di Marco Galetti
Per godere appieno e senza ritegno, con i crostacei bisogna sporcarsi e per gustarli a fondo è preferibile servirli in un grande piatto piano, se ovale, come la stanza è meglio, perché dopo bisogna succhiare con calma e metodo, senza fretta ma senza pause, esauriti i doppi sensi cerchiamo di dare un senso alla ricetta e al post.
Superato, con danni non quantificabili, il periodo dell’oggi cucino io, saltuariamente preparo per due o multipli un primo piatto con i crostacei, un risotto con gli scampi, una pasta in bianco con gamberi e verdure (piselli, fave o asparagi, in questo periodo andranno benissimo), o una spaghettata con gli scampi seguendo questa ricetta già transitata sul vostro monitor, ma trovare scampi vivi, nel territorio di benvenuti al nord è estremamente difficile, mentre capita più spesso di vedere le canocchie, più resistenti, ancora belle vispe sul banco della pescheria di fiducia, abbiate fiducia capita.
Adoro le canocchie messe a cuocere in un sugo di pomodoro destinato ad accogliere una bella porzione di paccheri, il destino dei crostacei (aragoste, astici, granchi) purtroppo è questo, ancora vivi in acqua bollente o in padella, ma le canocchie vive, messe a cuocere nel sughetto bollente non le faccio più dal giorno in cui mi sono letteralmente sgusciate fuori dalla padella, più veloci loro a saltare che io col coperchio a chiudere la via di fuga, avrei dovuto rendere onore al merito e riportarle in mare, oltre la nebbia…quanto meno, adesso evito di cucinarle, comunque, se volete farle, dividetele in tre e cuocetele nel pomodoro, a differenza degli scampi potete allungare i tempi di cottura, il sugo diventerà esplosivo, quel poco che resta delle canocchie si potrà succhiare una volta terminati i paccheri.
Se invece di privilegiare il sugo, si vuole sentire appieno il gusto della canocchia, la delicatezza inaspettata di un crostaceo tra virgolette povero, bollitele, o, ancora meglio, fatevene preparare un bel vassoio di quelle piene, polpose, carnose, freschissime, se non conoscete l’omino che vi possa garantire canocchie con questi requisiti, optate per una piadina, personalmente in Romagna, l’omino l’ho trovato e la piadina la mangio a pranzo.
Romagna, le mie canocchie bollite, uno dei tanti vassoi con presentazione anni settanta e gusto attuale, che riconciliano con la ristorazione che troppo spesso prende strade a fondo cieco e a cuoco sordo, la sperimentazione è per pochi, bravi, che comunque, a casa loro, le canocchie le mangiano bollite, ne sono certo.
Romagna un poco mia, Romagna amore, una quattro giorni riccionese ha sempre un suo sapore, appena arrivo al casello mi pare di percepire già un profumo, poi lungo Ceccarini alto che dalla statale porta in centro la sensazione diventa certezza, riconosco il battito e l’odore di un luogo che ormai, un po’ mi appartiene, torno col pensiero alle notti della Disco, all’alba in spiaggia, alle straniere che imparavano subito la lingua, oggi i locali hanno perso lo smalto che è finito indistintamente sulle mani di uomini, donne e adolescenti che vivono per una notte rosa all’anno senza sapere quanto era bello il rosa dell’alba, vista dal Peter, con una quota rosa ‘e maggio appena conosciuta…
“Era de maggio io no nun mme ne scordo…e ferita d’ammore nun se sana”
Quel periodo d’oro è finito, i locali non sono più gli stessi mentre la ristorazione sembra rimasta quasi immobile negli anni, nessun passo avanti, ma nemmeno uno più lungo della gamba, mediamente bene si mangia ovunque, meglio scegliere quel che cucinano da sempre: spiedini di calamari, sogliole, canocchie e vongoline dell’adriatico, una codina di rospo, un rombo chiodato, le cozze del promontorio (e Parco) di San Bartolo, passatelli, tagliolini, cappelletti, strozzapreti, spaghetti col Grillo, verdure cotte o gratinate, fornarina col rosmarino, piada, qui si cena fino a tardi e per tardi intendo orari romagnoli…ritrovo ricordi adolescenziali protratti fuori tempo massimo, il profumo della pizza con pomodoro, capperi e origano si mischiava a quello dei pini marittimi mentre il primo accenno rosa dell’alba interrompeva la notte riccionese.
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