Quali auspici per il prossimo anno? Uno su tutti, che anche i contadini meridionali imparino finalmente a fare il vino come i vignerons francesi e piemontesi. Molettieri, Di Prisco, Perillo, Venditti, Rillo, Torre del Pagus, Terre Sannite: le aziende nate da mani capaci di lavorare la terra sono ancora davvero poche, eppure ciascuna provincia ha bisogno di questi presìdi, capaci più di ogni altra cosa di incoraggiare gli appassionati avidi di novità disposti a esplorare le campagne. Alcuni segnali positivi cominciano finalmente a spuntare di qui e di là, vogliamo ad esempio segnalare come sulle colline caiatine sta crescendo bene l’azienda Le Cantine di Hesperia della giovanissima Anna Della Porta, nel cuore di Castel Campagnano. Ad un pugno di chilometri Deucalione e Pirra, cioé Carmine e Claudia Piccirillo, appena due ettari di buon vigneto piantato sotto casa con lo sguardo rivolto al Taburno, ossia verso Sud. Nella piccola cantina tappezzata di barrique e vasche d’acciaio Carmine lavora con Angelo Pizzi, il primo enologo ad aver lavorato la falanghina beneventana, che aveva già preso in qualche modo le misure con pallagrello e casavecchia quando è nata la Vestini Campagnano. Le dimensioni sono per amatori, per intenditori, come quando nel 1995 apparve per la prima volta l’Aglianico di Molettieri all’Enoteca di Santa Lucia oggi chiusa: meno di mille bottiglie, adesso, per uno stupefacente Casavecchia dell’annata 2004, lavorata nell’ultima decade di ottobre al termine di una stagione giocata a rimpiattino con la pioggia che sta regalando bianchi molto interessanti in tutta la Campania. Il Casavecchia di Carmine e Angelo ha fatto capolino nel corso dell’Anteprima napoletana di Vitigno Italia ed è, dopo il Nero di Troia di Santa Lucia, il rosso che decisamente ci ha colpito di più: elegante, intenso, persistente, il frutto non esagerato, il legno ben dosato, di buon equilibrio con la freschezza e l’alcol poco sotto quota 14 senza infastidire. Lo abbiniamo a piatti di carne dove conta la cottura sopra ogni altra cosa, come il roast beef, oppure su caciocavalli silani di media stagionatura. Un piccolo grande vino, come del resto è anche il Pallagrello Nero della stessa azienda, da scoprire lungo la strada che da Caiazzo porta a Castel Campagnano planando sul crinale delle colline tra scenari bucolici sospesi nel tempo: potenza della rivoluzione vitivinicola, capace di cambiare il volto della campagna meridionale popolandola di giovani e di speranze. Come quelle che accompagnano la fine di un anno e annunciano il nuovo. Zeppo di autentici vignerons, cioé la degna cornice di cui hanno bisogno le grandi aziende.