Iniziamo il nuovo anno sulle tracce di Alarico, il re dei Visigoti seppellito nel letto del fiume Busento, vicino Cosenza, dopo aver saccheggiato Roma nel 410, primo barbaro a farlo dopo Brenno. La sua storia di sangue e distruzione viene evocata dal fascino del rosso a cui è stato dato il nome da Lidia Matera, appassionata agronoma calabrese. Su queste colline rigogliose lungo la Valle del Crati, tappezzate di olivi secolari, sta nascendo la nuova viticoltura anche in questa regione, sinora nota soprattutto per il Cirò. C’è persino, caso più unico che raro in tutto il Mezzogiorno, il Consorzio Vini della Calabria Citra che non ha solo funzioni di controllo quanto anche di ottimizzazione di alcuni costi, quali l’acquisto delle bottiglie, la partecipazione alle fiere, la promozione. Una ricetta semplice da capire ma molto difficile da realizzare nel Regno delle Due Sicilie. Lidia ha vissuto a Bologna, ma dopo la morte del padre Ennio decise di tornare nella sua terra e di curare la proprietà, un fondo unico grande circa 36 ettari certificati biologici di cui una parte vitata e l’altra dedicata agli olivi: lentamente la struttura costruita negli anni ’60, chiaro segno antropologico dell’epoca le vasche di cemento che fanno bella mostra in cantina, ha cambiato volto migliorandosi e ponendo la premessa per diventare anche agriturismo di qui a breve. In questa impresa c’è consistente traccia irpina: l’enologo è Mario Ercolino, sua la scelta di portare giù un po’ di aglianico per vedere di nascosto l’effetto che fa. Questo infatti è il vitigno importato a supporto, parliamo di un quinto, al nerello mascalese dove l’Alarico 2006 attinge l’anima: un rosso in cui esplode tutta la frutta di cui è capace la Calabria, ricco al naso e in bocca, supportato da una freschezza infinita, alcol e struttura in ottimo equilibrio sui piani alti, quasi 15 gradi, ma non potrebbe essere diversamente. La mano di Mario si avverte soprattutto nel suo giocare con la potenza finendo per esprimere però estrema eleganza e piacevolezza al vino, voglio citare qui il caso del Marziacanale e delle altre etichette della sua azienda di famiglia, Vinosia, gestita con il fratello Luciano. Una eleganza riflessa nel bianco Santa Chiara (greco e chardonnay) e nell’altro rosso, il Cariglio (magliocco e merlot): tutto lavorato solo in acciaio. Con questa frutta a cosa servirebbe il legno? Polpettine, salcicce stracotte nel rosso, crema di ceci: Lidia ama far provare i vini con il suo «cucinato» come si dice a Napoli, perché è questa l’altra sua grande passione e si vede. Qui ho anche imparato invece quanto sia ben abbinato un buon rosso fruttato e di corpo con la specialità calabrese a cui più tengo, la crocetta di fichi, immancabile segno della convivialità e della buona tavola.