Cambiamento climatico e viticultura: la situazione della Sicilia

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Francesco Raguni

Domenica 22 settembre si è tenuta presso la sala Borsellino del comune di Siracusa, all’interno della suggestiva isola di Ortigia, una conferenza dal titolo “Resilienza, ricerca, strategia: la Sicilia governo il cambiamento climatico”. Ad intervenire sul tema sono stati Antonio Rallo, Presidente del Consorzio di tutela vini DOC Sicilia, Mariangela Cambria, Presidente di AssoVini Sicilia, Giuseppe Bursi, Vicepresidente della fondazione SOStain Sicilia, Luigi Pasotti, Direttore U.O. di Catania del SIAS del Dipartimento regionale agricoltura. Infine, è toccato a Giuseppe Figlioli, enologo Consigliere del Consorzio di Tutela vini DOC Sicilia, che ha anche guidato la degustazione di chiusura.

La conferenza è stata inserita a corredo degli appuntamenti istituzionali del MASAF per il G7 dell’Agricoltura, che si sta tenendo in questi giorni a Siracusa. L’evento di rilevanza mondiale è iniziato sabato 21 settembre e si concluderà domenica 29.

Il punto di partenza è stato naturalmente il resoconto della situazione climatica della regione, di per sé complessa e in continuo mutamento. “Nel 2023 si è registrato un aumento delle precipitazioni durante il periodo primaverile, il che ha favorito la diffusione di malattie fungine. Nel 2024, si è verificata una condizione opposta: una carenza di piogge a partire da gennaio, insieme all’ aumento delle temperature hanno comportato una vendemmia anticipata” ha spiegato il dottor Pasotti, che poi ha proseguito con un monito per gli anni che verranno: “Nel futuro si dovrà pensare non solo a coprire e tutelare le uve ma anche a trovare dei sistemi che tutelino e proteggano il terreno aumentando anche le riserve idriche per far fronte ad un innalzamento delle temperature”. In questi anni, infatti, ci si è trovati spesso a ricorrere all’irrigazione di soccorso, dato che – a causa delle alte temperature – l’evapostrapirazione dell’acqua dal suolo è stata vertiginosamente alta. Con la siccità attuale, un semplice aumento delle piogge non è bastato per recuperare il deficit idrico dell’isola.

Su queste riflessioni si è innestato l’intervento di Cambria. “In questo scenario diventa fondamentale l’intervento attivo delle cantine” afferma, riportando un dato interessante che riguarda gli associati di AssoVini e che fa ben sperare per il domani Infatti, secondo un sondaggio curato dall’Università degli Studi di Messina per Assovini Sicilia, “l’80.5% degli associati ha introdotto nuove tecnologie e metodologie nella vinificazione e nella gestione del vigneto, il 22% partecipa a progetti di sperimentazione nei vigneti; il 20.3% ha attivato progetti con enti di ricerca per accedere a tecnologie all’avanguardia applicabili sul campo che riescono a incidere sulla qualità del prodotto”. E questo intervento è stato anche l’occasione per far vedere come la Sicilia del vino abbia risentito delle condizioni climatiche soltanto in termini di quantità (con eccezione dell’Etna) e non di qualità. A soffrire più di ogni altro territorio è stato l’arcipelago della isole Eolie, a causa della totale assenza di piogge.

Futuro e sostenibilità sono state le parole chiave di questa tavola rotonda, in cui è intervenuta pure la fondazione SOStain. “Come Fondazione SOStain nasciamo con il chiaro obiettivo di promuovere la sostenibilità del settore vitivinicolo siciliano; questo concetto non riguarda solamente l’attività agricola in sé ma va oltre i confini dei campi che si coltivano, poiché riguarda anche il benessere dei lavoratori e la salute dei consumatori, il coinvolgimento delle comunità locali, la valorizzazione del territorio circostante, la conservazione delle risorse naturali” ha affermato Bursi, delineando così un concetto di sostenibilità che si muove in tre direzioni differenti: ambientale, economica e sociale. “Strettamente legato al tema del cambiamento climatico, tra i 10 punti minimi, richiesti nel nostro disciplinare chiediamo l’applicazione del programma VIVA. Le aziende sono tenute a calcolare, a livello di organizzazione, l’impatto delle proprie attività su fattori ambientali quali acqua, aria e vigneto e adottare tecniche di risparmio idrico ed energetico” ha aggiunto.

 

Così come AssoVini, anche il Consorzio DOC Sicilia ha scelto di non restare indietro in questa battaglia contro il cambiamento climatico dove la viticultura siciliana fa da avanguardia, illustrando progetti come VISTA, Bi.Vi.Si e Germoplasma. “Le uve del progetto VISTA Lucido, provenienti da diversi terroir della Sicilia in cui insiste la varietà Lucido, sono state utilizzate per la futura produzione di fine wine e spumanti con Metodo Charmat. Riguardo, invece, al progetto Bi.Vi.Si, stiamo procedendo con le vinificazioni, presso il centro di ricerca dell’Università di Enologia di Marsala, utilizzando i vitigni Grillo, Nero D’Avola, Lucido, Vitrarolo e Lucignola, tutte varietà autoctone siciliane. Infine, per il progetto Germoplasma, abbiamo selezionato, raccolto e conservato il materiale di propagazione in apposite celle di mantenimento, ovvero screen house, in modo tale da avere una banca dati fondamentale per la scelta varietale e clonale della Sicilia viticola del futuro” ha spiegato Figlioli.

 

La degustazione ha avuto in assaggio quattro esempi di vitigni autoctoni siciliani – nati nell’ottica dei sopra citati progetti – quali il Lucido (cioè il Catarratto), il Grillo, il Nero d’Avola e il Vitrarolo. Due bianchi e due rossi direttamente estratti dalla vasca, per comprenderli non solo sul momento, ma anche in un’ottica di lungo periodo. Mentre il primo bianco, per quanto fresco, lasciava intuire come fosse un vino destinato ad essere di pronta beva, il secondo invece mostrava un potenziale di invecchiamento non indifferente. Nonostante ciò, le durezze al calice erano ben marcate, differente invece il naso: da un lato agrumi di Sicilia, dall’altro frutta bianca ed erbe officinali.

Discorso differente per i rossi. Il nero d’Avola, probabilmente perché ancora non affinato, si presentava totalmente diverso da come lo si conosce solitamente. Al naso frutta rossa ancora giovane, tannino molto blando e acidità marcata. Chiosa finale sul Vitrarolo, vitigno siciliano che stava scomparendo e di cui si registrano pochi esemplari sui Nebrodi. Il nome deriva dal colore che la pianta assume d’invero e ricorda per l’appunto il vetro. In bocca regala sensazioni tostate, al naso marmellata di frutti rossi e una nota leggermente vegetale, che probabilmente scomparirà con l’affinamento.

Non si può non concludere con l’esortazione fatta da Rallo in chiusura: “Tutto questo dinamismo da parte del comparto vitivinicolo però non può non vedere in prima linea le istituzioni. La carenza idrica e l’aumento delle temperature, che negli ultimi anni hanno avuto un impatto diretto su tutta la produzione agricola, richiedono soluzioni ed interventi urgenti”. Del resto, siamo già in ritardo.


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