di Giancarlo Maffi
Foto di Lido Vannucchi
Alcune volte non sai come fare. I talebani potrebbero inorridire: non si fa, non si può. La marchetta, fuori dall’ovvio significato sessuale, ha oggi un significato più vasto e pare riguardare moltissimo la critica gastronomica in genere. Però io è da molto tempo che voglio parlare di Angelo Torciglioni. Venne a cucinare l’anno scorso da me e spero possa venire anche quest’anno, se dovessimo rifare il giochino. Quindi, drammaticamente, conosce la mia faccia. Quindi se pensate che qui manchi l’obbiettività di giudizio sulla sua cucina semplicemente girate pagina e compratevi il Corriere Della Sega, mentale, dove un pasdaran con il palato d’amianto vi spiegherà che lui va in incognito e che quindi è l’unico abilitato al mondo per parlare di cibo in modo non contaminato. Che poi, dicono ottimi bene informati, non ci capisca una beata minchia pare sia un altro par di maniche.
Angelo è titolare con una bella compagnia famigliare, di una salumeria-gastronomia-enoteca con cucina in quel di Camaiore, entroterra a un tiro di scoppio dalle spiagge versiliane. Facciamola breve e speriamo che il Nostro non si offenda: il Roscioli della Versilia, punto.
Dunque, l’Angeluzzo nostro eredità questo po’ po’ di posto da nonni e bisnonni vari, mi sono perso nel labirinto delle discendenze, e lo gestisce con la stupenda mamma Romana, moglie e sorella.
E un po’ di aiutanti in cucina. Sforna pane, focaccia e, quasi mai maledizione, pizze; Romana tira sfoglia dalla mattina alla sera come solo una, udite udite, emiliana di Correggio sa fare e Angelo spignatta, ma proprio con la padella a vivo, per qualche centinaio di clienti che si servono al banco e pochi, una ventina massimo, che il fine settimana decidono di provare la sua cucina cucinata. Apre solo il venerdì e il sabato sera.
Fra poco con la bella stagione anche il giovedì e in un curatissimo giardino sul retro.
Dunque, diciamo la verità, Angelo non che avesse molta voglia di studiare. Sì, ha frequentato l’istituto alberghiero, mi racconta con l’aria di aver passato anni di tristezza totale, sì ha fatto il “piccolo dallo zio Giannone al Lido, sì…ha lavoricchiato qui e là negli alberghi versiliani ma, mi par di capire, senza infamia e poca lode.
Però è uno a cui arde il sacro fuoco della passione. Girucchia di suo, in Italia e all’estero, curiosa, annusa in giro, magna, soprattutto magna, e impara, prova, sbuffa e s’incazza nel suo regno, la sufficiente cucinozza del Merlo.
Insomma ci sa fare, ama i prodotti buoni, anzi su quelli è piuttosto maniacale, compra il meglio delle paste, dei pomodori, del baccalà. Io ci trovo qualche lieve carenza sui salumi, fatto che accade spesso in Toscana. Ve ne sono di buoni e anche di ottimi ma il Levoni non si può vedere. Formaggi mica da ridere, tutte le migliori selezioni. Cioccolati come se piovesse, panettoni artigianali cari come un mutuo ma straordinari. Insomma una festa per gli abituali del banco. Io ci devo stare attento: un cinquantino è il minimo che riesca a spendere qui dentro, stando stretto e non ascoltando maffi due.
Nel 1982 muore papà Claudio, l’insegna è in suo onore, e mamma Romana piglia in mano la situazione, insieme con la moglie di Angelo, Annalisa, e la figliola Annalea. Si lavora tosti. Nel ’97 parte un po’ di catering per i turisti benestanti che qui hanno casa sulle colline. Poi qualche amico cliente convince Angelo a organizzare qualche cena per amici. La cosa prende piede, il Torciglioni si avvita in giro, vede e assorbe e nel 2005 sistema la saletta e si inizia. Il Nostro è moralmente pronto: gavetta pesante e autodeterminazione forte. Forse, dico forse perché la vita ti riserba sorprese, non inventerà il piatto del secolo, pretesa di troppi oggi, ma la mano è sicura. Credo gli piaccia la solidità storica nei piatti ma qualche volta la mano nel piatto gli diventa piratesca. Gli parte il folletto giocoso. Otto-milioni-otto di lasagne e quintalazzi di baccalà per la gastronomia devono avergli un po’ sfrucugliato l’impianto idraulico e quindi la voglia di giocare ogni spesso prevale, fortunatamente.
Non gli voglio rovinare la festa con foto orrende, date anche le luci difficili. Convinco Lido Vannucchi, un foto-food ormai mondiale, a portare i suoi aggeggi. Ci viene con perfino troppo entusiasmo. Forse sa come mangerà. La Adami non che fosse tanto convinta, all’inizio. Poi un po’ per la gola un po’ per le foto del Vannucchi, segue docile, per una volta.
L’ambaradan della giostra gastronomica parte con una terrina di foie gras francamente bistellare, senza se e senza ma. Il prezioso fegato Torciglioni lo tratta proprio bene, lo cura come un figliolo e gli lascia il tempo di rivivere, dopo. Leggero e bello con un punta di acidità ti porta in Francia a velocità si-de-ra-le. Bravo’!
Piatto della giornata e applausi a scena aperta per una celebrità della tradizione toscana, il CIBREO, qui declinato con leggerezze anticostituzionali ma da referendum confermativo.
Trattasi di rigaglie del gallo, proposte con una bella emulsione, fatta fuori dal fuoco, contrastante fra il grasso del tuorlo e l’acido del limone. In tutta onestà mi trattengo da un voto più alto di 15/20.
Bello come il sole il carciofo in fonduta di testun, di delicata ma in finale ribalda cottura.
Poi la gola prevale sulla testa: Romana ti pianta una sfoglia e un ripieno da urlo per gli ormai ultimi tortelli di zucca. Secondo me nel reggiano e affini la zucca la infilavano nei biberon dei primi mesi di vita e io devo avere qualche oscuro discendente colà.
La signora di casa li fa senza mostarda. A me piacciono in tutte due le versioni purché tutto il corollario sia adeguato. E qui lo è. Fotissima del Vannucchi compresa. Da mangiarsene due dozzine. Se ne parla la prossima stagione, purtroppo.
Meno efficaci, ma è solo un problema di leggibilità del palato dopo cotanta esplosione, i tortelli di borragine.
Poi ,signori qui sta il busillis, per solito chef anche affermatissimi mi tombano sui secondi. Ma Angelo da Camaiore usa le padelle, santoddio!
E allora ti abbatte con due uppercut: baccalà di Ghezzi, alto un botto: lingue, guance trippe, ventresca, in un turbinio di diverse cotture e sensazioni, fluorescenze di aglio e maionese. Oserei dire una preparazione lussuriosa.
L’altro è un’oca in due cotture, impeccabile e perfino enfatico: la coscia, confit, e il petto, in padella.
Rien ne vas plus? Niente affatto: le panze sono stipate ma leggero e approfondito quanto basta nelle dolcezze ci può stare il semifreddo di clementine e cioccolato con biscotti di yogurt e fava tonca, delicato rhum e un filo di cointreau.
Considerazioni finali: Angelo e la sua famiglia stra-valgono il quarto d’ora di strada da ogni dove versiliano. Arrivare un 10 minuti prima della chiusura per fare acquisti, uno sguardo approfondito alle centinaia di bottiglie in enoteca, grande e altra passione dell’oste e poi un tavolino rilassante. Godetevela tutta. Per me vale un bel 13,5/20, senza alcun dubbio.
Riguardando le foto di Lido mi è venuto un filo di malinconia: bello vedere questa gente, una famiglia che lavora insieme per un bene comune.
A vederli non pare che sia certo per il soldo. Pare più lo facciano con una leggerezza sontuosa, un senso del dovere che sembra scomparire nel senso del piacere nel dare piacere. L’altro ieri ancora Angelo mi spiegava l’emulsione del cibreo: lui non si accorge ma gli occhi si illuminano e le mani prendono movenze gentili, quasi femminee: grazie Romana!
SALUMERIA GASTRONOMIA DA CLAUDIO
RISTORANTE IL MERLO
Via Provinciale, 45
Camaiore
Tel 0584 989069
Aperto giovedì, venerdì e sabato solo la sera
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