Benito Petrillo è uno di quei “lupi” irpini saldamente ancorati alle radici della propria terra. Una vita spesa nell’editoria, la sua libreria in via Tagliamento ad Avellino, rappresenta un riferimento preciso, nel campo.E’ nel 1999 che Benito, meritatamente pensionato, acquista circa tre ettari di terra a Prata Principato Ultra (Salerno era il principato “citra “), lungo la ss 88 o Via dei Due Principati, in località Vigna (vedi il caso)e li impianta a vigneti, nel cuore dell’area docg del Greco di Tufo,cosa volete che ci piantasse, se non il vitigno caratterizzante del luogo? La sua filosofia è : “ogni luogo ha il proprio carattere, il compito del vignaiolo è quello di far parlare il luogo nel bicchiere”.
Ed è proprio per dare voce alla sua terra che “pubblica”, nel 2006, le sue prime mille bottiglie di Greco base, ipotecando già, l’uscita del suo cru Ariavecchia, nel 2008, dopo un invecchiamento di ben due anni.” Crediamo sia il caso di sfruttare al massimo le eccezionali potenzialità d’invecchiamento che questo vitigno possiede, fa parte della nostra concezione di vinificazione, non a caso lo facciamo anche con vitigni meno vocati, tipo il pallagrello bianco, un esempio è quello della cantina Selvanova di Castelcampagnano, che pure seguiamo”, dice Gennaro Reale, enologo aziendale.
A inizio 2006, Calafè prende in conduzione due ettari e mezzo di aglianico tra Montemarano e Castelfranci, realizzando così, con le uve migliori, le sue prime 4750 bottiglie di Taurasi appena uscite, ora, con un anno di ritardo rispetto al disciplinare (molti produttori hanno già immesso sul mercato la 2007).
L’invecchiamento avviene esclusivamente in botti grandi, da 10 q.li e qualche tonneaux da 5, “barrique, non ne abbiamo proprio, in azienda” ci tiene a sottolineare Gennaro Reale, da due anni enologo dell’azienda, appartenente al team Vignaviva, lo stesso di Sebastiano Fortunato, e di cui sta continuando il lavoro intrapreso. Coltivazione dei vigneti in integrata, qualche concimazione, ma organica, trattamenti a base di zolfo e rame, diserbo meccanico, produzione max 70 q.li ad ettaro, densità circa 4000 ceppi per ettaro, questo è ciò che si fa in vigna. Ma veniamo alle degustazioni e relativa scheda:
Greco di Tufo 2009
Nel bicchiere notiamo un bel colore giallo paglierino carico, grandissima vivacità, cristallino, la consistenza sostenuta ci fa pensare ad un estratto secco dai valori alti. Avvicinando il naso al bicchiere si percepisce per primo una intensa botta minerale al naso, contraddistinta da pietra focaia, poi sentori agrumati, citrici, e floreali, fiori d’acacia. Si fa strada in bocca con una freschezza quasi pari alla sapidità, che è notevole. L’intensità del naso si conferma in
bocca, media lunghezza.
Greco di Tufo 2006 cru Ariavecchia
L’evoluzione del vino è già evidente nel colore giallo dorato tendente all’ambrato, cristallino, grande consistenza, si fa fatica a far girare il vino nel bicchiere, pur senza essere spento, la vivacità risulta meno evidente. Al naso una lieve nota di ossidazione, non vorrei fosse una bottiglia matrigna, che scompare dopo qualche minuto. Sentori di roccia vulcanica e zolfo.In bocca pieno, secco, caldo, asciutto. Ai lati della lingua pizzica ancora una bella acidità correlata ad un’impetuosa sapidità. Tra il pronto ed il maturo.
Aglianico doc Campi Taurasini 2008
Il colore rosso rubino carico, vivace, non farebbe pensare ad un vino di due anni e mezzo.Limpido nel bicchiere, consistenza adeguata.Al naso un’esplosione di frutta rossa non ancora matura, frutti di bosco, marasca, ribes. Assaggiandolo mi ricorda i vini “semplici” di una volta, la botte non si sente affatto( solo due mesi in botte grande di 2° e 3° passaggio), i tannini sono graffianti anche se non fastidiosi al palato. La freschezza esagerata ci consente di aspettare almeno altri due o tre anni per godere appieno di questo vino.
Taurasi docg 2006
Straordinario il fatto che gli antociani di queste uve ritardino così tanto l’evoluzione del colore di questi vini. Infatti anche qui, a dispetto dei suoi quattro anni e mezzo, ho notato un colore rosso rubino carico che lo differenzia da quellodell’aglianico 2008, solo per alcuni riflessi granata, verso l’unghia. Limpido, la consistenza è tale che non è proprio semplicissimo farlo girare nel bicchiere. Anche se non avessi saputo la provenienza geografica delle uve, alla prima goccia cadutami in bocca, non avrei potuto fare a meno di attribuirle all’areale Montemarano-Castelfranci-Paternopoli.
Un Taurasi materico, muscoloso, che lascia pochi spazi alla piacioneria, per giocarsela tutta sulla messa in bella mostra dei potenti bicipiti rappresentati da tannini ancora ruvidi che il tempo potrà levigare con calma, visto che gli elementi di durezza, nonostante il tenore alcolometrico sostenuto(14°), prevalgono ancora su quelli di morbidezza. Anche questo vino credo avrà lunga vita.
di Lello Tornatore – Tenuta Montelaura
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