di Enrico Malgi
Non posso nascondere di avere un debole per la viticoltura del Vulture, un areale che, pur esprimendosi maggiormente in modo monocolturale, nel corso degli anni si è imposto all’attenzione dei media e degli enoappassionati in maniera preponderante.
Ma non è solo l’Aglianico del Vulture in sé che impressiona, ma è tutto il comparto vulturino che contribuisce ad elevare l’asticella, con i suoi stupendi paesaggi ed i magnifici personaggi che popolano questo territorio, capaci di fare “squadra” e che gestiscono in modo impeccabile grandi e piccole aziende.
Un’azienda che è stata sempre sulla cresta dell’onda e che ha raccontato la storia del Vulture fin dal 1925 con i suoi splendidi vini e che continua a sfornare grandi etichette è quella di Paternoster del gruppo Tommasi.
Al riguardo felice è stata l’occasione che mi si è presentata in questi giorni: stappare nuovamente una bottiglia di Calibro Aglianico del Vulture Doc 2011, che avevo già assaggiato quindici mesi fa.
Rosso rubino il bel colore nel bicchiere. Credenziali di frutta rossa, insieme con nuances di fiori della stessa tonalità ed espletive fragranze speziate. La ricettiva bocca accoglie un sorso umorale, sontuoso, strutturato, fine, piacevole, elegante, balsamico, minerale e bene equilibrato. Palato conquistato da un rigoroso e sicuro incedere e da una maglia tannica amabile e setosa. Seduzione gustativa armonica, rotonda, glicerica, asciutta, acida e dinamica. omponente fruttata ancora giovane, pimpante e croccante, nonostante l’annata siccitosa. E questo perché l’Aglianico del Vulture, così come quello dell’Irpinia e del Sannio, gode di condizioni climatiche particolarmente privilegiate, perché viene allevato in alta collina circondata da boschi e, quindi, fruisce di estreme escursioni termiche, in cui la frescura notturna prevale sicuramente sul caldo del giorno. Questo vino può durare intatto ancora per alcuni anni. Chiusura godibile per nitore e persistenza. Su carni arrosto e formaggi caprini stagionati.
Scheda del 30/10/2019
Questo vino è l’unico che viene affinato in vasche di cemento per un anno e poi si eleva in vetro per altri dodici mesi. Tasso alcolico di quattordici gradi. Prezzo non pervenuto, ma sarà sicuramente favorevole.
Nel bicchiere risalta un colore rosso rubino. Timbro olfattivo di ottimo spessore, che svela al naso umori fruttati di rosso di piccole e medie bacche come la ciliegia, la susina, il ribes ed il mirtillo. Cadenze speziate. Il sorso entra bello deciso e sicuro: impatto caldo, opulento, elegiaco, sulfureo, fresco, armonico, bene equilibrato e sicuramente “calibrato”. Trama tannica gentile. Palato avvolgente, gradevole, fine, elegante e pulito. Retroaroma infinito ed appagante. Insomma si tratta sicuramente di un vino che è ancora in piena fase evolutiva. Sulla classica cucina terragna del Vulture.
Sede a Barile (Pz) – Contrada Valle del Titolo
Tel. 0972 770224 – Fax 0972 770658
info@paternoster.it – www.paternostervini.it
Enologo: Fabio Mecca
Ettari di proprietà: 10 più 10 in affitto
Bottiglie prodotte: 150.000