E’ finita. Il presidente del Consorzio del Ciro Gaetano Cianciaruso ciancia vittoria: cabernet, merlot, syrah, malbec e altri vitigni internazionali ora possono entrare per il 10 per cento nella doc Cirò, una delle più antiche d’Italia che dal 1969 si basava solo sul Gaglioppo. Il Comitato Vini ha respinto il ricorso e dato il via libera alla modifica del disciplinare.
Ancora una volta l’industria del vino, o meglio, la mentalità industriale, ha la meglio su quella agricola. Una grande battaglia di civiltà, su cui anche Slow Food aveva preso posizione, è stata persa.
Immaginate di prendere un bel piatto di ziti al ragù, e poi aggiungeteci una bella spremuta di ketchup perché così dovrebbe piacere di più agli americani.
Ecco, per i non addetti ai lavori, quello che in estrema sintesi è successo ad uno dei più pretigiosi vini italiani.
Non staremo a discutere la legittimità dell’assemblea che ha fatto la proposta, è molto chiaro che comunque se la maggioranza dei produttori o degli iscritti al consorzio vuole buttarsi nel burrone tenendosi per mano e gridando ale oooh oooh è ben libera di farlo.
La cosa stupefacente è come sia ben chiaro che il consumo consapevole rifiuta i vini legnosi e marmellatosi e dunque non sarà mai attratto da questi nuovi rossi Frankenstein.
Al tempo stesso la fascia di consumo sotto i cinque euro cerca vini sempre meno costosi, e i concorrenti cileni piuttosto che australiani, rumeni piuttosto che bulgari o ucraini dove adesso si va ad investire, sono ben lieti di essersi sbarazzati di una doc storica italiana.
Se vi siete chiesti come mai i cristiani copti sfregiarono tutte le bellezze dell’antico Egitto o come mai i talebani hanno distrutto i Budda giganti senza trovare risposta adesso non vi resta che fare un giro a Cirò, dove il prezioso patrimonio a base di Gaglioppo è ormai assediato da vitigni internazionali.
Molto facile prevedere cosa succederà a breve. La banalizzazione e la omologazione dei vini cirotani porterà ad un ulteriore difficoltà di mercato, le vigne saranno abbandonate e al posto arriveranno scarole e pomodori. Oppure cemento e pannelli solari.
Noi continueremo a questo punto ad occuparci solo di chi dichiara in etichetta di usare Gaglioppo e vitigni calabresi come il Greco Nero nel Cirò perché pensiamo che per bere grandi vini a base di vitigni internazionali ci sono altre zone in grado di farlo molto meglio, Italia compresa.
Oppure di chi, ancora più onestamente, continuerà ad usare Calabria igt che consentiva di fare qualsiasi sperimentazione oltre il Cirò.
Dai un'occhiata anche a:
- TuttoPizza, le fiere non sono finite ma seguono il settore per cui sono nate
- Cosa ricordare della ristorazione italiana nel 2024?
- In Italia mancano 250mila figure professionali, ma la colpa è dei titolari
- Tripadvisor guida per l’uso intelligente e cosa fare la prima volta in un locale
- Congresso Assoenologi a Cagliari: cinque cose sul mercato da mandare a memoria
- La birra ignorata: scarsa presenza delle birre artigianali campane nei ristoranti della regione
- Dieci incazzature estive che fanno restare a casa i clienti
- Cilento: le dieci cose belle dell’estate di Marco Contursi