di Ambrogio Vallo
Qualche settimana fa, poco prima di Natale, mi ritrovo in Piemonte, con mio fratello Vincenzo, per delle commissioni. Decidiamo di fare un giro a Barolo, tappa obbligatoria per chi, come noi, è appassionato di vino.
E così ci mettiamo in viaggio verso quella mitica terra nel cuore delle Langhe. Colline percorse da geometrie di filari, interrotti solo da castelli e piccoli borghi, segnano il paesaggio. Le vigne, esposte a mezzogiorno, riposano in questo freddo inverno.
Quei tralci di nebbiolo, a duecento metri sul livello del mare, attendono nuove gemme. Intanto arriviamo nel comune piemontese, in provincia di Cuneo, dove città e prodotto si fondono. Tutto qui parla di vino. Anzi, del “Vino”. Perché il Barolo è, senza dubbio, tra i calici italiani di rosso più noti nel mondo. Una storia antica, che precede la fondazione del nostro Paese e ne caratterizza diversi momenti salienti. Una delle testimoni e protagoniste di questa bella vicenda fatta di lavoro, passione e identità è, senza dubbio, la Cantina Giacomo Borgogno & Figli, che decidiamo di visitare. Ci Accoglie, all’ingresso di questo bel palazzo storico nel centro della città di Barolo, sede dell’azienda, Maria Giovanna Migliore, responsabile marketing e comunicazione della cantina.
Qui, da sempre, si producono i loro vini e trovano spazio una bella sala per l’accoglienza dei visitatori con una piccola bottega, le cantine storiche, tuttora in funzione, sale per la degustazione e una moderna terrazza con possibilità di poter bere un calice con vista mozzafiato sulla città ed il paesaggio circostante. Fondata nel 1761 da Bartolomeo Borgogno, un contadino capace di competere con le aristocrazie terriere del suo tempo, questa azienda fa della rivoluzione un proprio tratto distintivo. Fino ai giorni d’oggi. Basti pensare al loro “No Name”, nebbiolo in purezza dal nome provocatorio. Un vino portato sul mercato la prima volta nel 2011, quando venne declassata metà produzione di Barolo 2005, poiché “troppo scuro” per chiamarsi Barolo a detta della commissione esaminatrice.
Da qui l’etichetta di protesta contro l’eccessiva burocrazia italiana nel settore. Un successo commerciale incredibile, da cinquantamila bottiglie l’anno ancora oggi. Questo non è casuale ma figlio di una forte matrice identitaria della cantina. Come quando Cesare Borgogno, agli inizi del secolo scorso, ebbe l’intuizione di esportare il proprio vino nei mercati esteri: Europa, Stati Uniti e Sud America. Anche qui un successo senza precedenti. Le sfide non sono certo mancate. Come quando, nel 1955, L’Institute des Appellations d’Origines francese cita in giudizio la cantina, accusandola di aver copiato il proprio nome dalla regione Borgogna. Anche in questo caso l’azienda ne uscì vincitrice. Dimostrò, infatti, di commercializzare ufficialmente i propri vini almeno dal 1848, portando come prova un contratto di fornitura stipulato, neanche a dirlo, proprio con la mensa dell’esercito Sabaudo. Più tardi, nel 1967, l’azienda assumerà il nome di “Giacomo Borgogno & Figli”. Intanto Maria Giovanna, preparatissima, ci accompagna nella visita delle cantine dove riposano in bottiglia annate di Barolo spettacolari. In spazi ben organizzati troviamo vasche in cemento e botti grandi in rovere di Slavonia dove avviene la fermentazione dei vini rossi: Barolo, tra cui tre Cru (Liste, Cannubi e Fossati) e le riserve, i Langhe, tra questi il Bartomè, il Bompè, l’Ancum e la Freisa. Non solo rossi però, ed è strano dirlo in un territorio vocato per il tannino. Questa cantina, sotto la direzione della famiglia Farinetti, dopo duecentocinquanta anni di rossi, imbottiglia Era Ora. Un Riesling Renano (Langhe Doc) in purezza, coltivato a Madonna di Como (Alba), su terreni calcarei argillosi, a cinquecento metri d’altitudine. «Tradizionalisti, ma non conservatori» è il motto dei titolari. E questo lo si vede dalle scelte aziendali. La tenuta conta tra i bianchi anche il Derthona e Derthona Scaldapulce (dal nome della vigna). Queste bottiglie sono figlie della vinificazione di uve autoctone timorasso in purezza, provenienti dai vigneti di proprietà sui Colli Tortonesi e a Monleale, in provincia di Alessandria. A completare la proposta della cantina troviamo anche una produzione di Barolo chinato, di grappa (da Barolo e da Moscato) e di vermouth.
Altra scelta importante, anch’essa una piccola rivoluzione, è stata quella avviata nel 2016 quando la tenuta inizia il processo di conversione che li porterà, con la vendemmia del 2019, ad essere biologici certificati. «In tutti i nostri vigneti di proprietà -ci spiega la nostra guida- usiamo solo concimi di origine organica, niente diserbanti, tutto all’insegna della sostenibilità. Per questo motivo la nostra uva è a residuo zero, l’uva pulita per produrre vini di qualità è fondamentale». Questo sempre nel pieno rispetto per la tradizione. «Il nostro punto di forza -spiegano dalla tenuta- sta nel pieno rispetto della tradizione, i vini vengono prodotti come una volta, con vinificazioni tradizionali. Per questo non usiamo lieviti selezionati, non usiamo enzimi. Le pratiche di fermentazione sono sempre le stesse da molti decenni, con fermentazioni lunghe, follature e rimontaggi a mano. Nell’arco degli anni si sono affinate le tecniche che permettono di avere dei vini vivi, veri e puliti, di anno in anno diversi in quanto rispettiamo le caratteristiche dell’annata, e sempre con l’inconfondibile impronta Borgogno data dai lunghi affinamenti nelle grandi botti in Rovere di Slavonia». Intanto veniamo fatti accomodare in una graziosa saletta, nel cuore delle cantine storiche, e procediamo alla degustazione di una selezione di loro vini.
Partiamo da un Derthona 2022. Da uve selezionate, questo vino affina almeno dieci mesi in acciaio e sette in bottiglia. Giallo paglierino tendente all’oro, consistente. Al naso è intenso con note fruttate di pera, miele e fiori bianchi. Il sorso è equilibrato, secco, caldo con piacevole morbidezza e persistenza, con tenore alcolico di 14 gradi. Passiamo poi al Langhe Bombè 2021. Barbera in purezza, con gradazione di 14.5°. Da uve delle Langhe, provenienti da Madonna di Como, frazione di Alba (CN), nel cuore della DOC. Rubino con vivi riflessi granati, prugna e ciliegia al naso con sbuffi di pepe e liquirizia. La bevuta è equilibrata e fresca con una piacevole acidità e persistenza. Ci viene versato il No Name 2020. Nebbiolo in purezza, con denominazione Langhe Doc, 14°gradi. Rosso rubino con fini riflessi granati. Erbe aromatiche e frutti rossi al naso. Tannino morbido, sorso elegante e sapido. Passiamo ai Barolo. Ci vengono offerti in degustazione i tre Cru: Barolo Fossati 2019 (in anteprima), il Cannubi 2019 ed il Liste 2019. Tutti e tre degli autentici fuoriclasse! È il momento del Barolo riserva 2016. Rubino con unghia granata, consistente. Espressione olfattiva di viole, confettura di prugna e ciliegia. Richiami leggeri alla liquirizia. Il sorso è piacevolmente tannico, fragrante e strutturato. Persistente con una godibile coda balsamica. I racconti e gli aneddoti si intrecciano in questa bella visita con degustazione. Ci salutiamo con la certezza di aver visitato una realtà che, partendo dalla tradizione, riesce ad affrontare a testa alta le sfide contemporanee. Con grandi vini assieme all’ostinazione ed il coraggio del fondatore.
Cantina Giacomo Borgogno & Figli
Via Gioberti n°1 – 12060 Barolo (CN)
tel +39 0173 56108 – mail info@borgogno.com
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