di Mimmo Gagliardi
Chissà perché le mie visite ai fratelli Mirabella finiscono sempre con una bella tavolata tra i filari. Ma andiamo con ordine: il Lago d’Averno è uno dei cinque laghi dell’area flegrea, formatosi in uno dei crateri dei tanti vulcani spenti di cui è disseminato questo meraviglioso lembo di terra campana.
Da millenni questo specchio d’acqua salata è avvolto in un’aura di mistero, frutto dei numerosi racconti tramandatisi sin dall’epoca del mito greco, passando dall’epoca romana e Dante, fino a giungere ai giorni nostri. La leggenda narra che qui, presso le sue rive, vi fosse ubicata la porta degli inferi, l’accesso al regno dell’Ade, ipotesi ripresa da Virgilio prima e mutuata poi da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia: Plutone rapì in Sicilia la bellissima Proserpina e la condusse, attraverso il lago, nel regno dei morti dove divenne regina dell’Ade.
Il lago era anche un crocevia di installazioni militari. Infatti qui i romani costruirono un canale di collegamento diretto dal mare e vi ammassavano le navi da guerra per difenderle dalle mareggiate invernali e dagli attacchi dei nemici. Di questo canale, oggi parzialmente ricoperto dalla sede stradale, è visibile una piccola porzione ancora funzionante al lato della via. I romani scavarono anche due gallerie militari sotterranee, opera dell’architetto imperiale Cocceio: la prima metteva in comunicazione il lago con il mare dal lato del golfo di Pozzuoli, mentre l’altra permetteva un veloce accesso alla città di Cuma, quindi al mare del canale di Ischia. Tale sistema consentiva di collegare i due insediamenti di Baia e Cuma a piedi, spostando truppe e merci in poco tempo e senza dover circumnavigare il Capo Miseno.
Alla prima delle due grotte, attualmente in gran parte visitabile, è stata attribuita l’eventualità possa trattarsi del rifugio della Sibilla, una delle sacerdotesse sacre in grado di predire il futuro. Infatti il poeta Virgilio, nel sesto libro dell’Eneide, immagina l’incontro della Sibilla con Enea, che accompagnerà attraverso il lago d’Averno fino dentro l’Ade. La seconda grotta, totalmente inagibile, offre dimora e riparo all’ultima colonia di pipistrelli autoctoni flegrei.
Affacciato sul lago vi è il presunto Tempio di Apollo, che si ritiene essere un edificio termale più che un luogo di culto. Il lago, infatti, aveva la fama di luogo di morte, che neanche gli uccelli potevano sorvolare senza morire, probabilmente a causa delle venefiche esalazioni gassose che all’epoca scaturivano dal fondo del lago che, ricordiamo, è di origine vulcanica. Da qui l’etimologia greca della parola Averno: senza uccelli.
Un luogo ricco di storia e di fascino, oggi dichiarato Oasi Naturalistica, luogo di nidificazione di molte specie di uccelli (alcuni anche rari), e che, forse, svelerà mai tutti i suoi misteri. In questa cornice naturale bellissima e che si è riusciti a non far violentare troppo dalla cementificazione selvaggia della seconda metà del secolo scorso, sin dall’antichità si è praticata l’agricoltura. Sui fertili costoni del cratere la vite ha trovato la sua collocazione naturale e la famiglia Mirabella è una delle testimonianze della tradizione rurale della zona. I fratelli Emilio e Nicola Mirabella, come hanno fatto i loro genitori, si impegnano a coltivare gli splendidi vigneti affacciati sul lago d’Averno arrampicandosi sui costoni e tirando fuori dalla sabbia e dalla cenere, di cui è fatta questa terra, i vini tipici dei Campi Flegrei: Piedirosso e Falanghina.
Dopo anni di conferimento delle proprie uve a terzi e di vinificazione per uso familiare, i Mirabella nel 2010 hanno fondato Cantine dell’Averno e hanno avviato l’imbottigliamento e la commercializzazione in proprio dei loro vini con la nuova etichetta. Grazie alla sapienza antica nella cura delle viti e delle uve, che gli è stata tramandata dalla famiglia, e alla consulenza del bravo enologo Carmine Valentino, seppure con una limitata produzione (attualmente siamo a poco meno di 6.000 bottiglie) i vini dei fratelli Mirabella si collocano ad un buon livello nel panorama enologico dell’area Flegrea. I filari delle viti sono tutte su terrazzamenti, quindi tutta la lavorazione è prettamente manuale, mentre si pratica agricoltura di tipo biologico per la concimazione e il trattamento delle piante, ovvero si adottano le metodologie antiche usando elementi naturali. Anche nel processo di vinificazione non si ricorre ad additivi chimici e nelle prossime annate ci sarà anche qualche piccolo esperimento con vini passati in botte, ma per ora va bene così.
Durante una delle mie immancabili passeggiate tra i loro vigneti, che culminano sempre con l’affascinante osservazione del lago d’Averno dalle arcate del Tempio di Apollo, una di quelle vedute che ti rapisce il cuore, come successe a Goethe (che qui venne nel 1787), ho potuto degustare i loro vini dell’annata 2011.
La Falanghina dei Campi Flegrei DOC, 12,5%, ha un bel colore giallo paglierino carico, cristallino. Al naso è ricca, ben articolata, con sensazioni fruttate, floreali e minerali, mentre al palato è corposa, fresca, ben salata, morbida, buona percezione dell’alcol che non infastidisce e bel finale persistente tra il minerale e il sale marino.
Il Piedirosso dei Campi Flegrei DOC, 12,5%, ha un colore rosso rubino con delle venature ancora porpora, mediamente impenetrabile e cangiante. Al naso è anch’esso ricco di sensazioni di frutta rossa croccante con note sulfuree e terrose ben integrate. Al palato è fresco, con un bell’impatto equilibrato tra i tannini, gradevoli anche se giovani, e la sua morbidezza. Il finale è affidato alla frutta rossa con reminiscenze di mineralità.
Due vini vulcanici, che evocano il sole, il mare e la terra flegrea. Vini tipici, in cui l’uva è protagonista assoluta come espressione territoriale, che non cercano compromessi e ti parlano in dialetto locale.
Come dicevo all’inizio, mai una volta che riuscissi a far visita ai Mirabella per poi andar via senza che non spuntasse dal nulla una pentola ricolma di bontà.
La loro ospitalità è proverbiale ed è difficile resistervi, quindi, ancora una volta, mi sono accomodato a tavola con loro per una pasta ed una zuppa con le cicerchie flegree (legume tipico flegreo, presidio Slow Food e di cui i Mirabella sono produttori), un bel fritto di paranza, insalata e frutta, rigorosamente coltivati tra le viti e crostate a base di marmellate di agrumi e confetture di frutta fatte in casa con i limoni, le arance, i mandarini, le albicocche, i fichi e le pesche che crescono alle falde del cratere dell’Averno.
I vini flegrei sono l’ideale abbinamento per questa cucina, di base contadina e fondata su prodotti locali e pescato del golfo di Pozzuoli. La piacevolezza di trascorrere lentamente le ore in un luogo totalmente fuori dal tempo, magari all’ombra delle profumatissime piante di agrumi, ti lascia la possibilità di riflettere e di rasserenarti.
Un luogo mistico e magico, da visitare assolutamente. Un posto che quando devi andar via hai l’impressione che qualcosa che ti appartiene sia rimasta li, magari sotto l’arco del tempio, oppure tra le viti…..ed è bello pensare di dover tornare a riprenderla.
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