Negli ultimi vent’ anni non ricordo più quanti articoli o recensioni ho scritto su Vissani (tanti, comunque … ). E ogni volta che mi approccio a farlo mi pongo sempre la stessa domanda: che diavolo scrivo questa volta? Che cosa mi posso inventare adesso? In tutti questi anni ho affrontato ogni possibile argomento dello scibile vissaniano: dalla perfezione stilistica alla polemica con la critica, dalla sovraesposizione mediatica dello Chef all’immancabile dicotomia tra cucina gourmand e cucina gourmet, fino a quel filone narrativo che ha caratterizzato quasi tutti i miei resoconti, ovvero il fatto che tutti parlano del Vissani uomo criticando il Vissani Ristorante ma, sostanzialmente, la maggior parte di coloro che lo fanno non ha mai messo piede a Baschi. Con le polemiche però, ora basta. Per una volta non voglio provocazioni, perché desidero raccontare di un posto magnifico, delicatamente appoggiato sulle rive di un lago che noi umbri amiamo tanto, nonostante sia nato per mano dell’uomo e non per grazia naturale. Arrivi, suoni il campanello, parcheggi e già ti aspettano sulla porta d’ingresso.
Varcata la soglia ti sorprende un profumo diffuso e penetrante, che sa di floridezza, di legni nobili, di stile e signorilità. Tutti sorridono, non in maniera grossolana, ma con il necessario rigore che è preteso in un posto del genere. Arriva Luca Vissani, il padrone di casa, mentre Giuseppe Vicario, maître da oltre 30 anni, incomincia con i primi incoraggianti assaggi.
“Ma non si saranno stufati di esibire ogni sera, da decenni, gli stessi gesti, le stesse cadenze, le stesse formule di cortesia?” penso tra me e me. Eppure Luca e Giuseppe non sembrano far trasparire alcuna stanchezza per le loro movenze liturgiche.
In fondo, una ragione c’è: Casa Vissani non è uno statico museo dell’arte culinaria, con i suoi capolavori appesi alle pareti e mai spostati neppure per privarli della polvere. Sembrerà assurdo ma ogni volta che ci vengo, qui le novità trabocca no: questa sera è la sala “rock”, con una mise en place più informale ma medesimo menù del ristorante; poi le nuove luci e i nuovi colori delle pareti della sala dessert; qualche arredo elegante che fa capolino all’improvviso e che non avevo notato subito. La novità più scontata e gradita è ovviamente il menù: in tanti anni di frequentazione da Vissani non ho mai mangiato lo stesso piatto per due volte (salvo che non lo richiedessi specificatamente).
La scelta di rinnovamento continuo è la diretta conseguenza della volontà di evitare quella noia mortale cui Gianfranco Vissani si sottoporrebbe se proponesse sempre le stesse pietanze: impossibile, la sua creatività, ma soprattutto la sua curiosità, lo impedisce.
E quindi via, anche questa volta, con una dozzina di assaggi sublimi, che arrivano spediti dalla cucina di Mori Shinichi (altra istituzione pluridecennale): materie prime nobilissime, cotture e temperature che sono un manuale di perfezione, come l’agnello o l’astice della mia cena e per i quali è decisamente impossibile pretendere cotture migliori di quelle proposte.
Poi la cifra stilistica di Vissani, la raffinatezza, quella della presentazione dei suoi piatti, quella di un tovagliato da grande maison, quella profusa in ogni boccone, tra l’ostentazione di sensazioni nette e penetranti tipiche di una cucina senza tempo e lo spaziare in un intreccio di adulanti provocazioni e memorabili certezze, che si rincorrono in un loop infinito.
Questa volta mi congedo da Casa Vissani con una sorprendente fiducia stampata sul volto. In futuro l’unico metodo narrativo che adotterò per raccontare questo grande ristorante sarà anche il più semplice possibile: affermare, con incontestabile onestà critica, quanto divinamente bene si può mangiare qui in Umbria, sulle rive dell’amato Lago di Corbara.
Per i dessert ci sarebbe voluto un altro articolo
Degustazione: 3 piatti a scelta (90 € ), 5 piatti (180 € ) e 9 piatti (250 € )
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