STRUZZIERO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: nd
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista 5/5. Naso 26/30. Palato 26/30. Non Omologazione 32/35.
Quando voglio ritrovare le ragioni della mia passione per il vino questa etichetta resta una buona chiave. Uno stile tradizionale, assolutamente superato proprio nel decennio in cui è stato prodotto, ricordate l’annata del secolo, ma che torna di attualità come tutti i classici, quando si riesce a tenere dritta la barra sulle proprie idee.
Il 1997 è un rosso di stoffa, lo beviamo tranquilli in una serata trascorsa da Quattro Passi a Nerano, su un magnifico piatto di carne, e lo godiamo interamente con l’intenzione di dare un duro copo alle ultime riserve in cantina. Si tratta di un vino abbastanza sottile, freschissimo, ancora ciliegioso al naso e con un bel ritorno di frutta al palato. Il contesto è una cornice di note di cenere, la chiusura è perfetta, lascia la bocca salivante.
Un vino giovane insomma, che potrà regalare ancora tante soddisfazioni.
Scheda del 25 febbraio 2014. Non è che siano passati sei anni dall’ultima bevuta, il Campoceraso 1997 era infatti presente nell’unica verticale di Struzziero sinora mai organizzata, eravamo a Vitigno Italia nel 2011. In quella occasione pur rivelando straordinaria freschezza, il millesimo “soffrì” la presenza di altre grandi annate che lo misero un po’ in ombra.
Lo ribeviamo con gioia, non voglio pensare che sia l’ultima ma non ho il coraggio di verificare, per vivere il piacere di un Taurasi poco comunicativo, essenziale, assolutamente controtendenza rispetto alla vulgata anni ’90, decisamente moderno oggi con la rivincita della freschezza sulla morbidezza.
Il colore è un brillante granato, la struttura presenta qualche inizio di cedimento, ma lo spirito è giovane, giovanissimo. Il naso rivela ancora piacevoli note di ciliegia ben matura, un po’ di tostato, rabarbaro, menta. In bocca è davvero un Taurasi all’antica, il carattere sprucido dell’Aglianico, incoraggiato nella sua scostumatezza tannica dall’annata calda si esprime senza mediazioni. Il vino al palato perde ogni dolcezza olfattiva e si rivela, acido, salato, di buon corpo, con un finale lunghissimo.
La bottiglia finisce molto facilmente proprio perché non ci può essere stanchezza in vini di questo genere, che arretrano solo davanti a piatti di territorio.
L’ennesima conferma della forza del vitigno e il piacere di vedere come una corretta vinificazione tradizionale non avrà gli effetti speciali e neanche la complessità dei grandi rossi, ma ha una sua piacevole coerenza logica che riporta la mente ai primi passi fatti dal vino in Campania.
Scheda del 1 febbraio 2008. Continuiamo a seguire con passione il nostro grande classico, per questo, anche, abbiamo voluto inserire il millesimo 2000 nella guida Vini Buoni d’Italia 2008. Pochi sanno che parliamo del maggiore produttore di Taurasi per numero di bottiglie, una tradizione profonda e radicata in tre generazioni al lavoro dagli anni ’20 in un areale che si schiude spazioso verso la Puglia e il Sannio. Quantità e qualità: Mario, come il padre Giovanni, è molto schivo, cura il suo mercato estero e l’antica e consolidata rete di distribuzione in Italia dove si distingue, tra le altre cose, per l’ottimo rapporto fra qualità e prezzo ed è per questo che le sue bottiglie devono essere inseguite, lui in genere non le propone proprio alle guide. Il suo vino riflette quasi il carattere, i profumi sono sempre gentili e non invasivi, la struttura è solida, sempre sostenuta dalla freschezza che trovo sempre incredibile nei bianchi come nei rossi. Come nel caso del 1997, simile al 1993, una etichetta molto ricercata anche su questo sito, almeno a leggere i dati statistici Google. Per fortuna noi siamo, in termine borsistici, dei cassettisti, amiamo conservare le bottiglie e stapparne nel corso degli anni per vedere come si comportano, soprattutto adesso che abbiamo la struttura adatta per poterlo fare in tutta serenità. Ci è capitato di recente con il Greco 2005 Beneventano igt della Cantina del Taburno, adesso con il Campoceraso 1997 che ci ha riportato alla memoria un’annata davvero memorabile per il Taurasi, come dimostrano anche il riserva Mastroberardino e il Macchia di Caggiano e che, a distanza di ormai undici anni, si mantiene assolutamente integra, magari con una maggiore accentuazione verso la morbidezza, benché la beva sia ancora ben sostenuta. La tecnica di vinificazione fa sempre partire un po’ in ritardo questi rossi, lo stesso succede a quelli di Carmine Valentino, ma sui tempi lunghi sono davvero notevoli e questo bicchiere, abbinato ad un roast beef casalingo, usate il sugo per condire la pasta, è stato davvero appagante e sono anche curioso di vedere quale mai sarà l’evoluzione nei prossimi anni atteso il gran numero di Campoceraso 1997 ancora gelosamente custodito in cantina. Intanto vi annuncio che questo rosso è a pieno titolo una delle bottiglie del cuore che saranno premiate in occasione dell’ormai imminente uscita della nuova guida ai vini della Campania che quest’anno si presenterà in una forma assolutamente nuova e inedita e che sostituirà la seconda edizione agli sgoccioli. Mi direte: perché scrivere di un vino ormai introvabile? Non è vero, i buoni ristoratori lo conservano e per consolarvi domani vi consiglio un Taurasi di prossima uscita da mettere, anche questo come il Santa Vara, in cantina. Vini per bere, vini per amare l’Irpinia.
Assaggio del 28 settembre 2005. Tra i tanti vini che sgomitano per arrivare sulle tavole delle feste torniamo ad un classico che abbiano sempre molto amato, il Campoceraso di Mario Struzziero: l’aglianico cresce circondato dalle coltivazioni di tabacco in ritirata. Siamo a Venticano, dove l’Irpinia si apre alla campagna sannita e alle grandi distese della Puglia, in collina. La località Campoceraso, dove adesso è presente anche Terredora, è sicuramente uno dei posti più vocati grazie alla costante esposizione al sole dei vigneti piantati in cima alla collina sempre sfiorata dal vento. La mano di Mario Struzziero è come quella del padre, tradizionale, ma sfrutta le potenzialità del terroir con sapienza collaudata sin dai tempi del nonno: l’aglianico fa solo botte grande dopo aver fermentato in acciaio. In genere ilCampoceraso è un cru che ha bisogno di una decina d’anni per esprimersi al meglio delle sue potenzialità, lo sappiamo perché ormai lo seguiamo con attenzione sin dalla versione1992. Il 1997 riserva si conferma annata davvero straordinaria per i rossi della Campania come abbiamo già avuto modo di scrivere: le note di frutta, amarena, more, prugna matura, sono accentuate al primo impatto, poi subentra il tabacco e un po’ di cuoio. In bocca è morbido, caldo, abbastanza fresco. Con il tempo accentua la maturazione del frutto senza perder nei sentori, arrivano le spezie, la liquirizia, resta il tabacco. Il bello dei rossi di Struzziero è il fatto che nascono per essere abbinati ai cibi di territorio, come tutti i vini pensati in maniera tradizionale: non a caso il capretto con le patate al forno, gli ziti al ragù di castrato, il pecorino di media stagionatura costituiscono sicuramente il modo migliore di berlo. Una consolazione, omaggio all’unica tradizione irpina veramente antica oltre la storia dei Mastroberardino, una chicca per chi ama scoprire cose nuove perché il Taurasi di Mario, come il Greco di Petilia o il Fiano di Marsella, non è sempre presente in tutte le guide specializzate.
Sede a Venticano, Via Cadorna, 214. Tel. e fax 0825 965065. E mail: struzziero@struzziero.it. Sito- wwwstruzziero.it. Enologo:Mario Struzziero. Ettari: 12 di proprietà. Bottiglie prodotte: 500.000.Vitigni: aglianico, greco di Tufo, fiano di Avellino, coda di volpe, falanghina
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