua volta, inevitabilmente, proveremo a ricercare altrove, laddove questi abbia effettivamente conquistato il nostro cuore.
Ed è anche grazie a questo moto che vecchie zone della città acquistano nuova linfa vitale, riuscendo a rinnovarsi e a proporsi come un punto di ritrovo per chi, attratto dal mondo del vino, vuole sedersi intorno a un tavolo e provare ad esplorarlo. Uno di questi punti si trova nel quartiere Civita, situato nella zona sudorientale della città etnea. Un tempo chiamata “Civitas”, la zona rappresentava uno dei quattro nuclei autosufficienti della Katane pagana. Nei secoli emiri e imperatori ne hanno calpestato le pavimentazioni, tuttavia pestilenze, terremoti e bombardamenti ne hanno lentamente logorato l’anima. Questa “decadenza” ha subito una battuta d’arresto solamente all’alba del nuovo millennio, dove pian piano la città ha iniziato un processo di riqualificazione della zona.
La storia di Valerio
Proprio qui sorge oggi l’omonima enoteca Civita, locale dove – al chiuso o all’aperto -si può degustare un’ampia offerta di vini, guidati dal loro sommelier, Valerio Brunetto. Abbiamo così scelto di fare quattro chiacchiere con lui, partendo dall’amore che tutto muove, un amore che nasce fin da piccolo grazie al padre. “La mia passione per il vino nasce da una combinazione di fattori culturali, esperienziali e sensoriali. Un primo imprinting viene dalla mia famiglia dove grazie a mio padre, veneto trasferito in Sicilia, ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente che valorizzava la cultura del buon cibo e del bere consapevole, dove – prosegue – il vino non era semplicemente un accompagnamento ai pasti. Ancora oggi i pranzi in famiglia sono occasioni per improbabili bevute alla cieca”.
Poi il momento di andare oltre: “Col passare degli anni, la mia passione si è ulteriormente arricchita grazie a viaggi in note regioni vinicole, dove ho potuto apprezzare la varietà e la complessità del vino direttamente alla fonte. Durante i primi anni di Università ho lavorato anche in un’azienda sull’Etna e da lì ho scelto di frequentare il corso AIS che mi ha portato a lavorare come sommelier a Londra e in Olanda”.
Eppure, in questo background, c’è un momento iconico che Valerio ha portato e porterà sempre con sé: “La folgorazione è arrivata durante una visita nel palmento di Vini di Anna dove stavano interrando enormi anfore di terracotta, i qvevry (o kvevri) georgiani. Ho ancora il ricordo emotivo (ed olfattivo) dei vini assaggiati dalle botti. Puri, leggeri e pieni di energia. Queste esperienze hanno trasformato la mia passione in una vera e propria vocazione, spingendomi a studiare e approfondire le mie conoscenze nel mondo dell’enologia”.
I suoi primi passi in questo mondo risalgono al 2009, sull’Etna. “Nel 2009, ho iniziato a lavorare in una cantina sull’ Etna e ricordo che si parlava del grande cambiamento che stava avvenendo nella viticoltura etnea, passando da una produzione basata sulla quantità a una più incentrata sulla qualità, con una maggiore attenzione ai versanti e alle contrade. Successivamente, trasferendomi in Inghilterra, ho scoperto un nuovo mondo con l’esplosione dei vini naturali, dei wine bar e delle wine fair”.
Nonostante Valerio fosse lontano da casa, i nomi del vino siciliano lo accompagnavano comunque, come un bagaglio da non abbandonare mai, anzi, da custodire gelosamente: “ho avuto modo di conoscere molti vini siciliani all’estero, come Marabino, Lamoresca, Barraco, Aldo Viola e Frank Cornelissen, vere e proprie rockstar all’estero. Oggi mi rendo conto che il nostro settore si sta preparando a un nuovo passo evolutivo: le sperimentazioni dei vignaioli naturali degli anni passati, orientate verso la ricerca di prodotti puri e privi di interferenze esterne, spesso non proprio “perfetti”, insieme alla crescente sofisticazione del gusto dei consumatori, hanno portato oggi a vini sempre più precisi, lineari e al tempo stesso ricchi di personalità”.
Il progetto Civita, carta dei vini e fonti d’ispirazione
Passiamo però ai giorni nostri e al progetto “Civita”: “per me rappresentava una nuova opportunità. Il momento in cui ho iniziato a lavorare in questo locale, situato in una zona in crescita della città, è coinciso con un cambiamento significativo nella mia vita personale, che mi ha portato nuovi stimoli e un rinnovato entusiasmo. Ogni bottiglia venduta ha per me un significato speciale, così come ogni scelta presente nella nostra carta dei vini. Mi piace poter interagire con i clienti, sia quelli curiosi che quelli meno esperti, sperando di regalare loro un’esperienza che li incuriosisca e appassioni sempre di più. In questo nuovo contesto, ho avuto l’opportunità di mettere in pratica le mie conoscenze nel mondo del vino, cercando di creare un’offerta variegata e interessante che soddisfi le esigenze e i gusti dei nostri clienti”.
Le bottiglie che Valerio seleziona si muovono tra grandi scaffali in legno, vetrate che danno sulla piazza e sfiziosi piatti d’accompagnamento. Il locale guarda con particolare attenzione non solo al territorio circostante, ma anche Oltralpe, alla Francia. Cosa c’è però dietro la carta dei vini di Civita? “Le ragioni che guidano la mia scelta dei vini sono molteplici. Preferisco prodotti che raccontano di territori, vitigni e persone, capaci di lasciare un ricordo duraturo nel bevitore. Per motivi di gusto personale, spesso ciò coincide con vini in cui non vengono utilizzati lieviti selezionati e la fermentazione quindi avviene spontaneamente. La nostra selezione di vini è molto variegata, con una particolare attenzione alle piccole produzioni di vignaioli siciliani e alle diverse regioni italiane. Inoltre, un focus particolare è dedicato alla Francia e non mancano vini provenienti più o meno da tutte le parti del mondo”.
Ci sono dei nomi, comunque, che per lui rappresentano dei capisaldi da cui non discostarsi mai: “Rimanendo in Sicilia, sicuramente il leggendario Vecchio Samperi e quindi Marco de Bartoli. La storia e la qualità di questi vini parlano da sole. Per me (e non mi spaventa dirlo) tra i migliori vini al mondo per complessità, potenza, profondità, eleganza ed unicità. Un vino che ogni siciliano dovrebbe conoscere e di cui dovrebbe andarne orgoglioso. Un altro produttore da citare è Salvo Foti, che ha dato e continua a dare un enorme contributo alla viticoltura etnea, contribuendo inoltre a dare un importante lascito letterario che documenta l’arte della viticoltura in Sicilia”.
Infine, uno sguardo alla Sicilia enoica odierna: “La Sicilia, con le sue produzioni di eccellente qualità, frutto di un terroir unico, caratterizzato da un clima mediterraneo e terreni fertili e variegati, è un vanto che il mondo oggi guarda con grande interesse. La presenza di antichi vitigni autoctoni rende i vini siciliani un vero tesoro, da Marsala a Pantelleria, dall’Etna a Faro Superiore, passando per le Eolie, Pachino, Agrigento e Alcamo giusto per citarne alcuni. Oltre ai nomi dei produttori storici che hanno segnato il nostro territorio, mi entusiasmano e seguo con grande attenzione e rispetto le nuove produzioni di vini naturali, che rappresentano una meravigliosa convergenza tra tradizione e innovazione. In questo fenomeno, che sta riscuotendo interesse a livello globale, la Sicilia si posiziona come un laboratorio a cielo aperto per la produzione di vini che esprimono al meglio l’essenza del territorio”.
Come ha avuto più volte modo di marcare in questa sede, Valerio nutre non solo grande fiducia, ma anche uno spiccato e genuino interesse verso il mondo dei vini naturali: “Produttori come Arianna Occhipinti, COS e Frank Cornelissen sono tra i pionieri e i nomi più noti, avendo dimostrato come sia possibile produrre vini di altissima qualità rispettando rigorosamente i principi della viticoltura naturale. Credo che questo grande interesse per i vini naturali in Sicilia non sia solo una moda, ma faccia parte di un movimento globale che cerca di riconnettersi con le pratiche agricole sostenibili e con la terra”.
“Da un punto di vista personale sento l’esigenza di poter dare anche io un contributo alla mia terra natia. Il motivo del mio ritorno in Sicilia, non a caso, è stato l’acquisto nel 2020 di un piccolo anfiteatro di muretti a secco abbandonato sull’Etna che, con non pochi sacrifici, sono riuscito a recuperare e a trasformare in vigneto. Oggi per me è una parte fondamentale della mia vita che preservo e custodisco con grande amore e dedizione. L’augurio, per questo 2024, è quello di iniziare la mia produzione!”, conclude raccontandoci del suo progetto.
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