di Pasquale Carlo
Piace ricordare il Primo Maggio, in questi tempi così segnati da una profonda crisi del mondo del lavoro, con un valido esempio di “imprenditoria” femminile, che si fa forte soprattutto di tradizione e passione.
E’ questo il caso de ‘La Matarca’, laboratorio di produzione dei rinomati “biscotti” di San Lorenzello, usando il termine più adatto – onorando anche la memoria di monsignor Nicola Vigliotti, lo storico locale che tanto a cui tanto deve la terra titernina – per un prodotto che ormai è noto come il “tarallo di San Lorenzello”. Biscotto perché, come avremo modo di vedere più avanti, viene cotto due volte.
‘La Matarca’ nasce nel 1999, all’ombra del monte Erbano, dalla determinazione di tre donne, allora poco più che ragazze: Adriana Luisa Riccio, Loredana Cofrancesco e Patrizia Lavorgna. Anche il nome, come l’attività stessa, la prendono in prestito dalla tradizione, identificando la piccola azienda con quel mobile che alla sommità presenta una vera e propria cassa (‘a matarca – la madia) che nei tempi passati serviva da ripostiglio delle cose buone (la parte inferiore, chiusa dalle ante) e soprattutto per impastare e custodire la cosa ancora più buona, il pane.
Da pochi mesi, con l’esigenza di ampliare il laboratorio e anche di posizionare l’attività in un luogo più a vista (lungo la strada che dal cuore della valle telesina conduce a Cerreto Sannita) Adriana e Loredana decidono di spostarsi a Castelvenere, proprio a confine con la terra laurentina.
Oggi come allora il prodotto principe che “sforna” il laboratorio è il biscotto (tarallo), ottenuto semplicemente da farina, olio extravergine di oliva, acqua, sale e lievito madre (con aggiunta di finocchietto nella variante più gustosa). Oggi, a differenza di ieri, l’impasto avviene meccanicamente e non più a mano. Resta comunque il fatto che parliamo di una fase di lavorazione particolarmente importante, in cui entra in gioco l’esperienza. Quotidianamente – ci spiegano le donne de ‘La Matarca’ – impastiamo lavoriamo 120 chilogrammi di impasto per i taralli. Si tratta di sei cicli di lavorazione di circa venti chili ognuno.
All’impasto segue la fase di lievitazione, altro momento in cui sale in cattedra l’esperienza, visto che parliamo della fase sicuramente più variabile a secondo della temperatura e delle condizioni del tempo. Terminata la lievitazione si passa alla lavorazione. La capacità delle donne sta nel tagliare i diversi filoncini che vengono preparati con l’impasto nella giusta dose per ottenere il tarallo. La produzione oggi è soprattutto di biscotti “lisci”, ma un tempo – quando tutto avveniva a mano, si praticava la pratica dell’intreccio, per dare la forma “classica” alla nostra idea di taralli.
Ottenuti i “dischi di pasta” si passa alla “prima cottura”, la fase della bollitura. I taralli vengono immersi in acqua bollente: ma attenzione, non deve cuocersi, deve solo scottarsi. Una pratica che serve non solo per la vista, donando lucidità al prodotto, ma soprattutto per il gioco di consistenza che il tarallo presenta in bocca. Altra fase importante, perché gli stessi vanno tolti dall’acqua pochi istanti dopo che emergono in superficie.
Dopo la bollitura i taralli vanno prontamente stesi sulle grate per il successivo passaggio in forno (a circa 200 gradi), con particolare attenzione da riservare all’intera fase di cottura. A questo punto il prodotto è pronto e può assumere il nome di “biscotto”.
Con lo stesso impasto si ottengono le pepite, piccoli tozzetti insaporiti nelle varianti al finocchietto, rosmarino o sesamo. Altro prodotto di tradizione sono le cosiddette “pastarelle della sposa”: devono il loro nome alla colorazione bianca che assumono in cottura e soprattutto al fatto che nei tempi antichi rappresentavano i “dolci” delle feste matrimoniali del luogo.
A completare l’offerta ci sono ovviamente le pizze con il pomodoro e a diversa farcitura e prodotti dolci, che aumentano e si tipicizzano soprattutto nei periodi delle feste. Da altre aziende del territorio giungono interessanti prodotti: il pane con patate di Cusano Mutri (Antichi Sapori), il miele (dalle aziende Melotta e Santopietro), i sottoli (prodotti da Masella, la stessa famiglia della già nota trattoria di Cerreto Sannita) e le classiche “barchette laurentine” del biscottificio Damiano, ottime da consumare leggermente bagnate condite con pomodoro fresco, olio extravergine di oliva, basilico, aglio ed un pizzico di sale. In questo preocesso di diversificazione si inserisce anche il piccolo allestimento a creazioni tipicamente matrimoniali e festive: la passione di una delle ragazze impiegate nel laboratorio che ha dato vita, tra l’altro, a dei simpatici e saporiti muffin che nell’idea ricalcano la tradizione delle “pastarelle della sposa”.
Non manca, poi, qualche buona bottiglia del territorio, a cominciare dalle varianti barbera di Anna Bosco e le bollicine di falanghina della Vinicola del Titerno. Un classico per far finire tutto a… tarallucci e vino.
La Matarca – Via San Tommaso (provinciale Telese-Cerreto), 36 – Castelvenere – Tel. 0824.900007
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