Siamo a dieci minuti dall’uscita autostradale di Polla lungo la Salerno Reggio, a 130 chilometri a sud di Napoli
Abbiamo riprovato la cucina di Vitantonio Lombardo nel Palazzo di Milena e Franco Pucciarelli a Caggiano, tra il Cilento e la Lucania.
In realtà cominciamo a raccontare cosa c’è di nuovo dopo una overture che, invece, è sempre la stessa. Per fortuna, immutabile: il pane con l’olio.
Pane e olio. I veri protagonisti della tavola. Il pane viene dai forni a legna dei paesi vicini, al confine con la Lucania. I grissini e i panini conditi e farciti sono invece preparati in cucina.
L’olio, etichettato come “Il Caggianese” è prodotto in proprio e ha vinto lo scorso novembre il premio come miglior extravergine all’anteprima degli oli novelli organizzata ogni anno da Gianfranco Vissani. Prodotto biologicamente in tre diverse tipologie, il denocciolato, l’aromatizzato al limone e l’extravergine, servito sul pane per far provare il gusto ed il piacere di un connubio antico.
Dopo diversi anni in giro per l’Italia, Vito ha deciso di metter radici dietro casa, a contatto con una terra di confine tra Campania e Lucania che sente sua a partire dai prodotti. Li sa cercare, valorizzare, alleggerire quando è il caso. Aiutato in questo dai due proprietari, Milena e Franco. Anche loro appassionati dei piatti della tradizione ma sempre alla ricerca di idee e di confronto, con le ferie estive e invernali spese a curiosare in altre cucine, magari quelle stellate del Nord o alla scoperta del cibo di strada in terre lontane mille miglia da noi.
Dalla finestra, un panorama che sfuma nell’aria di neve. Dentro, il calore delle camere da pranzo di una volta, tavole eleganti, un servizio perfetto, confortevole e confortante: chi porta i piatti è giovane, li descrive con partecipazione, conosce i vini, i prodotti, la filosofia della cucina. Milena e Franco sono due padroni di casa presenti ma discreti. La sintonia con lo chef è la vera cifra della Locanda.
Abbiamo ritrovato Vitantonio in grande forma. Qui ha trovato casa ed equilibrio. L’estro dei primi mesi ora ha una misura. E un obiettivo ben preciso: alleggerire la lettura filologica dei piatti tradizionali, con vivacità, ricerca instancabile, attenzione alle tecniche di cottura. Una cucina molto molto solida ma mai stanca.
Ecco allora qui di seguito una carrellata dei piatti provati:
Niente di meglio che una zuppa, per cominciare. Questa di scarole con polpettine di carne e mollica di pane casereccio è tradizionale che più tradizionale non si può. Piatto alleggerito nelle quantità, non nel sapore, pieno e robusto. Il must di stagione della Locanda.
La seconda zuppa, solo all’apparenza più delicata della precedente, è una crema di patate alla vaniglia Bourbon con salame croccante e crostini di pane casereccio. Un vero e proprio assemblaggio di prodotti del territorio. Semplice ma deciso.
Questo piatto di fegato di maiale viene proposto in carta come antipasto, ed è servito con chips di pecorino e marmellata di cipolle rosse.
Anche questo piatto è un antipasto. Il filetto di maiale è cotto a bassa temperatura, servito con finocchi ghiacciati e arance su una pennellata di caramello alla liquirizia. La carne è ottima, si scioglie in bocca. Nessun volo pindarico negli accostamenti ma finocchio, arancia e liquirizia svolgono il loro ruolo molto bene: nel complesso un piatto di grande equilibrio.
Ed eccoci ai primi. Anche qui la tradizione pura. Il vero piatto della festa al Sud: pasta fatta a mano con il sugo di carne. I fusilli al ferro con costina di maiale salata, il suo sugo e il rafano. La Basilicata è vicina. Si vede e si sente. E non solo per il peperone crusco che Vitantonio utilizza in tanti suoi piatti. Ma proprio per il rafano, servito qui su un cucchiaio a parte, da dosare a piacere (in)vece del formaggio. Un ingrediente molto usato in queste zone, nella cucina di casa nei giorni del Carnevale.
Altro primo piatto di pasta fresca, colorata e profumata all’Aglianico, con ragù bianco di agnello, timo e crema di canestrato di Moliterno. Qui, davvero, non siamo più in Campania.
Ed eccolo finalmente. Il principe della cucina: il pasticcio caggianese. Una torta salata farcita con carni e formaggi. Ricetta millenaria. Anche se, ovviamente, ogni casa ha la sua. Un piatto ricco, sapido, grasso, opulento. Vitantonio per renderlo più moderno usa i guanti di velluto: una quenelle di sedano e il sedano ghiacciato.
Lonza di maialino da latte su scacchiera di patate e papacelle all’aceto. Proposta moderna e alleggerita di un piatto tipico delle feste del maiale. In molti paesi dell’Irpinia, ad esempio, sono questi gli ingredienti del “soffritto”; le patate che accompagnano sempre la carne di maiale vengono abbinate, per contrasto, ai peperoni tondi messi sott’aceto.
Ancora la carne d’agnello, qui con una crema di aglio, pepe Sarawak e piccole verdure gratinate.
Chiusura con i due dessert di stagione. Una mousse di cioccolato bianco su salsa di arance e pistacchi brinati. Delicata e non stucchevole. E un torroncino ghiacciato su salsa al cioccolato e gelatina di Strega. Prodotti di grande qualità, per un torroncino che sa di torroncino.
Per accompagnare il caffè, piccola pasticceria e frutta essiccata.
Locanda Severino
Largo Re Galantuomo, 11
84030 Caggiano (Salerno)
telefono e fax 0975 393905
cellulare +39 333 2383038
www.locandaseverino.it
info@locandaseverino.it
Il costo medio di un pasto è 40 euro.
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