Cantine Matrone, arriva l’alberello sul Vesuvio

Pubblicato in: Cantine e Produttori di Vino
Andrea Matrone

Ha vendemmiato in Australia, Nuova Zelanda, Napa Valley dopo la laurea in Agraria a Portici e la specializzazione in Enologia a Firenze. Ora Andrea Matrone, 34 anni, è alla sua terza stagione a Boscotrecase, proprio nei luoghi dove la sua famiglia si è insediata da almeno un secolo e mezzo.
Segni generazionali: single, innamorato del Vesuvio, gli piace bere tutti i vini del mondo, parla perfettamente inglese, si confronta con i viticoltori della zona, da Maurizio Russo a Ciro Giordano alla famiglia Sorrentino con cui quasi confina. Il suo progetto? Vivere in mezzo alle vigne ad alberello di piedirosso che ha appena piantato sulla Montagna, la proprietà in contrada Ciaramella, sorvegliata dal Vesuvio.

L’alberello sul Vesuvio? Una scelta che significa triplicare i costi e quadruplicare la fatica rispetto alle vigne a spalliera, ma l’idea di Andrea è molto chiara e prende esempio dalla viticoltura dell’Etna: un territorio straordinario e unico al mondo merita una viticoltura estrema, biodinamica visto che le condizioni lo consentono.

Prima di girare il mondo Andrea è stato un po’ nel Cilento da Carminuccio Botti ad Agropoli, poi ad Avola in Sicilia. Infine la decisione di andare là dove c’erano sbocchi di lavoro concreti. Ha visto dunque le viticolture intensive e i sistemi per ottimizzare costi, fatica e l’incognita delle stagioni.

Cantine Matrone, la vigna adl alberello di piedirosso appena pianta nella zona Montagna

Poi la decisione di tornare a casa e la nascita, nel 2014, della cantina Matrone che lo vede in società con il cugino notaio, Francesco. Rivedere le pratiche dei contadini vesuviani con l’occhio di chi ha girato, provare i vini di Michele Perillo a Castelfranci, capire che non sempre la vite deve obbedire a criteri di risparmio di tempo e di produttività. Il tempo da valore alle cose e agli uomini che se ne impossessano.

E così la decisione di investire la sua vita alle falde di un vulcano che non perdona ma dal quale nessuno riesce ad allontanarsi veramente. In un canale lavico formato dalla eruzione del 1906, la Montagna, appunto, è fissato il futuro quartier generale.

Andrea è un Apache legge il terreno come noi cow boy non sapremmo mai fare. «La vedi quella ferita sul Vesuvio? Beh, per un motivo inspiegabile sappiamo che da un lato vengono meglio i bianchi, dall’altro i rossi». Che vitigni? Autoctoni naturalmente, ripiantati dopo vent’anni in poco più di quattro ettari sparsi in tre corpi. Nel principale, siamo a quota 280 metri circa, solo piedirosso ad alberello. Nella zona Cifelli, proprio sulla Panoramica con affaccio spettacolare su Capri e la Terra delle Sirene, prevalgono i bianchi, caprettone, falanghina, coda di volpe. Infine nel Bosco del Monaco, proprio sotto l’orribile ospedale di Boscotrecase, convivono rossi e bianchi. Andrea fa tutto da solo, lo aiuta Alì, baldo giovane del Burkina Faso con moglie e due figli nel paese di origine. La sua contraddizione? Non beve vino perché mussulmano. «Cerchiamo di far venire qui tutta la famiglia» dice Andrea.

Al momento la cantina è in via Tenente Luigi Rossi 16, in quel di Boscotrecase. Si tratta di una costruzione che si dalla nascita era destinata a questo scopo, la temperatura è costante, da un lato la linea di acciaio in cui fermentano sia i bianchi che i rossi, dall’altro le botti di legno grande dove viene affinato il Piedirosso. In tutto circa diecimila bottiglie.

L’obiettivo è chiaro: fare un vino di carattere, che rispecchi le caratteristiche del suolo vulcanico ricco di potassio che regala acidità e sapidità ai vini oltre che le note fumè, da idrocarburi, dopo un certo numero di anni.
Andrea ha studiato tanto, ma non fa il saputello: «Prima vedendo alcuni vigneti gestiti dai contadini li avrei direttamente espiantati, adesso cerco prima di capire perché hanno agito così e spesso non mancano delle sorprese. Il passato va sempre rispettato, c’è solo da imparare anche se non viviamo nella mitologia del vino del contadino».

I suoi vini hanno carattere, sono piacevoli e ben abbinabili. Più che il vulcano, la viticoltura deve temere l’uomo, gli animali che appiccano incendi estivi e quelli che costruiscono brutture o lasciano la spazzatura nei valloni. Per questo i produttori di vini vesuviani sono le vere sentinelle del territorio, un presidio di legalità e di etica in un territorio straordinario che aveva perso fiducia in se stesso.

Cantine Matrone a Boscotrecase
Via Tenente Luigi Rossi, 16
Tel. 3392841451
www.catinematrone.it
Ettari: 4,5 divisi in tre cirpi
Vitigni: piedirosso, sciascinoso, aglianico, caprettone, coda di volpe, falanghina
Bottiglie prodotte: 10mila


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