di Lello Tornatore
Questa proprio non me la potevo perdere, la carne al fuoco era tanta: i suoli vulcanici dei crateri degli Astroni, la viticoltura semi-eroica che tende a strappare il suolo al continuo dissesto idro-geologico in atto, le particolarità di antichi vitigni quali il piedirosso e la falanghina, le tecniche di cantina dell’ottimo enologo Gerardo Vernazzaro, ed infine, ma sono in ordine cronologico della visita, la bravura ai fornelli della splendida Emanuela Russo, moglie di Gerardo.
Appuntamento alle 11:00 in cantina (che noi irpini rispettiamo alla lettera), ma subito dopo arrivano altri amici che sono quasi in orario…diciamo!!! Vabbè, qualche cilentano preso come al solito dalla mania dell’ottimizzazione, imbastisce un’improbabile giustificazione per il ritardo accumulato e ci propina la solita “pezza a colore”…ma questa è un’altra storia.
E dopo un’ottimo caffè preparato dal grande Gerardo, così buono da farmi dubitare sull’effettiva professione da lui praticata: enologo o…barista??? ;-)), veniamo subito affidati nelle mani di Vincenzo, altro enologo dell’azienda e cugino di Gerardo. Mi colpisce subito, a dispetto della giovanissima età (solo un quarto di secolo), la passione per il suo lavoro che facilmente si avverte nel feeling con il quale si prodiga a spiegare le tecniche colturali della vigna dei Camaldoli. Ci soffermiamo particolarmente sulla potatura del piedirosso.
Alla mia osservazione sulla eccessiva presenza di “tralci a nuovo”, Vincenzo ci spiega che questo vitigno, geneticamente, presenta molte gemme “cieche”che non andranno mai a frutto, e quindi nella potatura di produzione occorre lasciare un numero maggiore di gemme rispetto al necessario. Ogni mondo è paese, rifletto io, abbiamo lo stesso problema anche in Irpinia, sul Greco di Tufo, per cui siamo costretti a portare più tralci, alcune volte anche quattro, per riuscire a raccogliere una produzione “decente” in termini quantitativi.
Affrontiamo anche il problema del dissesto dei terrazzamenti, che nonostante la capillare regimazione delle acque meteoriche operata, e nonostante la fitta piantumazione di ulivi sugli argini delle terrazze, talvolta sfacciatamente si presenta. Scendiamo, in termini altimetrici, di alcune decine di metri e andiamo a visitare l’altra vigna dei Camaldoli recentemente acquistata. Il nuovo impianto ha qualche anno di vita, una parte non è ancora stata impiantata, ma sono pronti i lavori di livellamento e la configurazione orografica.
Il progetto dell’azienda – ci spiega Gerardo – è quello di realizzare qui un impianto che possa produrre due IGT, un bianco da un uvaggio Falanghina e Fiano, ed un rosso da Piedirosso e…forse Sciascinoso (non è stata ancora presa la decisione). Anche qui sono ben visibili gli ammendanti di origine biologica seminati, quali il favino e le rapeste, che serviranno attraverso la pratica del sovescio ad arricchire la composizione organica dei terreni. Scendiamo ancora e andiamo a vedere le vigne collocate a ridosso della cantina.
Siamo su una “grande terrazza” che affaccia su uno dei crateri degli Astroni, nel quale si estende un’enorme parco. Qui il territorio gronda di storia. Il parco – ci racconta Gerardo – una volta era di proprietà della chiesa, ma Ferdinando II di Borbone, rapito dalla bellezza dei luoghi, riuscì a permutare alcuni possedimenti nolani di estensione almeno dieci volte maggiore, con questi boschi ricchi di biodiversità di flora e di fauna e ne fece una riserva di caccia.
Ancora oggi, la ricchezza ornitologica del posto è senza pari. Ma il tempo stringe, e nonostante affabulati dalle generose reminiscenze storiche del nostro enologo-guida, non riusciamo a non avvertire i mugugni della pancia. Ed essendo notoriamente un popolo molto sensibile a tali mugugni, ci avviamo speditamente verso la sala ristorazione della cantina, trovando anche il tempo per dare un salutino ai due asinelli e alle pecorelle che Gerardo orgogliosamente ci mostra sulla via del ritorno.
E arriva il momento più atteso. Intendiamoci, non è che la visita nelle vigne non sia stata interessante, ma per ora sono stati coltivati valori per lo spirito che il vario parterre, composto da gente di tutti i tipi, Slow Wine, Asso-enologi, Ais ecc. ecc. apprezza e come, ma che essendo più portati verso le cose liquide della vita ha anche altre esigenze ;-)) E qui entra in gioco, a gamba tesa, la splendida persona ed eccellentissima cuoca che è Emanuela Russo.
Già dal profumino che si avverte sull’uscio capiamo che oggi è guerra…e guerra sia!!! Non per voler distogliere la vostra attenzione dal ragù – esordisce Gerardo – ma Emanuela ha pensato di preparare anche qualche altra cosettina d’antipasto, sapete com’è, ha detto “ Mi pare brutto cominciare direttamente con il ragù…”. E giù con una serie infinita di prelibatezza del tipo pasta sfoglia con broccoli, focaccia all’olio degli Astroni e rosmarino e un “bambinello” di 3kg, graziosamente offerto da Antonellina D’Avanzo proveniente dal caseificio di Mimmuccio la Vecchia de “Il Casolare” di Alvignano(Ce).
Ottimo tutto, ma la bufala di Mimmo è magistrale!!! Quello che mi colpisce di più, oltre alla grande elasticità, è il sentore di flora microbica, qui molto evidente e che dà alla mozzarella quell’inconfondibile aroma. Ed ecco il momento tanto atteso: signori, il ragù!!!
La pasta usata è la candela spezzata lunga e a mano, dimodochè risultano gradevolissimi quei pezzettini che si riescono a reperire soprattutto alla fine del piatto, nel lavoro di “pucciatura”. Che poesia, una complessità fuori dall’ordinario determinata dal “carnaggio” (visto che per il mix di uve si dice uvaggio…) costituito da polpette di vitello ripiene di uva passa, pinoli e pecorino, braciolette di cotica e di colarda con lo stesso ripieno, tracchie di maiale, e punta di petto di vitello.
E non finisce qui!!! Si passa alla parmigiana di melenzane, succulenta, piena di mozzarella del giorno prima,abilmente sgocciolata. Questa è la prima volta che mi trovo di fronte ad una ricetta partenopea più sobria della corrispondente irpina: le melenzane sono fritte, ma non indorate. E il contorno alla parmigiana, non ce lo metti? Pare brutto, direbbe Emanuela….e allora, improvvisamente compare in tavola una peperonata al gratin da far drizzare i capelli in testa…perfino a Gerardo Vernazzaro!!! ;-))
Ma voi pensate che veramente sia finita qui??? Vi sbagliate, passando per un finocchio nature, giusto per ripulire un po’ la bocca, ci fiondiamo su salsicce e friarielli, che valgono bene un ultimo sacrificio!!! Allunghiamo la mano sull’albero appena fuori dalla porta e godiamo anche delle ottime clementine di Emanuela e Gerardo.
Ora da buoni campani desidereremmo solo un caffè, ma…su cosa l’appoggiamo? Ma su una bellissima zeppola di patate e una fetta di torta crema e cioccolato, no? Eh si, sennò pare brutto, vero Emanuela??? ;-))
Le schede tecniche dei vini sono a cura di Lucia Cioffi, Slow Food Valle Telesina e sommelier professionista Ais Avellino.
STRIONE 2010: il colore è molto bello: giallo oro lucente, si lascia ammirare infondendo calore e certezze. Il profumo è un mix di sentori in fusione tra loro … tanti odori collocati sullo stesso gradino di una scala di valori: erbette aromatiche e fiori, agrumi, la pesca, note minerali ed accenni di speziatura. Sorso pieno e ricco di materia. Dotato di grande energia, stimola il cavo orale con pizzicore e salivazione. Non pesante nonostante il notevole corpo. Chiude lungo rilasciando in bocca una persistente scia salina.
PIEDIROSSO 2011 RISERVA – NON FILTRATO – NON CHIARIFICATO: Rubino fitto. All’esame olfattivo si percepisce nettamente la nota vegetale con riconoscimento di foglia di geranio. In un secondo tempo viene fuori la frutta matura, le amarene, note di liquerizia, grafite e speziatura da passaggio in legno non invasiva. Il sorso risulta succoso con tannino delicato e smussato dal tempo, ottima la freschezza gustativa. Moderata ma piacevole la persistenza in bocca con ritorni di spezie. Maturo senza segni di stanchezza.
MONTE DI GRAZIA – TRAMONTI – TINTORE 2005: Rosso rubino con sfumature granato. All’olfatto è intenso, giunge al naso dapprima la frutta sotto spirito come l’amarena e la ciliegia; a seguire si avverte la nota floreale – vegetale con percezione di erbe aromatiche da macchia mediterranea. Il sorso è caldo con trama tannica che si assottiglia sempre più, fino a fondersi nella dirompente acidità che invece permane ed abbonda irrorando la bocca dei suoi piacevoli sapori. Buona la persistenza gustativa con lievi ritorni di mineralità.
PIEDIROSSO CAMPI FLEGREI 2012 COLLE ROTONDELLA: Rubino fitto con sfumature violacee. I profumi sono piacevoli e tipici del vitigno: vegetale, piccoli frutti rossi e leggera speziatura. Il gusto è invitante, fresco ed equilibrato in tutte le sue componenti. Piacevole e godibile nella sua semplicità e purezza.
ASTRO FALANGHINA SPUMANTE BRUT: Paglierino carico brillante. Il perlage è fine con persistenza di punte di spillo al centro del bicchiere. All’esame olfattivo è intenso ed abbastanza complesso. La nota fragrante tipica degli spumanti è la prima a venir fuori, ma anche la prima a farsi da parte lasciando spazio a sentori autentici e varietali : agrumi, pesca, fiori bianchi, timo e note minerali. Il sorso è fresco e pimpante, saporito ed interessante.
Dai un'occhiata anche a:
- Michele Chiarlo, Piemonte: missione svecchiamento
- Una giornata da Nicola Mazzella a Ischia: degustazione di Vigna del Lume
- La vendemmia a Capri di Raffaele Pagano (Joaquin)
- Cantina San Giovanni a Doglie a Montemarano
- Cantina Bellaria a Roccabascerana
- Cantina 2 Vite a Taurasi di Vincenzo Mercurio e Giancarlo Moschetti
- Cantina Boccella Rosa a Montemarano
- Rioja: presente, passato e futuro di una delle denominazioni più importanti al mondo – parte 1