CABERNET AMERICANI VINCONO ANCHE DA VECCHI DOPO TRENT’ANNI
di Marco Bardazzi
WASHINGTON. Nel 1976 era stato uno shock per la Francia: in un test alla cieca da parte di nove esperti mondiali di vino, i prodotti della California avevano battuto i prestigiosi Bordeaux, dando il via al boom della Napa Valley.
«Aspettate che i vini invecchino e vedrete, i nostri sono imbattibili alla distanza», si consolarono i francesi. Ma 30 anni dopo lo schiaffo è stato ripetuto dagli stessi cabernet californiani, che hanno atteso pazienti per tre decenni di ripetere la sfida con i francesi. Con un evento che ha di nuovo messo a rumore il mondo degli enologi, il celebre «Giudizio di Parigi» del 1976 è stato ripetuto con una doppia degustazione simultanea a Copia, nella Napa Valley e a Londra. I vini erano gli stessi che avevano fatto scalpore il 24 maggio di 30 anni fa, quando giudici francesi e britannici avevano sancito la nascita del fenomeno californiano, restando sorpresi loro stessi di aver preferito – senza poterli riconoscere – i vini americani a quelli francesi.
I rossi cabernet sauvignon e i bianchi chardonnay della costa occidentale degli Usa avevano dominato su vini del Bourdeaux e della Borgogna. Quando George Taber scrisse un articolo sulla sfida sul settimanale Time, fu l’inizio del boom per la valle a nord di San Francisco, dove all’epoca c’erano meno di una ventina di case vinicole degne di questo nome. Taber è stato tra i degustatori anche della rivincita del trentesimo anniversario, con professionisti di enologia chiamati a giudicare gli stessi 10 vini provati a Parigi nel 1976. Per la Francia, che sperava di cancellare l’onta, è stata una disfatta: quando i risultati di Copia e Londra sono stati paragonati, i californiani si sono trovati a conquistare le prime cinque posizioni, lasciando ai francesi solo i posti dal sesto in poi. Un Ridge Monte Bello Cabernet Sauvignon del 1971 è stato ritenuto il migliore in assoluto. «Quel Monte Bello – ha detto Paul Draper, viticoltore e amministratore delegato in California della Ridge Vineyard and Winery, che ha prodotto il vincitore – era il vino che l’organizzatore del test di Parigi, Stephan Spurrier, pensava avrebbe vinto all’epoca, e invece nel 1976 arrivò solo quinto». Nella degustazione di trent’anni fa, a vincere fu uno Stag’s Leap Wine Cellars del 1973, che stavolta si è piazzato al secondo posto. Il migliore dei francesi è stato ritenuto uno Chateau Mouton-Rotschild del 1970, in sesta posizione.
«Sono entusiasta di come sono andate le cose, adesso spero che metteremo fine a questa disputa», ha detto Draper, di fronte alla conferma del predominio dei rossi californiani. Per Taber, il giornalista che rese celebre l’evento di Parigi, «la differenza tra oggi e allora è come il giorno e la notte: qui oggi sono tutti così seri, mentre all’epoca ci divertimmo molto». La serietà era legata anche a ragioni di mercato, visto che la Francia ha pagato a caro prezzo la sconfitta di 30 anni fa: la proclamazione che ottimi cabernet potevano venir prodotti anche lontani dalle vigne francesi, fu l’inizio di un fenomeno mondiale che ha interessato non solo la California, ma anche i prodotti australiani e cileni, che acquistarono fiducia e si lanciarono all’assalto del mercato.
«A questo punto quello che possiamo dire – ha detto sorridendo dopo la rivincita Spurrier, l’organizzatore dell’evento del 1976 – è che ora sappiamo che un vino francese non può avere un gusto buono come un californiano». (ANSA).
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