Via San Vito, 23
Tel. 0974.935427
Aperto a pranzo e a cena, da maggio a ottobre
No carte di credito
Ha un nome impronunciabile e caratteristiche difficilmente inquadrabili nella moderna ristorazione. La parola è grossa e stride con la proposta semplice, rurale, e per questo incredibilmente attuale, di “Rianata a vasulata” di Camerota.
Palinuro e Marina di Camerota (con quest’ultima intendendo appunto la proiezioine sul mare del paese arroccato su un cocuzzolo nell’interno dove sorge questo localino), sono due delle mete più popolari della costa campana. Due perle del Cilento, non tanto per loro bellezza, a tratti deturpata dal proliferare delle seconde case, ma per le loro spiagge. Da Pisciotta, bel borgo medievale a 15 chilometri, fino a Marina di Camerota, con la sua insenatura naturale, guidando tra gli ulivi più impressionanti che avrete occasione di vedere nella vostra vita (quelli della varietà pisciottana: alti oltre 15 metri, slanciati e robusti), scorgerete ampie distese di sabbie dorate e mare turchese. Belle come poche in Italia o nel Mediterraneo.
D’estate le due località e, per riflesso tutti i paesini del circondario, sono presi d’assalto dai turisti, per lo più italiani, che pagano cifre da capogiro per fare anche solo due settimane qui. La loro vacanza avrà l’andamento tipico delle ferie all’italiana: giornata al mare – tra partita a carte, e pause per gelato, fresella al pomodoro, frutta fresca e caffè – e serata al fresco della propria terrazza o al ristorante. Chi vuol evitare il traffico del centro delle due località più gettonate, a malapena governato dagli eccezionali dispositivi di traffico estivi, ripara nell’interno. Ci si ricorda, così, di paesini come Pisciotta, Lentiscosa, e Camerota, appunto, che, al riparo dalla fame di mare, abbandonati per tutti gli anni Settanta dalla popolazione emigrata in massa per la fame vera, offrono aria fresca e qualche locale di cucina tipica.
Tra i loro vicoli, con l’eccezione di Pisciotta che è sempre stata pi di passaggio (soprattutto quando la superstrada non esisteva), aleggia un non so che di immobile e malinconico, ma anche di autentico. “Rianata ‘a vasulata”, il locale fondato da Manfredo D’Alessandro e ancor oggi portato avanti dalla figlia Milvia, è una degli elementi appena fuori del borgo di Camerota che fa fare al visitatore un salto nel tempo. A Pompei, i thermopolia erano cosi’: una sorta di bottega per il consumo di piatti veloci caldi con qualche tavolo o panca su cui accomodarsi. I fuochi, continuamente accessi, ne erano il cuore. Il locale dei D’Alessandro, il cui nome significa la “schiacciata all’origano” (rianata) dalla “vasulata” (ai basoli, perchè su una strada lastricata in questo modo), ha questo sapore. In paese lo indicano anche come “il posto dove si fa tutto al forno a legna”, a partire dalla suddetta schiacciata o pizza di farina integrale con pomodoro, aglio, olio e origano che ne è il simbolo. E infatti: la pasta alla siciliana, il pollo, i calzoncini, i peperoni ripieni, le polpette in agrodolce con peperoni, le melanzane ripiene, quelle “a scarpone”, la ciambotta e cosi’ via, escono tutte dal piccolo forno che si scorge sin dalla strada, strategicamente collocato vicino all’ingresso per dar un pò di sollievo al fornaio. Fuori dalla sua bocca infuocata, sul suo marmo, sono esposte tutte le pietanze disponibili per la giornata, cotte in ruoti di varie misure.
Si sceglie quello che si preferisce, si ordinano le bevande e, in pochi minuti, il tutto ti viene servito su un vassoio. Poi ci si accomoda a consumare il proprio pasto. Fino a qualche tempo fa, mi hanno raccontato, perfino sul ciglio del marciapiede. Oggi su delle panche appena fuori dalla porta del locale o, risalendo la scaletta esterna, in una saletta al piano di sopra di questo edificio basso con il tetto in legno come erano quelli di Pompei.
Il prezzo, diciamo, è proporzionale al peso del vassoio a occhio e croce. In realtà i piatti vanno dai 2 ai 6 euro. Ma l’emozione offerta da questo locale antico, rurale e dalla semplicità genuina non ha prezzo. Se vi volete concedere una pausa mentale dal tran tran dei ristoranti che frequentate durante l’inverno e siete di quelli che d’estate non vogliono che indossare bermuda e t-shirt di bella fattura un pò slavate, questo è il posto per voi. Vi rilasserete.
Come arrivare: oggi il modo migliore e più rapido è lasciare la Salerno-Reggio, finalmente ben percorribile, all’uscita Padula-Buonabitacolo, poi proseguire lungo i trenta chilometri della superstrada in direzione Sapri. Imboccare al termine la superstrada Cilentana seguendo le indicazioni Roccagloriosa e poi Camerota. Arrivare a Marina, di qui salire al paese. La Rianata è all’ingresso del paese, seminascosta da un dehor di legno.
Ecco la scheda precedente del 28 agosto 2008
La scoperta di questo locale la devo al fiduciario di Slow Food Scuola Medica Salernitana, il caro amico Sergio Galzigna, la conferma vivente di come questa organizzazione riesce a conservare salde e fresche le sue radici nel territorio. Lui l’ha inserita nella Guida delle Osterie e con lui e la moglie Paola abbiamo fatto un salto questa estate in uno dei posti gastro-antropologici più suggestivi, una sorta di via di mezzo delle cantine dove uno si portava il cucinato e beveva e le trattorie dove invece ti portavi il vino e mangiavi.
Qui si viene, non c’è prenotazione, si scelgono i piatti del giorno tutti cotti nel forno a legna, si mette sul vassoio a mò di mensa e ci si accomoda dove capita sulle panche. A parte il fascino di questi gesti antichi, la sostanza della proposta di Milva D’Alessandro, figlia di Manfredo che aprì il forno, questa è la definizione esatta, negli anni ‘70, è la qualità del sapore, la capacità di esprimere tutta l’anima terragna e untuosa della cucina cilentana: pollo, coniglio, agnello, ma soprattutto la ciambotta, i peperoni ripieni di pane e cacioricotta, le polpette di melanzane fritte, i ciurilli fritti, le melenzanine ‘mbuttunate, qualche primo come la lasagna e la pasta con le melanzane, le patate con un po’ di pomodoro. Una vera e propria cuccagna, sino all’entrata in scena della Rianata, la pizza di pasta integrale con origano, aglio e pomodoro cotta nella teglia secondo una consuetudine molto diffusa nei paesi dell’interno. Sia chiaro, non ha nulla a che fare con quella napoletana, del resto nemmeno quelle del circuito Ciao ci somigliano lontanamente, ma in questo caso la forza del sapore le regala carattere ed equilibrio tra la pasta, più simile al pane, il pomodoro e l’origano fresco di cui questa macchia mediterranea è piena.
Si mangia e si beve nella terracotta grezza in stile greco di Camerota, proprio vicino ci sono due laboratori e spenderete tra i 10 e i 20 euro a secondo del numero delle cose che avete messo sul vassoio, compresa una zeppola come dolce per una chiusura in grande stile, accompagnata da un infuso di mirto, anch’esso abbondante in tutto il Cilento tanto che i pastori lo usavano per avvolgere la mozzarella, mortedda sul monte Gelbison. Quando termina il cucinato, si abbassano le saracinesce e si ricomincia la sera dopo, ogni sera per tutti giorni dell’estate, un take away rurale di grande suggestione che fa da contraltare a quelli di città, ma anche e soprattutto di verismo papilloso senza uguali in tutto il Parco del Cilento.
Ultima spiegazione dovuta, il nome. Rianata sta per origanata, l’unico tipo di pizza che si fa, ‘a Vasulata è una indicazione del posto dove è aperto il forno, cioé dove c’è il basolato che in dialetto diventa femminile secondo una consuetudine molto diffusa da questa parti. Per esempio i fichi diventa ‘e fiche. Fate voi il singolare.
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