FEUDI DI SAN GREGORIO
Uva: fiano
Fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
La verticale di Fiano da Raffaele Troisi ha mostrato la buona longevità di questo vitigno, la conferma a Marennà, il bellissimo ristorante aziendale dei Feudi, dove abbiamo aperto a sorpresa una magnum di Campanaro 1998 abbinata praticamente a tutto pasto, sino al dolce. Diciamo subito che il vino a otto anni dalla vendemmia ha raggiunto il suo punto più alto di evoluzione e iniziato la lenta discesa annunciata dal leggero sentore di ossidato che come sapete a me non dispiace affatto, ma soprattutto annunciato dalla sua assoluta morbidezza, segnale insomma che la componente acida era ormai rientrata nei parametri altrove considerati normali ma che in Campania indicano il ritrarsi del vino. In una azienda attraversata dalla frenesia della lavorazione notturna delle uve appena raccolte, abbiamo così avuto conferma proustiana di un vino fantastico che alla sua uscita affascinò tutti riuscendo a conquistare il riconoscimento dei Tre Bicchieri proprio nella versione 1998 sulla guida 2000 facendo davvero epoca perché mai prima un bianco campano era finito da protagonista nella scelta di Slow Food e Gambero Rosso. Fu quella l’ultima vendemmia di Luigi Moio ai Feudi prima della rottura e dell’arrivo, a partire dal 1999, di Riccardo Cotarella. Sfumato l’ossidato, sono balzate al naso note di miele millefiori, ancora frutta bianca molto matura e vagamente cotta dal sole, leggeri sentori di spezie dolci e di camomilla secca: un naso molto complesso, seducente, che ha trovato conferma da un ingresso sontuoso, ripeto morbido, molto strutturato e lungo, nel quale torna la nota dolce, dovuta evidentemente alla vendemmia tardiva, ma non zuccherina, accompagnata da residui di note minerali e ovviamente sostenuta ancora dall’acidità. Lieve ricordo delle note di botrytis più evidenti nei primi anni. Dal benvenuto alla frittura, dal primo di pasta con fagioli spollichini e scampi, all’anatra in doppia cottura, al formaggio caprino erborinato pensato da Roberto Rubino a Bella, persino al finale pasticcero di pre-dessert, dessert e piccola pasticceria, questo vino ha confermato l’impressionante poliedricità del Fiano e al tempo stesso la sua banalizzazione diffusa delle ultime vendemmie nella quali troviamo certo esecuzioni classiche molto interessanti, affogate però in un mare di etichette dove emergono solo frettolosi aromi di fermentazione a cui non seguirà mai alcuna evoluzione visto che quasi tutto viene consumato prima della vendemmia successiva. Una prassi concepibile solo con Biancolella, Falanghina dei Campi Flegrei, Forastera e uve minori come il Bombino, il Greco di Calabria, eccetera, certo non con Fiano, Greco di Tufo e Falanghina Beneventana che sempre invece hanno bisogno di almeno un paio di anni prima di cominciare, ripeto cominciare, ad esprimersi. Non credo ci siano molte altre bottiglie del Campanaro 1998, marcatore di una fetta di storia importante della viticoltura campana: ma ai ristoratori di qualità che amano conservare le annate, come Alfonso Iaccarino, Antonio Dipino, Tonino Mellino, Alfonso Caputo e i fratelli Fischetti, consiglio vivamente di proporlo adesso ai loro clienti capaci di capire e dare soddisfazione. Ora è il momento di aprire questo vino, il bianco del nostos.
Sede a Sorbo Serpico. Località Cerza Grossa. Tel. 0825.9866. www.feudi.it. Enologo: Riccardo Cotarella. Ettari: 230. Bottiglie prodotte: 2.500.000. Vitigni: fiano, greco, falanghina, aglianico, primitivo, piedirosso, merlot.
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