Via San Vito, 23
Tel. 0974.935427
Aperto solo la sera, da maggio a ottobre
No carte di credito
La scoperta di questo locale la devo al fiduciario di Slow Food Scuola Medica Salernitana, il caro amico Sergio Galzigna, la conferma vivente di come questa organizzazione riesce a conservare salde e fresche le sue radici nel territorio. Lui l’ha inserita nella Guida delle Osterie e con lui e la moglie Paola abbiamo fatto un salto questa estate in uno dei posti gastro-antropologici più suggestivi, una sorta di via di mezzo delle cantine dove uno si portava il cucinato e beveva e le trattorie dove invece ti portavi il vino e mangiavi. Qui si viene, non c’è prenotazione, si scelgono i piatti del giorno tutti cotti nel forno a legna, si mette sul vassoio a mò di mensa e ci si accomoda dove capita sulle panche. A parte il fascino di questi gesti antichi, la sostanza della proposta di Milva D’Alessandro, figlia di Manfredo che aprì il forno, questa è la definizione esatta, negli anni ’70, è la qualità del sapore, la capacità di esprimere tutta l’anima terragna e untuosa della cucina cilentana: pollo, coniglio, agnello, ma soprattutto la ciambotta, i peperoni ripieni di pane e cacioricotta, le polpette di melanzane fritte, i ciurilli fritti, le melenzanine ‘mbuttunate, qualche primo come la lasagna e la pasta con le melanzane, le patate con un po’ di pomodoro. Una vera e propria cuccagna, sino all’entrata in scena della Rianata, la pizza di pasta integrale con origano, aglio e pomodoro cotta nella teglia secondo una consuetudine molto diffusa nei paesi dell’interno. Sia chiaro, non ha nulla a che fare con quella napoletana, del resto nemmeno quelle del circuito Ciao ci somigliano lontanamente, ma in questo caso la forza del sapore le regala carattere ed equilibrio tra la pasta, più simile al pane, il pomodoro e l’origano fresco di cui questa macchia mediterranea è piena. Si mangia e si beve nella terracotta grezza in stile greco di Camerota, proprio vicino ci sono due laboratori e spenderete tra i 10 e i 20 euro a secondo del numero delle cose che avete messo sul vassoio, compresa una zeppola come dolce per una chiusura in grande stile, accompagnata da un infuso di mirto, anch’esso abbondante in tutto il Cilento tanto che i pastori lo usavano per avvolgere la mozzarella, mortedda sul monte Gelbison. Quando termina il cucinato, si abbassano le saracinesce e si ricomincia la sera dopo, ogni sera per tutti giorni dell’estate, un take away rurale di grande suggestione che fa da contraltare a quelli di città, ma anche e soprattutto di verismo papilloso senza uguali in tutto il Parco del Cilento. Ultima spiegazione dovuta, il nome. Rianata sta per origanata, l’unico tipo di pizza che si fa, ‘a Vasulata è una indicazione del posto dove è aperto il forno, cioé dove c’è il basolato che in dialetto diventa femminile secondo una consuetudine molto diffusa da questa parti. Per esempio i fichi diventa ‘e fiche. Fate voi il singolare.
Come arrivare: oggi il modo migliore e più rapido è lasciare la Salerno-Reggio, finalmente ben percorribile, all’uscita Padula-Buonabitacolo, poi proseguire lungo i trenta chilometri della superstrada in direzione Sapri. Imboccare al termine la superstrada Cilentana seguendo le indicazioni Roccagloriosa e poi Camerota. Arrivare a Marina, di qui salire al paese. La Rianata è all’ingresso del paese, seminascosta da un dehor di legno.
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