Calici di Emozioni: una magica serata-evento in quel di Selinunte…

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Carmelo Corona

Metti insieme un Sommelier Professionista pazzo per il suo lavoro e due Chef pazzi da legare e vedi cosa esce fuori: un inedito evento all’insegna della multisensorialità, una serata davvero unica nel suo genere. Uno straordinario contenitore sinestetico nel quale 4 diverse forme d’arte (cucina d’autore, vino del territorio, fotografia in bianco e nero ed etno-jazz), hanno letteralmente travolto i 115 ospiti presenti, coinvolgendo contemporaneamente tutti i loro sensi… Tutto questo, nella suggestiva cornice del Baglio Elia – La Corte dei Maccagnone, nella Contrada Latomie, ad un tiro di schioppo dal Parco Archeologico di Selinunte. Il progetto nasce quasi per caso, durante un tranquillo aperitivo serale, mentre si discuteva sulla questione “il vino come forma d’arte”. Sono da sempre convinto che, almeno a partire da certi livelli, il liquido odoroso sia davvero in grado di dispensare emozioni simili a quelle che possono suscitare l’arte figurativa o quella musicale.

 

La cucina d’autore proposta durante il format, basata su materie prime di alta qualità e su una tecnica di cucina tesa alla salvaguardia di valori nutrizionali e caratteri organolettici, è stata orchestrata magistralmente dagli chef Angelo Franzò e Sergio Sinagra. Il primo, chef siciliano emergente di origine palermitana, è attualmente Executive Chef presso il Cave Bianche Hotel di Favignana, ventosa isola delle Egadi.  Padre ristoratore, dunque figlio d’arte, opera nel settore dal 1991.

La sua cucina è fondata su una filosofia: materie prime siciliane miscelate con quelle internazionali, puntando sempre a quello che lui definisce “quel magico connubio fra mare e terra”. Sergio Sinagra è invece Chef di cucina presso la nota sala banchetti Casale Bosco di Agrigento. Classe 1965, il suo primo approccio con questo mestiere inizia all’età di 14 anni, quando comincia a frequentare un laboratorio di pasticceria. Da lì in poi non si è più fermato, spinto da una formidabile passione che ancora oggi anima la sua instancabile attività. La sua cucina si basa sulla valorizzazione dei piatti tipici regionali, attraverso un appassionato lavoro di rivisitazione teso a rendere i piatti della tradizione più leggeri e digeribili.

 

Ha aperto la prima serata del format il dott. Nino Sutera della L.U.R.S.S. di Menfi (Libera Università Rurale Saper&Sapor), con il suo suggestivo racconto per immagini dal titolo “I Colori del Gusto”. L’impegno della L.U.R.S.S. Onlus di Menfi è quello di promuovere il format GeniusLoci De.Co. (http://decosicilia.blogspot.it), basato sulla Denominazione Comunale quale strumento di marketing territoriale, e diffondere la cultura e la sensibilità sulle tipicità del territorio attraverso progetti culturali che valorizzino la qualità e l’identità dei suoi riferimenti, mantenendo ed esaltando il legame territorio-storia-culture. Ci sono luoghi in cui il genius loci è associato ad un monumento, ad un personaggio. Tuttavia le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente, quando ne hanno piena coscienza. Gli ambasciatori dell’identità territoriale, come gli artigiani ed i piccoli produttori agricoli, sono quindi destinati ad assolvere ad un ruolo fondamentale: comunicare e far conoscere il territorio attraverso le espressioni del proprio lavoro, il quale assume così un importanza crescente anche nei confronti del visitatore, che ritrova nel prodotto territoriale, un insieme di valori, ivi compresi quelli identitari. Il prodotto agricolo o agro-alimentare e artigianale, si rivela dunque il vero protagonista della valorizzazione del paesaggio, della cultura contadina e testimone speciale della vita e della cultura di un territorio.

Il noto fotografo free-lance Filippo Mannino ha proposto in visione una serie di immagini in bianco e nero che si è divertito a “catturare” andando in giro per l’isola a tre punte. Una profonda prospettiva interiore sulla realtà, la sua, unita ad una tecnica analogica che lui porta ancora avanti con tenacia e che costituisce senz’altro un grandioso valore aggiunto al suo straordinario ed appassionato lavoro. Davvero suggestive alcune immagini sul tema “i tonnaroti di Favignana”. Leggiamo sul suo sito (www.filippomannino.it): “Il paesaggio marino esercita sugli uomini influenze polivalenti, diversificate singolarità immaginarie… Scene di vita estrapolate dal contesto originale, rubate fra una pausa e l’altra per evitare l’inevitabile immagine stereotipa del pescatore e del mare… la romantica idea dell’uomo solitario, segnato da profondi solchi sul viso con lo sguardo verso l’orizzonte, e la condizione meno colorata e vivace dell’attività sacrificante e solitaria, di una micro-società di soli uomini che cerca quotidianamente di sopravvivere con ciò che il mare può offrire….”…

L’intera serata è stata scandita dalle magiche sonorità del trio agrigentino Light Wave Project, un ensemble molto apprezzato e composto da Rodolfo pagano, pianista, Totò Sciacca, chitarra acustica e Grazia Sinagra, singer di grande spessore. Il trio ha proposto un repertorio molto vasto che andava dal classico alla bossanova passando anche per artisti più recenti, rivisitati secondo un nuovo stile, fra trasversalità e contaminazione, noto come “etno-jazz”.

A me è toccato, quale sommelier e co-organizer della serata, il compito più impegnativo:  quello di spiegare due delle forme d’arte presenti in sala: piatti e vini proposti. Il menu, articolato in 7 portate e 4 abbinamenti con il vino, si è rivelato espressione di carattere, delicatezza e digeribilità. Piatti siffatti, andavano rapportati a liquidi che fossero altrettanto digeribili e caratteristici. Ragion per cui, abbiamo puntato esclusivamente su vini realizzati da vignaioli e piccoli produttori del territorio. Parliamo di produzioni (per le singole referenze) che non superano le 20.000 bottiglie/anno. Abbiamo scartato il vino da dessert per non appesantire ulteriormente il carico alcolico e per la presenza non indifferente di solfiti in questo genere di vini. L’insalata di frutta finale ha permesso di chiudere la cena in modo leggero e salutare. Nell’operare gli abbinamenti con il vino abbiamo tenuto conto di un “crescendo” ma anche di un “ritmo”. Abbiamo alternato, dunque, 2 vini convenzionali (ossia ottenuti attraverso la fermentazione con lieviti selezionati) a 2 vini naturali (ossia ottenuti attraverso la fermentazione con lieviti indigeni). Ecco il menu della serata ed i vini abbinati:

Finto cappuccino con fonduta di Vastedda del Belìce

DOP, spuma di broccolo e crudo di gambero rosso

Soufflé di ricotta di pecora e carciofo

spinoso di Menfi e la sarda croccante

Le Arbe Zibibbo secco 2012 Ceuso

Tortino di riso alle triglie di scoglio e finocchietto selvatico,

sabbiato alla bottarga di tonno e concassé di zucchine

Inzolia Sicilia IGP 2011 Cantine Barbera

Busiate di Tumminia con bocconcini di cernia e pomodoro Pachino

Catarratto Sicilia IGP 2011 Ferreri & Bianco

Filetto di sgombro marinato al timo su cremi di ceci e la pagliuzza disidratata

Grillo Sicilia IGP 2011 Barraco

Quadratino al pistacchio e cornucopia di cannolo con ricotta grezza e canditi

Insalata di frutta

Superato l’appetizer di benvenuto, il menu entra nel vivo con l’antipasto: soufflé di ricotta di pecora e carciofo spinoso di Menfi e la sarda croccante. Un piatto delicato e con un suo equilibrio intrinseco, dove la tendenza acida della ricotta è bilanciata dalla tendenza dolce del carciofo e la sarda croccante che fa da elemento di rottura.

Ci siamo divertiti ad abbinare uno Zibibbo secco dell’Azienda agricola Ceuso di Alcamo, annata 2012. E’ la prima vendemmia che finisce in bottiglia. Da un vigneto davvero suggestivo che guarda il mare di Scopello, impianto del 2007, è un bianco giovane, socievole ed elegante, attacco fruttato dallo spettro ampio, con quella caratteristica nota del vitigno aromatico, su un gradevolissimo sfondo sapido-minerale davvero interessante, e una beva facile e piacevole. La sua piacevolezza ed eleganza ci ha permesso di trattare l’antipasto come se fosse un divertente aperitivo.

Con il primo piatto iniziale, il tortino di riso alle triglie di scoglio e finocchietto selvatico, sabbiato alla bottarga di tonno e concassé di zucchine, siamo in presenza, pur in un ambito di assoluta delicatezza, di una certa complessità gusto-olfattiva: tendenza dolce, aromaticità, sapidità.

Nel definire l’abbinamento, ci siamo riferiti a due elementi del piatto in particolare: la triglia di scoglio ed il finocchietto selvatico. Due frutti significativi del nostro territorio costiero. Ed il pensiero è andato subito a Menfi, comune contiguo ed affine dal punto di vista storico e naturalistico a quello di Castelvetrano. E quindi al suo vitigno costiero per eccellenza: l’inzolia. Ed ecco, dunque, il vino: Inzolia Sicilia IGP Cantine Barbera di Menfi, annata 2011, espressione della passione e della vitalità di una donna straordinaria nonché vignaiola naturale: Marilena Barbera. E’notorio agli appassionati quanto i vini di Marilena si distinguano particolarmente in termini di acidità, di freschezza, di vibrato. La scelta dell’annata 2011 piuttosto che il 2012 (già imbottigliato) era dunque d’obbligo: un bianco che dopo quasi un anno di riposo in bottiglia abbiamo visto rinascere nel calice, cogliendolo riposato, rilassato, decisamente pronto per un approccio al piatto non invadente, ma rispettoso della sua delicatezza. Commoventi note di camomilla e mela gialla, davvero degne di nota.

Con il secondo primo piatto,  busiate di Tumminia con bocconcini di cernia e pomodoro Pachino, ci siamo ritrovati in un territorio un po’ diverso. La busiata di Tumminia (antico grano autoctono dal caratteristico colore scuro) e la cernia, conferiscono al piatto tendenza dolce, aromaticità e senza dubbio un po’ di struttura, specie se paragonato al primo.

Questo tipo di pasta fresca, tipica del trapanese, deve il suo nome alla “busa”, il ferro da calza con il quale le massaie si sono sempre aiutate per prepararla. La scelta è caduta stavolta sul Catarratto Sicilia IGP 2011 dell’Azienda agricola Ferreri & Bianco di Santa Ninfa, un vero e proprio Chateau Garage immerso tra i vigneti. Anche in questo caso, abbiamo optato per l’annata 2011, imbottigliata nel luglio scorso, dunque meno esuberante. Il vino si presenta ancora agile e scattante, e con un bel corpo in grado di reggere serenamente il confronto con il piatto. Interessante il suo spettro agrumato,  confermato in pieno dalla sua bocca viperina.

Il secondo piatto, filetto di sgombro marinato al timo su crema di ceci e la pagliuzza disidratata, apoteosi del percorso sensoriale proposto, presenta una certa complessità (il selvatico dello sgombro fresco, la delicata ma decisa aromaticità del timo, la tendenza dolce della crema di ceci).

A chiusura del ritmo seguito nell’abbinamento, abbiamo accompagnato questo piatto con quello che io considero “esemplare” tra i vini naturali del pianeta: Grillo Sicilia IGP dell’Azienda agricola Antonino Barraco di Marsala,  un bianco del 2011 (avrei voluto proporre il 2010 o addirittura il 2009, purtroppo il produttore non aveva bottiglie sufficienti per 115 persone….)… Si tratta di un vino che ho già definito “olistico” in queste stesse pagine… C’è una vibrazione, un’energia che si sente, si avverte, ma non si può esprimere…   Registri, non senza stupore, una metamorfosi continua nel calice. E’ uno di quei vini che pretendono del tempo, prima di concedersi davvero e completamente…. Un vero fuoriclasse che tutti hanno apprezzato, grazie anche alla sua straordinaria sinergia con il piatto.

Ed è proprio questo, il punto. A fine serata, stanco ma soddisfatto, mi son trovato a fare questa riflessione. Per ricostruire una “cultura del vino” in questo paese, abbiamo ancora un sentiero da percorrere. Un’ultima, importante chance culturale che potrebbe davvero rappresentare la nuova frontiera divulgativa del vino: il suo abbinamento con il cibo. Si, proprio quel “matrimonio d’amore” di veronelliana memoria, che potrebbe rivelarsi davvero come l’occasione “di riscatto” del liquido odoroso.  Una “scienza”, quella dell’abbinamento cibo/vino, inaugurata nel 1967 da Raymond Dumay nel suo libro Guide du vin, ed ancora tutta da sviluppare e divulgare nel suo infinito potenziale culturale. Citando Sandro Sangiorgi: “Il vino anima il cibo, e rende più caldo e coinvolgente il nostro rapporto con esso”. Se riusciamo a “staccare” il vino dai “compartimenti stagni” delle degustazioni isolate e “fini a se stesse” e lavoriamo sul serio in questa direzione, dando maggior rilievo alla sua  grande, naturale sinergia con il cibo, il vino tornerà ad essere quello che è sempre stato: il ministro della tavola. In tal modo, pur mantenendo quel forte carico culturale di cui è indubbiamente impregnato, potremo, forse, rinnovare l’interesse popolare per il liquido odoroso, bevanda universale che ritornerebbe sulle tavole di tutti da vero protagonista. Sono certo che la nuova cultura del vino in Italia passerà ineluttabilmente da una cultura del suo matrimonio con il cibo. Prosit!!


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