di Giulia Cannada Bartoli
Villa Ferretti fu costruita alla fine dell’Ottocento da una ricchissima famiglia di armatori genovesi che scelse la cittadina di Bacoli per erigere la propria residenza estiva. Furono attratti dalla bellezza straordinaria del luogo, che era d’altra parte il paradiso delle principali e più facoltose famiglie patrizie dell’antica Roma. Per anni è stato un sito degradato e abbandonato. Nel 1995 Villa Ferretti fu sequestrata alla malavita e nel 1997 divenne patrimonio architettonico e, sotto la tutela dello Stato, le fu assegnato un vincolo di utilizzo per fini sociali. La dimora affacciata sul mare sorge sui resti di una domus imperiale di epoca romana. La villa è stata affidata dal 2022 all’Università Federico II di Napoli, per farne una sede distaccata e approfondire percorsi di studi riguardanti l’archeologia subacquea, la biologia marina e la ricerca per la medicina di genere. Nel 2023 il parco pubblico di Villa Ferretti è stato intitolato alla memoria di Peppino Impastato, vittima innocente della mafia.
L’evento “Più Dieci Meno Dieci”, con la presentazione del neonato Consorzio Ager Asprinio, moderato dal giornalista Dante del Vecchio, ha visto la presenza delle istituzioni locali coinvolte, dai Campi Flegrei all’Aversano.
Presenti Helmuth Koecher Ceo di Merano Wine Festival, Tommaso Luongo Presidente Ais Campania e Stella Marotta Miglior Sommelier della Campania 2023.
Nello spazio marino a pochi metri dal Parco Sommerso di Baia, appena sotto il maestoso Castello, 1750 bottiglie di Asprinio d’Aversa Spumante Metodo Classico sono state calate in fondo al mare per un affinamento di circa dodici mesi. Le bottiglie sono state immerse lì, dove è stato trovato un “triclinio”, con due statue di Dioniso, adesso dislocate nel Castello di Baia. Si tratta quindi di una sede già deputata dagli antichi romani all’“otium” e al vino. La cultura del vino dell’Impero Romano si respira in questi luoghi della Campania Felix che vanno assolutamente rivalutati. Le migliaia di anni di storia archeologica e del vino che impregnano questi territori non possono andare perse e devono assolutamente essere comunicate all’esterno.
Con il Progetto “Più Meno Dieci” quattro cantine della Doc Aversa – Vitematta, Bonaparte, De Angelis e Masseria Campito – sondano le potenzialità dei fondali marini per l’affinamento dello Spumante Asprinio Metodo Classico.
Il piano prevede che altrettante bottiglie “sorelle” siano lasciate ad affinare nelle tradizionali grotte di tufo a Casal di Principe. Affinamento tradizionale e affinamento marino per valutare l’evoluzione di questo straordinario vino. Questo progetto tra innovazione e sperimentazione è frutto del lavoro avviato da quattro aziende vitivinicole che per “fare sistema locale” si sono costituite finalmente nel consorzio “Ager Asprinio” per la promozione, tutela e valorizzazione dell’antichissimo vino della vite ad alberata, unicamente coltivata nell’area aversana. Le cantine intendono scoprire in termini scientifici, quali differenze possano riscontrarsi con le due diverse tipologie di affinamento: fondale marino/grotte di tufo dopo circa un anno. Il progetto “Più Meno Dieci” vuole rappresentare una nuova opportunità di valorizzazione del territorio aversano e della sua tradizione vitivinicola mettendo insieme l’esperienza con la ricerca, le certezze di un percorso secolare con i vantaggi offerti dall’innovazione.
Naturalmente l’adesione al Consorzio è aperta: i quattro soci auspicano che tutti i produttori di Asprinio di Aversa possano presto farne parte.
Quando si parla di Asprinio d’Aversa, il pensiero corre inevitabilmente all’alberata, agli “scalilli” e agli “uomini ragno” che da secoli caratterizzano la viticoltura di quest’angolo di Terra di Lavoro. Questa tecnica, oggi iscritta nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali e in attesa del riconoscimento di Patrimonio Unesco, frutto di legami intensi tra l’uomo e il territorio, tra la vite e il pioppo, tra il cielo e le uve, introdotta molto probabilmente dagli Etruschi, è divenuta tratto distintivo di un intero paesaggio.
Luigi Veronelli, straordinaria avanguardia “enologica”, scopritore in Campania dell’Asprinio già a metà degli anni ‘60, narrava così: “quel mio vino allegro, giovane, brioso, l’Asprinio; vino minorenne, vino femmina, lo baci, la baci, ci perdi la testa”, quel vino “fragile dalla forte e pungente acidità”.
Il terroir dell’Asprinio raccoglie in unicum i quattro elementi, la terra, l’aria, il fuoco, e da oggi, l’acqua. Si tratta di un “marketing mix” unico al mondo che non può andare sprecato.
L’Asprinio che, con le radici scende anche a 15 metri sottoterra, è tirato su in alberata a 15 metri e si sommerge di nuovo a 15 metri, chiude un cerchio di azioni ed emozioni che deve trasformarsi in potente leva di promozione e comunicazione del vino e del territorio.
La produzione di vini cd. “underwater wines” non è una novità per l’Italia, né per il resto del mondo, ma lo è di sicuro per il Sud Italia. Si stanno materializzando esperienze di affinamento sottomarino molto interessanti, come ad esempio, un wine bar in Giappone che serve soltanto vini “underwater” a prezzi davvero remunerativi.
Non si tratta di una “genialata” di marketing, ma di un moderno stile di produzione che ha tuttavia radici antiche: come spesso accade, le migliori intuizioni del presente sono semplicemente l’evoluzione di un processo già iniziato, magari migliaia di anni prima. Furono proprio i Greci, infatti, a rendersi conto del potere del mare sul vino. In epoca romana si conosceva già questa tecnica, infatti, al largo della Spagna sono state rinvenute alcune anfore sigillate con resina. Il trend di sommergere il vino è esploso non solo per i fondali marini ma anche per quelli lacustri da quando, nel 2010, furono ritrovate più di 100 bottiglie di Champagne all’interno di un relitto nelle profondità del Mar Baltico. Dopo quasi 200 anni il vino aveva ancora una sua bevibilità.
La parte tecnica del progetto è affidata al tecnologo alimentare e consulente enologo, Gianluca Tommaselli. “Oggi s’immerge la storia nella storia con l’intento di valorizzare un vino che, dal punto di vista dei numeri, non è particolarmente sviluppato. Vogliamo mettere in evidenza non solo le variazioni chimico-fisiche ma anche l’aspetto microbiologico dell’affinamento. Le bottiglie di spumante metodo classico contengono i lieviti che sostando sulle pareti danno luogo a evoluzione aromatica. Insomma, il mare, con il gioco delle correnti, crea un delicato remuage costante. Due altre caratteristiche fondamentali sono la temperatura e la luce. Il clima sott’acqua è, infatti, costante e si aggira sui 12 -13 gradi, situazione che in cantina è difficile da mantenere. Infine, il vino sott’acqua è in una situazione di semibuio costante e quindi protetto dai raggi UV. L’analisi dell’evoluzione sensoriale delle bottiglie immerse in mare e di quelle depositate in grotte di tufo sarà affidata a panel tecnici di degustatori.”.
Al termine della presentazione abbiamo assistito all’emozionante immersione delle bottiglie, pochi fortunati hanno avuto la fortuna di seguire le operazioni dal sottomarino della Guardia Costiera.
La mattinata si è conclusa con la degustazione degli Spumanti sia Metodo Classico sia Martinotti prodotti dalle quattro cantine socie del Consorzio Ager Asprinio.
I vini in degustazione
Metodo Classico
ViteMatta – Principe Asprinio di Aversa Doc Millesimato 30 mesi sui lieviti. Giallo paglierino, al naso intenso e persistente con chiare note di lievito e scorza di pane arricchite dalla scia minerale e agrumata tipica del vitigno. L’ingresso in bocca è fresco. Perlage fine e persistente. Chiusura piacevolmente minerale.
Masseria Campito – Priezza Asprinio di Aversa Doc Millesimato 40 mesi sui lieviti. Giallo paglierino con riflessi dorati. Morbido e complesso, attacca con sentori di lievito e crosta di pane senza perdere la tipica piacevolezza agrumata. Perlage fine e persistente.
Metodo Martinotti
De Angelis – Dea Brut Asprinio di Aversa Doc. Giallo dorato, perlage fine e persistente. Da uve biologiche. Al naso ha piacevoli sentori agrumati e floreali. Il gusto è molto piacevole e bevibile.
Bonaparte – Corte d’Asprinia Asprinio di Aversa Spumante brut. Giallo paglierino intenso, perlage fine e persistente. Al naso si apre con note fruttate e profumata buccia di agrumi. Il palato è fresco, sapido e invita a dissetarsi con nuovi sorsi.
Asprinio Frizzante (fuori dalla doc Aversa)
Bonaparte – Harsh piacevolissima sorpresa fuori dalla doc Aversa. Tappo a spago. Profumi freschi e agrumati, bella freschezza perfettamente abbinabile.
Asprinio Fermo
ViteMatta – Reginae Asprinio di Aversa Doc 2022. La versione “ferma” dell’Asprinio non ha il risalto che merita. Giallo paglierino con qualche riflesso dorato. Profumi minerali e agrumati. Ingresso in bocca fresco con retrogusto leggermente balsamico.
L’Asprinio di Aversa è un jolly in abbinamento. Il matrimonio d’amore è con la mozzarella di bufala campana. Ottimo sulla pizza e sui crudi di mare. Proporrei una petizione per abolire il dilagante spritz da sostituire con le bollicine aversane.
In chiusura, alcune considerazioni sono d’obbligo. La nascita di un consorzio dedicato alla promozione dell’Asprinio di Aversa è davvero una bella notizia. Da decenni si avverte il bisogno di una comunicazione moderna che, utilizzando in primis la storicità del vitigno, sappia trasmettere il valore del vino e il carattere eroico di questa viticoltura. L’Asprinio non è e non può essere “figlio di un dio minore”. E’ necessario sensibilizzare in primis il mondo della ristorazione non solo locale. Giornate come quella di oggi non devono essere episodi a se stanti. L’Asprinio va narrato e degustato facendo crescere la curiosità intorno a un vitigno che vanta una storia millenaria.
In bocca al lupo e buon lavoro al neonato Consorzio Ager Asprinio, la base sia umana che imprenditoriale c’è tutta. A breve sarà online il sito web.
L’appuntamento – per una degustazione alla cieca – tra dodici mesi riserverà senz’altro grandi sorprese. Le caratteristiche che ci aspettiamo: longevità, eleganza, aromi, mineralità e freschezza.
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