di Albert Sapere
Caggiano un piccolo Comune della Campania a confine con la Basilicata, con una tradizione culinaria di origine contadine. Una cucina “povera”, lontana dai fasti barocchi della vicina Napoli. Una cucina spesso scandita dalle festività religiose, che diventava cucina ricca e sfarzosa quando bisognava celebrare “U’ spusalizio”, il banchetto nuziale.
Vitantantonio Lombardo chef e da qualche mese gestore della Locanda Severino, ha voluto riportare in evidenza questa tradizione, con quattro menù degustazione dedicati. L’Ammasciata, cioè il giorno che la famiglia dello sposo andava a conoscere quella della sposa, 4 portate euro 40.
La Promessa, il giorno in cui i futuri sposi si impegnano reciprocamente a diventare marito e moglie, 5 portate euro 45.
La Zita, la sposa nel giorno del matrimonio e dei fasti, 6 portate euro 50.
Il Giorno Dopo (la novità di quest’anno), il giorno successivo al matrimonio, in cui spesso si mangiava quello che era rimasto del giorno prima, 3 portate euro 35.
Tutti e 4 i menù degustazione prevedono il benvenuto, il pre-dessert, la piccola pasticceria e la frutta essiccata ed hanno la possibilità di essere composti scegliendo liberamente tra i piatti della carta con l’unico vincolo che la scelta sia per l’intero del tavolo.
“Si comincia sempre con una zuppa” lo diceva anche il Maitre del ristorante milanese del film Totò, Peppino e la Malafemmina e noi così facciamo. La minestra di scarola con polpettine di carne e mollica di pane casereccio, forse il piatto che meglio rappresenta questa filosofia di cucina, è il piatto che più ci è piaciuto.
La millefoglie di melanzane e ricotta su passata di pomodoro e basilico fritto, un piatto barocco, godurioso.
Uovo in camicia in nido di asparagi selvatici su crema di pane casereccio e sale alla vaniglia. Cottura millimetrica dell’uovo e asparagi di grandissima qualità.
I primi piatti sono golosi, rassicuranti, pasta secca, pasta fatta in casa, riso e in ognuno di questi la Lucania è sempre presente anche solo un breve accenno come ad esempio il pecorino del Pollino nel riso.
Il coniglio. La trota e il baccalà buone le cotture, materia prima rispettata, dove “Vito” esprime una buona tecnica e degli abbinamenti interessanti.
Il menù scorre in maniera piacevole, una cucina di “pancia” che non vuole stupire ma che mira a rassicurare il commensale, in una idea di buono che vuole essere il giusto compromesso tra la soddisfazione del cuoco e quella dei suoi clienti.
La cucina di Vitantonio affonda le mani in pieno nella tradizione Lucana, le tecniche però sono quelle moderne, e i piatti sono sapientemente alleggeriti e attualizzati, una cucina del Sud che parla di Territorio che parla di materie prime di vicinato, che parla di tradizioni.
Un Sud che ci piace.
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