14 settembre 2002
I prossimi Tre bicchieri che la Campania si accinge a bere da Slow Food-Gambero Rosso confermano l’importanza di valorizzare i vitigni autoctoni senza però trascurare quelli internazionali che ben si adattano ovunque senza per questo diventare necessariamente sinonimo di globalizzazione. Almeno quando non sono massacrati con l’uso facile e aggressivo del legno. Insomma, Franco Ricci dixit, l’importante alla fine è che il vino sia ben fatto in cantina e buono in bottiglia. Trovate che sia una posizione troppo neutra? Fa niente, Ponzio Pilato ogni tanto ha ragione. Noi perciò speriamo che in Campania si prosegua su questa strada intrapresa timidamente, soprattutto là dove non esistono ancora aziende degne di questo nome, per esempio nella zona del Golfo di Policastro tra Scario e Maratea. Prendete infatti la Toscana, precisamente a Bolgheri dove grazie al cabernet sauvignon e al merlot sono esplosi vini mondiali, i Supertuscans. Parliamo cioé di un territorio un tempo considerato non vocato e nel quale si continua ad investire: è il caso di Marianno Franzini, coordinatore dell’Associazione Europea di Ossigeno-Ozono Terapia, materia che insegna a Pavia. Cinque anni fa acquistò Caccia al Piano, una tenuta costruita nel 1868 dai Conti della Gherardesca (via Bolgherese, 279. Sito www.caccialpiano1868.it). Inutile dire che il professore ha applicato la sua scienza per introdurre nuove tecniche di sterilizzazione in cantina debellando batteri e lieviti indigeni poco graditi. Ora dai tredici ettari vitati divisi in tre vigneti (Caccia al Piano, Le Grottine e San Biagio) l’enologo Graziana Grassini ha tirato fuori due Supertuscans da pochi giorni entrati in commercio e festeggiati in pompa magna a giugno, quando l’azienda ha aperto ufficialmente i battenti. Una novità, dunque, di cui si sentirà sicuramente parlare e tanto. Il Levia Gravia 2000 è un blend di merlot e cabernet sauvignon dei tre vigneti la cui densità supera le 9000 piante per ettaro inseguendo l’ossessione bordolese per la concentrazione. Il vino di punta, che passa un anno e mezzo in barrique e sei mesi in bottiglia, è affiancato dal Ruit Hora 2001. Levia Gravia, Ruit Hora. Ora c’è un motivo valido per rileggere Carducci che avevamo ben volentieri dimenticato senza sentirne affatto la mancanza.