di Adele Elisabetta Granieri
Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul Piedirosso (ma non avete mai osato chiedere) ce lo ha raccontato Paolo De Cristofaro a Campania Stories, nel focus dedicato a quello che è stato per lungo tempo considerato il “brutto anatroccolo” dei vitigni campani, da sempre utilizzato per ammorbidire e alleggerire i vini più possenti.
Il nome “Piedirosso” deriva dall’italianizzazione del termine dialettale “Per’e’palumm’”, dovuto alla peculiare forma del rachide che ricicorda appunto la zampa di un piccione. Il primo a vederci lungo fu Domenico Froio che, agli inizi del ‘900, nella sua classificazione dei vini di Gragnano, assimilò il Piedirosso al Gamay per sentori e caratteristiche ed invitò i produttori a piantare quello che lui stesso delfinì “vitigno nobile”.
Il Piedirosso è un vitigno difficile: necessita di potature lunghe perché non è fertile sulle gemme basali, ha una bassa produttività e maturazione disomogenea. Se vendemmiato troppo anticipatamente, i vini risultano scarni, diluiti e verdi, ma se vendemmiato anche solo con pochi giorni di ritardo, trasferisce sentori di surmaturazione e può manifestare note di riduzione in condizioni di stress e carenza di azoto o ossigeno. Dalla sua, ha una buona resistenza all’Oidio e alla Botrytis.
La mappatura delle zone di produzione del Piedirosso spazia dal Sannio alla Costiera Sorrentina, dal Vesuvio ai Campi Flegrei. Proprio nelle zone vulcaniche, dove è possibile ancora trovare viti a piede franco, dà il meglio di sè, conferendo al vino i caratteristici sentori minerali.
La sua dote principale è la versatilità, che riesce a renderlo un vino estremamente moderno.
Versatilità di vinificazione: se ne possono fare degli ottimi rosati, rossi frizzanti, rossi da bere giovani e rossi “riserva”. Quanto a questi ultimi, fondamentale è un sapiente e moderato uso del legno, tale da far conservare al vino la facilità di beva che lo fa preferire all’Aglianico in molte occasioni.
Versatilità di abbinamento: come rosso “da merenda” va con tutti i salumi, con le pizze e le focacce rosse, si abbina ai primi piatti al forno e alla parmigiana, alle carni bianche e, nelle versioni più agili, anche al pesce in preparazioni più elaborate, come le zuppe e i polipetti alla Luciana.
Insomma, se l’Aglianico è il vino della domenica, il Piedirosso è il vino quotidiano per eccellenza.
Un vino che si fa bere per la sua semplicità e schiettezza e per la sua capacità di riportare fedelmente il territorio nel bicchiere.
I migliori assaggi dei vini in degustazione:
Astroni “Colle Rotondella”, Campi Flegrei Piedirosso 2014
10000 bottiglie prodotte. Macerazione con délestage, fermentazione in acciaio a 22° – 26° per 2 settimane. Affinamento in acciaio sur lie per 4 mesi, poi 3 mesi in bottiglia.
Naso molto intenso, con sentori minerali, note di geranio e salamoia. In bocca è fresco e succoso, di buona struttura, con un’intrigante sapidità nella chiusura che lo rende elegante.
Agnanum, Campi Flegrei Piedirosso 2014
2000 bottiglie prodotte. Fermentazione in acciaio a circa 25°, con macerazione di 10-15 giorni. Affinamento in acciaio per 6-8 mesi.
Note iodate e affumicate, seguite da profumi di sottobosco e buccia di agrumi. Il sorso è accattivante, fresco, lungo e persistente.
La Sibilla, Campi Flegrei Piedirosso 2015
15000 bottiglie prodotte. Vinificazione in acciaio con reintegro dei vinaccioli tostati durante un délestage. Affinamento di 3 mesi in acciaio, poi in bottiglia.
Al naso si presenta con una marcata nota minerale e fumosa, seguita da sentori di erbe aromatiche mediterranee e pepe. In bocca è fresco e morbido.
Contrada Salandra Campi Flegrei Piedirosso Pro-Polis 2011
2800 bottiglie prodotte. Vinificazione con macerazione e sosta sulle fecce per 3 mesi.
Naso complesso con note di frutti rossi, incenso, e sentori minerali. In bocca è fresco, di buon corpo e leggermente tannico.
Sorrentino Vesuvio Lacryma Christi Rosso Vigna Lapillo 2014 (80% Piedirosso, 20% Aglianico)
10000 bottiglie prodotte. Vinificazione con macerazione e fermentazione a temperatura controllata per 25 giorni. Affinamento in acciaio e tonneaux per 10 mesi.
Il naso si apre con sentori minerali, che lasciano spazio a note di frutti rossi, spezie dolci, ginepro e rosmarino. Il sorso è fresco, verticale e pieno, dai tannini ben levigati, lungo e persistente. Un esempio di sapiente utilizzo del legno, che risulta perfettamente integrato.
Dai un'occhiata anche a:
- Coda di Volpe, le dieci etichette da non perdere secondo il Mangia&Bevi 2024
- Verticale di tre annate di Arenaria Campania Fiano IGP Cantina Cianciulli, in abbinamento con i piatti del Vijo Restaurant
- Una Verticale di Eccellenza: 5 Annate di Franciacorta Riserva Palazzo Lana Extrême Berlucchi al Ristorante Quattro Passi di Nerano
- Etna e Barolo a confronto: eleganza e potenza da Nord a Sud
- Fiano del Cilento, dieci etichette indimenticabili
- La Falanghina del Sannio, dieci etichette selezionate dalla Guida del Mattino 2024
- Dieci Taurasi da non perdere nella guida del Mattino 2024
- “Tenuta Collazzi“ verticale in cinque annate