VILLA MATILDE
Uve: aglianico, piedirosso
Fascia di prezzo: dai 15 ai 20 euro
Fermentazione ed affinamento: legno
Voto: 85/100
Vista 5/5; Naso 25/30; Palato 25/30; Bonus: 30/35
C’è gran fermento in Villa Matilde. Proprio in queste settimane vanno ultimandosi alcuni importanti accorgimenti nella struttura aziendale di cui Maria Ida e Tani Avallone non nascondono di andarne molto fieri; Si conclude così quel processo avviato un paio d’anni fa chiamato “fattoria ad emissione zero” che ha riguardato anzitutto la conversione dei principali impianti di energia elettrica adesso alimentati per buona parte da fonti rinnovabili, nello specifico impianti fotovoltaici.
Inoltre, approfittando dell’aria di rivoluzione, si è intervenuto anche sulla riqualificazione di alcune aree operative dell’azienda: “spostando la linea di imbottigliamento da una parte all’altra dell’azienda per esempio, siamo riusciti a destinare più spazio alla cantina di invecchiamento e soprattutto ai magazzini di stoccaggio, consentendoci così una maggiore serenità non solo nella gestione ordinaria dei vari passaggi in cantina (sfecciature, travasi ecc., ndr) – mi dice Fabio Gennarelli, l’enologo di casa – ma soprattutto nella conservazione dei vini e continuare quindi quel percorso iniziato già da tempo che ci consente di far arrivare sul mercato le nostre selezioni, il Caracci ed il Cecubo per esempio, e le riserve come il Camarato, quanto più possibile vicine al loro miglior momento espressivo”.
Qui mi scappa una breve riflessione, su quanto siano davvero poche le aziende in Campania capaci di sviluppare negli anni una programmazione del genere, seria e costante, di crescita qualitativa dell’offerta ma anche di un valido lavoro di marketing che non faccia mai mancare orecchie attente sulla sempre variegata domanda, appannaggio indubbiamente di quelle poche che possono vantare una storia decisamente radicata sul territorio, nonché spalle belle larghe ma intelligenti e capaci di sostenere, e quando è stato necessario, superare e vincere, le dure sfide di un mercato che soprattutto negli ultimi 10-15 anni non ha certo mancato di far sentire la sua enorme pressione. Un esempio, per quanto di banale compresnsione, è anche l’incoraggiante messaggio lanciato al sistema quando, appena raccolte le ultime crescenti richieste, soprattutto dall’estero, di una possibile variazione sul tema bottiglie con chiusure di “tappi a vite” – solo su falanghina e aglianico “base”, ndr – invece che storcere il naso nel buon nome dell’italiota fedeltà al sughero, ci si è dati subito una mossa all’indirizzo di capire quando e come poter affrontare questa nuova sfida commerciale. Personalmente non posso che approvare questa intelligente apertura che di certo farà arrivare i nostri vini campani laddove per abitudine o mera esigenza commerciale si tende a sponsorizzare chiusure con tappo a vite anzichè tradizionali sugehri. Una opportunità, perché mancarla?
Ma veniamo al Camarato 2005, come è noto il vino prende il nome dalla vigna omonima allocata a S. Castrese, piccolo comune ad un tiro di schioppo da Sessa Aurunca in provincia di Caserta, non lontano dalla cantina storica della famiglia Avallone situata a Cellole, praticamente fronte strada sulla litoranea statale Domiziana. Se le vigne che circondano la bella Fattoria sulla costa sono caratterizzate da terreni di natura sabbiosa che danno vita a vini, qui solo bianchi da uve falanghina, esili e beverini, i suoli della Tenuta di S. Castrese sono invece di origine marcatamente vulcanica con una buona dotazione di fosforo e potassio, e gli impianti, allevati a Guyot con una densità di piante per ettaro di circa 4500 ceppi, hanno una età media di 40 anni, decisamente il fiore all’occhiello della proprietà agricola di Maria Ida e Tani Avallone.
Il colore è rosso rubino, perfettamente integro ed invitante, marcato (ma non troppo) nella sua concentrazione. In questa fase, a circa 6 mesi ancora dalla sua prossima uscita, il naso esprime un profilo olfattivo già ben delineato con sentori di frutta a polpa rossa matura che va continuamente a sostenere gradevolissime sfumature balsamiche di liquerizia e note speziate di pepe nero. In bocca invece è evidente un sano squilibrio, che non inficia certo la consistenza e la voluttà del vino, la materia prima è ricca e direi piuttosto sorprendente per la sua profondità gustativa, ma il tannino “va di petto” che è una bellezza e ne coscrive la trama gustativa. La nota impressionante che ho subito percepito di questo vino, figlio di una buona annata, non eccezionale come per esempio la 2001, ma caratterizzata da ottime escursioni termiche e giuste precipitazioni, è che pare finalmente non soffrire di quella “grassezza” compulsiva che ha spesso diviso critici ed appassionati del Camarato al suo debutto in commercio e che non di rado, pur premiandolo costantemente, non ne riuscivano sempre a cogliere immediatamente l’anima identitaria, con questo millesimo, questa interpretazione, non manco di azzardare a definire più Falerno del Massico che mai, più dei precedenti e quindi ancor più rafforzato in quel ruolo di portabandiera di un territorio unico e straordinario che solo imparando a camminare e cogliere in tutte le sue eterogenee anime si è poi capaci di rendergliene giusto merito. Bel lavoro davvero, tanto di cappello!
Questa scheda è di Angelo di Costanzo
Sede a Cellole,Via Domitiana, 18, Km 4,700 – tel. 0823.932088, fax 0823.932134 e-mail:info@fattoriavillamatilde.com sito: www.fattoriavillamatilde.com Proprietà: Famiglia Avallone enologo:Riccardo Cotarella con Fabio Gennarelli in cantina Ettari:90 di cui 62 vitati Bottiglie prodotte: 350.000 Vitigni: aglianico, piedirosso, abbuoto, coda di volpe rosso, falanghina, coda di volpe.
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