di Floriana Barone
Giancarlo Casa e Gabriele Bonci: due storie di successo che hanno rappresentato un vero punto di svolta nel panorama gastronomico romano. Due artigiani, due pizze diverse, un unico amore: quello per la qualità degli ingredienti. Le pizze di Casa e Bonci sono un libro aperto che raccontano lo studio e la grande esperienza in materia di impasti, la passione per le piccole eccellenze italiane e il desiderio di rimanere sempre a stretto contatto con i romani. Due storie che sono state ripercorse anche nel corso del Festival della Gastronomia a Officine Farneto, durante un cooking show presentato da Albert Sapere e Barbara Guerra, che li ha visti protagonisti insieme ad altri importanti pizzaioli del Centro-Sud.
Venticinque anni fa, dopo aver lavorato in un ristorante, Gabriele Bonci, con 500 mila lire in tasca, iniziò la sua “rivoluzione della pizza”, rilevando un locale fallimentare a via della Meloria. E cominciò, dopo uno studio approfondito sulla panificazione, con la farina integrale, lasciando nel mondo della pizza un’impronta diventata oggi indelebile.
La pizza in teglia è nata tra gli anni ‘60 e ’70: è un prodotto giovanissimo, che deve essere ancora “inventato”, in attesa di affermarsi definitivamente nella tradizione gastronomica italiana. E Gabriele sta ancora portando avanti la sua battaglia sulla qualità senza servizio. Perché il mondo di Gabriele è dietro a un grande bancone. Da quel bancone Bonci, propone la sua pizza e lancia un messaggio, esprimendo un grande amore. Da Bonci non esiste un menu: bisogna saper comunicare e convincere. Ecco perché la pizza diventa comunicazione, attrazione, sentimento.
La pizza al trancio più classica a Roma è la margherita, con pomodoro e mozzarella, ma, come ripete spesso Gabriele, appena si aggiunge il basilico, si arrabbiano tutti. Perché il suo primo pensiero è rimanere a stretto contatto con “il popolo”, con i romani.
Oggi il format di Bonci è di successo anche grazie alle pizze che costano 50 euro al chilo, anche se nei suoi negozi ci sono anche quelle più tradizionali a euro 1,30 l’etto. Pizzarium, la sua scommessa vincente, ha aperto il 9 luglio 2003. I primi tempi, Gabriele “dormiva sulla farina”: la sua giornata lavorativa iniziava alle 4 di mattina, insieme alla moglie: il primo compito era preparare le pizze precotte per le altre pizzerie di Roma, vendute a euro 3.50 l’una. Poi, come ogni giorno, tornava al suo locale e ascoltava i giudizi dei clienti: la sua pizza veniva spesso definita “strana”, scura. Non veniva apprezzata perché era semplicemente diversa, prodotta con farine naturali, biologiche.
Oggi la sua azienda comprende ben 95 collaboratori e non solo in Italia: lo scorso agosto, Gabriele ha avviato un nuovo locale negli Stati Uniti, a Chicago, all’interno del quale cui lavorano anche i contadini. E a Lucca Bonci sta raccogliendo diverse soddisfazioni. Una filosofia di lavoro che non accetta alcun compromesso. La sua “operazione pizza” esalta la passione e il lavoro dei contadini anche sul fronte del pomodoro: per un pizzaiolo, infatti, trovare una buona salsa di pomodoro non è assolutamente facile. Due dei suoi punti di riferimento sono Massimiliano Panella, ex avvocato di Benevento, che un tempi coltivava il sogno dell’agricoltore e oggi è produttore di pomodoro con 55mila piante in agricoltura biodinamica e la giovanissima imprenditrice di Castellammare di Stabia, Marianna D’Auria, con i suoi straordinari pomodori coltivati sulle colline di Quisisana e il suo marchio Dama.
La sua pizza in teglia è un “gavettone” super idratato, che contiene quasi il 90% d’acqua, un impasto “vivo” che necessita di un forno elettrico classico e cuoce dai 12 ai 15 minuti a temperature controllate. La pizza a taglio viene riscaldata, rigenerata e venduta ed è a questo punto che Il cibo diventa sentimento, coinvolgendo tutti i cinque sensi di chi la assaggia. E a questo punto entra in gioco il forno elettrico: quello di Bonci è stato modellato ad hoc da un vero artigiano, Elio Castelli, che gli ha permesso all’epoca di avviare in tempi brevissimi il suo laboratorio. Nel 2004 Bonci ebbe l’idea della pizza rovesciata, lavorata sottosopra, dopo aver ricevuto per errore il forno convenzionale, quello ventilato. E così, per la sua pizza al pomodoro Gabriele parte prima dal condimento: olio extravergine d’oliva, sale grosso e pomodoro Panella, sale per insaporire il pomodoro, origano, l’impasto sopra, un filo d’olio e un altro pizzico di sale.
Giancarlo Casa è il maestro della pizza, lo “zio di Roma”, come lo chiamano in molti. Bonci si ispirò proprio alla sua idea di pizza di qualità, quasi sconosciuta all’epoca. E prima di essere “due colleghi”, Gabriele e Giancarlo sono anche amici da circa 20 anni. E quest’anno, Giancarlo Casa con la sua Gatta Mangiona ha conquistato il 9° posto della Top 50 Pizza, la prima guida online dedicata alle pizzerie italiane, firmata dal giornalista enogastronomico Luciano Pignataro, da Albert Sapere e Barbara Guerra, curatori delle Strade della Mozzarella (LSDM).
Padre romano, nonno napoletano: un mix vincente per costruire una storia di successo nel mondo della pizza. La famiglia Casa ha commercializzato latticini da circa 200 anni a S.Agata sui Due Golfi. Fu il nonno di Giancarlo a portare la mozzarella a Roma negli anni Venti, aprendo il primo vero negozio di mozzarella di bufala a via Milano. Oggi quel luogo non esiste più, ma ha rappresentato il punto di partenza di un progetto di vita per Giancarlo Casa, che è cresciuto nel settore alimentare. Dopo la decisione del padre di aprire due pizzerie a taglio e tavola calda, nel 1997 Giancarlo decise dei cambiare lavoro e chiudere l’attività storica di famiglia, che serviva almeno 100 pizzerie romane.
Rilevando un locale fallimentare, Giancarlo Casa ha iniziato il suo lavoro da pizzaiolo con una pizza che rappresentava una via di mezzo tra quella romana e quella napoletana: una pallina da 220 grammi, condita con ingredienti di qualità, in un’epoca in cui esisteva solo Padoan. La sua è una pizza tradizionalissima, che valorizza l’eccellenza delle materie prime: si cuoce ad alte temperature in tempi molto brevi, per 1 minuto, 1 minuto e 10, con quasi tutti gli ingredienti sopra, se non tutti. Una pizza non al servizio del condimento, gourmet, ben fruibile. La sua margherita è preparata con un mix di farine macinate a pietra, con il 15% di integrale nell’impasto, pomodori Agrigenus, un filo di olio extravergine d’oliva e sale, fiordilatte stracciato a mano del Caseificio Scarchilli di Morolo (Fr).
Oggi la sua pizza si è avvicinata maggiormente allo stile napoletano e Giancarlo prosegue il suo intenso studio sugli ingredienti di qualità, soprattutto italiani, con qualche prodotto anche straniero. Al momento dell’apertura della sua pizzeria, a La Gatta Mangiona esistevano ben 40 diverse etichette di vino, nel 1999 erano 230. Oggi sono 170 italiane, tedesche e francesi, con una selezione di 20 champagne di piccoli produttori, con una selezione di birre artigianali in carta dal 2002. La prima degustazione pizza- vino si tenne proprio nel suo locale nel 2000 e nel 2005 fu la volta dell’abbinamento pizza-champagne. Da 6-7 anni, inoltre, Giancarlo organizza serate speciali in compagnia di chef stellati: eventi che hanno visto la partecipazione di talentuosi cuochi italiani, come Gianfranco Pascucci e Peppe Guida.
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