di Paolo Mazzola
Mancavo da poco meno di un anno dallo stabilimento di Borgorose.
Complice una degustazione di 19 campioni di Duchessa e Reale fermentati con lieviti diversi, ci sono ritornato e la prima sensazione è stata di profonda meraviglia: tante facce nuove, ambienti molto curati, rinnovati da poco, soprattutto lo spazio dedicato alle vendite dirette, insomma una fabbrica in crescita esponenziale con tanti impianti nuovi, 4 serbatoi di fermentazione ed un maturatore Spadoni da 100 hl. l’uno posizionati all’esterno del capannone, che saranno collaudati insieme all’automazione della sala cottura, che garantirà un raddoppio della capacità produttiva.
Ebbene Birra del Borgo quest’anno totalizza fra gli 8000 e 9000 hl!!
Anno | Produzione (hl) |
2005 | 150 |
2006 | 700 |
2007 | 1300 |
2008 | 1800 |
2009 | 2300 |
2010 | 5000 |
2011 | 9000 |
E’ un deciso cambio di passo, che avvicina sempre più questa realtà alle dimensioni di aziende artigiane belghe e americane storicamente con capacità produttiva maggiore delle nostre.
Chiave del successo è senz’altro il prodotto, sul quale mi soffermerò alla fine dell’articolo, ma anche scelte commerciali e comunicative all’avanguardia che per molti aspetti hanno precorso i tempi.
Il 22 ottobre , presso la fondazione Campo dell’Arte di Grottaferrata, con lo Slow Food Ciampino della fiduciaria Lidia Puccio, abbiamo svolto una manifestazione dal titolo “Bere Arte” con lo scopo di illustrare la storia e la comunicazione di Birra del Borgo. A corollario della manifestazione c’è stato un concorso indetto fra gli studenti dell’Istituto d’Arte di Velletri per creare un’etichetta per una birra “bizzarra” che vedrà la luce nel 2012. I tre migliori bozzetti già scelti saranno pubblicati sul blog dell’azienda e al vincitore saranno offerti gadget aziendali.
Il nome
Birra del Borgo nasce nel 2005, a Borgorose, un paese del Reatino, nella Valle del Salto, ad opera di Leonardo di Vincenzo, 35enne biologo romano. Alle prese con il suo dottorato in biochimica si innamora delle proteine Chaperon, dalla forma che ricorda un boccale di birra e decide di chiamare così la sua nascente azienda. Si consulta velocemente con un grafico per i bozzetti delle etichette, e subito il primo intoppo, se togli Cha da Chaperon, il nome ricorderebbe la più famosa birra industriale italiana per cui rapidissimo dietro front e cambio nome in “Birra del Borgo”, da Borgorose , paesino nel quale utilizzando alcuni capannoni di proprietà dello zio nasce l’azienda.
Oggi Birra del Borgo spende il 15% del proprio fatturato in comunicazione e utilizza gli eventi, il blog e i social network per la propria comunicazione, senza spendere un euro in pubblicità generiche.
Non c’è mai stata manifestazione, anche nel paesino più sperduto, alla quale Leonardo abbia rinunciato a partecipare, convinto che questa forma di comunicazione nella quale mette in gioco se stesso, le sue competenze , la sua carica umana e i suoi prodotti sia la sola realmente efficace .
I nomi delle birre
Forte della cultura Slow Food e quindi del legame con i territorio , i nomi delle birre utilizzano sempre riferimenti territoriali o ispirati al borgo medievale come Duchessa, una ale al farro, dal nome dei monti omonimi, DucAle, ReAle , RePorter e Cortigiana.
Le Etichette, il logo e la linea produttiva
Già dopo un anno dalla nascita del birrificio, Leonardo si rese conto della necessità di dotarsi di un grafico che lo supportasse nella comunicazione visiva.
Mirko Caretta, altro grande personaggio del nostro mondo birrario, eccellente fotografo e grafico, titolare del beershop romano più importante il bir&fud e ideatore e comproprietario del progetto Buskers di birrificio itinerante, inizia quindi dal 2006 a collaborare con lui.
La bottiglia da 75 cl. già originale, si arricchisce del blasone, che riporta una torre del borgo in uno scudetto; le etichette riproducono l’idea del borgo medievale, con tanti elementi decorativi e una corona sulla sommità.
Oggi a fronte del successo avuto, la grafica si è snellita, secondo la logica del “togliere e semplificare “ il logo è diventata una torre più semplice, senza finestre, ma che proprio per la sua semplicità rafforza il simbolismo birra del borgo- torre.
Le etichette hanno perso decorazioni superflue che le omologavano rendendole simili fra di loro e sono diventate più stilizzate e arricchite di simboli, che le tipizzano e le rendono riconoscibili anche da lontano. la Duchessa gialla con le spighe , la ReAle blu con i fiori di luppolo, la DucAle, birra da meditazione, con bollicine che fuoriescono dal bicchiere, la ReAle Extra in verde/oro con il riquadro Extra..
Giovanni Trimani, artista romano inizia a collaborare con Leonardo nel 2008, ed è responsabile del progetto Beering Art, un esperimento per unire Arte Contemporanea e Birra Artigianale attraverso un modo innovativo di presentare il brand . Realizza opere specificamente con materiali del birrificio come cartoni, etichette mescolati a oggetti d’arredo, tavoli , sedie,quadri ecc…Giovanni arreda sia spazi temporanei come stand di fiere, sale degustazioni, sale conferenze sia spazi permanenti come i locali dello stabilimento destinati al pubblico.
L’ultimo ingresso recente nella squadra è Luciana Squadrilli, ex Gambero rosso, responsabile della comunicazione attraverso il blog, il canale BdB, con video realizzati su You Tube e l’ufficio stampa; cura le relazioni e gli eventi e dovrà essere l’anima razionalizzatrice in mezzo a tanta creatività.
Oggi l’azienda ha quattro linee di prodotti : le passioni, 7 birre che vengono prodotte tutto l’anno, le stagionali, prodotte in alcuni mesi dell’anno, le bizzarre, prodotte un mese all’anno e le estemporanee, dedicate a momenti o occasioni speciali.
Microbirrifici.org riporta ben 49 birre prodotte da Birra del Borgo, un’enormità, coerente però con l’immagine che lega la birra artigianale anche alla sperimentazione continua…in fondo ogni cotta può essere diversa ed in un anno puoi fare anche più di una cotta al giorno……
L’evento si è concluso con una degustazione di ReAle, birra simbolo dell’azienda.
La ricetta è del 2000/2001, una IPA realizzata come homebrewer. Già alla nascita piacque molto e i consensi ricevuti incoraggiarono Leonardo a proseguire. La ReAle insieme alla Noscia è stata una delle prime IPA prodotte in Italia, antesignana di uno stile oggi imperante nel mondo artigianale in tutto il mondo.
Leonardo aveva collaborato con Mike Murphy, grande birraio americano, che, a Roma agli inizi degli anni 2000, produceva una IPA ancora oggi famosa, la Pioneer Pale Ale, per lo Starbess, un pub in zona Aurelia.
La ReAle ha 16 gradi Plato e 6,4°alc.. Colore ambrato carico, all’olfatto in sequenza : caramella mou, miele e vaniglia, per la notevole maltosità della birra, frutta, pesca e mela matura, pompelmo e arancia dagli oli essenziale dei luppoli , fragrante crosta di pane e spezie, pepe in particolare. Ben equilibrata, con una importante componente dolce iniziale e l’amaro dei luppoli in chiusura.. Per realizzare ciò il mosto è prodotto per avere nella birra finita zuccheri residui con un ‘attenuazione di poco superiore al 70% . Resinosa e persitente nell’elegante finale.
IBU 35 circa, Magnum Hallertau come luppolo d’amaro e Amarillo e Cascade come luppoli d’aroma aggiunti in bollitura.