Ciascuno di noi ha qualche vino nel cuore, perché le buone bottiglie sono al tempo stesso narrazione e memoria, nostalgia e ansia per il futuro. I vini di Mario Struzziero, una delle più antiche aziende campane che ha superato i cento anni di vita, mi sono sempre piaciuti per la loro personalità. Costruiti alla maniera antica, vasca di acciaio e botte grande, i suoi Taurasi hanno accompagnato tutta la mia carriera di bevitore seriale di questo vino. La 2011 avidamente conservata è stata aperta in un bella cena fra amici alla Masseria della Trianella in quel di San Lorenzo in provincia di Benevento con i grandi piatti della signora Cristina. E come al solito la verve dell’Aglianico, lasciata a briglie scioglie senza preoccupazioni né di concentrazione e né di morbidezza, si è rivelata l’arma migliore quando si tratta di affrontare piatti tradizionali del territorio. Una bottiglia di dieci anni perfetta e giovanissima.
SCHEDA DEL 5 GENNAIO 2019
Campoceraso 2011 Taurasi Riserva Struzziero. Il presupposto per bere bene, e per vivere bene, è senza dubbio la curiosità. Davvero non riesco a comprendere chi rimane sempre arroccato nelle sue certe etichette, siano essere neopauperiste o cafonal. Se ieri ho inftti parlato del Vigna Quintodecimo 2007 di Luigi Moio niente può impedirmi di programmare su un capretto natalizio con patate, testina compresa, il Taurasi Riserva di Mario Struzziero, un grande classico della viticultura irpina che è al lavoro da quasi cento anni, terza generazione.
Proprio gli stessi motivi che mi hanno spinto verso Moio in questa circostanza mi hanno dirottato verso l’interpretazione più tradizionale di questo rosso, quella meno leggibile all’esterno, ma che è però l’anima papillare di una comunità che esige tannini e aiciditàcome primo presupposto per affrontare bene a tavola i piatti delle feste.
Il 2011 è stata una annata strana, caldissima per una trentina di giorni dopo Ferragosto e non è stata facile gestirla. Proprio i viticoltori di migliore esperienza hanno saputa affrontarla senza rimanere schiavi delle surmaturazioni.
In effetti c’è un sottile fil rouge che lega bottiglie così lontane fra loro ed è il mantenersi lontani dagli eccessi caricaturali che continuano a penalizzare l’Aglianico, a cominciare appunto dalle alte gradazioni alcoliche, alla ricerca spasmodica di sentori regalati da legni nuovi e poco integrati con il frutto. Il Taurasi di Mario ci riporta indietro nella memoria di un panorama rurale fato di legna che brucia nei camini, di case assediate dalla neve, di dura, durissima fatica nei campi. E questo vino austero, che esige rispetto e che impone la ricerca dei profumi dentro e non fuori il bicchiere è testimone di questo stile di vita.
Anche qui il tempo è un prezioso alleato, soprattutto nel levigare i tannini e nel riequilibrare progressivamente l’acidità facendo sbocciare i sentori di frutta matura, cenere, scorza d’arancio, carruba. Una bottiglia di un Taurasi in bianco e nero insomma, ma non per questo testimonianza meno preziosa. Soprattutto per chi non si ferma alle solite etichette ma cerca anche chi, con coerenza istintiva e non ragionata, è restato fuori dal circo mediatico.
Sede a Venticano, via Cadorna 214.
Tel e fax 0825.965065.
www.struzziero.it
Enologo: Mario Struzziero
Ettari: 14 di proprietà.
Bottiglie prodotte: 350.000.
Vitigni: aglianico, greco di Tufo, coda di volpe, fiano, falanghina.